Corriere 10.3.16
Il pc campione di strategia
Il software sconfigge il super esperto di Go l’antico gioco cinese amato da Einstein
Salto nel futuro per l’intelligenza artificiale
di Anna Meldolesi
Macchina
uno, uomo zero. Si è concluso così il primo storico match tra il
software AlphaGo e il campione mondiale del gioco più difficile mai
inventato, il Go. Seguiranno altri quattro scontri da qui fino al 15
marzo, sempre a Seul. Il finale non è ancora scritto ma tutto lascia
credere che sia ipotecato. Difficile non solidarizzare con il coreano
Lee Sedol, il cui umano talento ieri si è dovuto arrendere all’intuito
digitale, e che oggi cercherà di aggiudicarsi il secondo round.
Impossibile non esultare per l’ingegno degli specialisti di «computer
science» che alla DeepMind (sussidiaria di Google) hanno creato un
sistema capace di battere il migliore dei giocatori. La posta in gioco è
più alta del premio di un milione di dollari che andrebbe in
beneficienza se la spuntasse AlphaGo. La vittoria del software avrebbe
un forte valore simbolico e potrebbe rappresentare una svolta nel campo
dell’intelligenza artificiale.
Era già successo che dei computer
sconfiggessero i campioni di dama, backgammon e scacchi. Ma l’antico
gioco del Go era considerato la fortezza più difficile da espugnare,
almeno finché a gennaio Nature non ha annunciato che la DeepMind aveva
battuto il campione europeo ed era pronta a replicare l’exploit con il
più bravo del globo. La scacchiera del Go è una griglia con 19 posizioni
orizzontali e 19 verticali (anziché otto per otto come negli scacchi) e
il numero di configurazioni è pari a una potenza di dieci con 170 come
esponente (il corrispettivo per gli scacchi è un modesto 10 alla
cinquantesima). Il numero di possibilità è strabiliante dunque,
superiore alla somma degli atomi nell’universo, troppo grande perché un
algoritmo possa cercare la mossa migliore in modo esaustivo. Non c’è da
stupirsi che con le pedine di questo passatempo, popolare tra Cina,
Giappone e Corea del Sud, abbiano giocato le menti più brillanti, da
Albert Einstein ad Alan Turing, da John Nash a Paul Erdos. La forza
bruta dei calcoli non basta, il Go richiede flessibilità, tempismo, un
bilanciamento fra attacco e difesa. Più qualitativo e misterioso degli
scacchi, la sua filosofia consiste nel conquistarsi un territorio
piuttosto che eliminare pezzi dell’avversario, e questo l’ha reso
affascinante anche per la letteratura, con citazioni che vanno da
L’eleganza del riccio di Muriel Barbery a Satori di Don Winslow.
Quando
lo scacchista Garry Kasparov ebbe la peggio con Deep Blue fu uno shock,
ma nel frattempo l’intelligenza artificiale non è decollata come si
sperava. Perché allora questo sarebbe un giro di boa? Il computer della
Ibm era stato programmato per vincere in uno specifico gioco, invece
AlphaGo è più generalista e ha imparato da tentativi ed errori,
studiando un database di 30 milioni di mosse fatte da giocatori in carne
e ossa e poi sfidando se stesso. Non perde tempo a valutare opzioni
improbabili, si concentra sulle più promettenti. Per riuscirci usa due
reti neurali ispirate al cervello, in cui le connessioni sono rafforzate
dall’esperienza. Queste caratteristiche lo rendono più versatile e — si
spera — adatto a risolvere problemi reali che richiedono il
riconoscimento di schemi complessi e la pianificazione a lungo termine.
In
futuro potrebbe utilizzare immagini mediche per fare diagnosi e
suggerire piani di trattamento, oppure migliorare i modelli su cui si
basano le previsioni sui cambiamenti climatici, suggerisce la DeepMind.
Rispetto alla sfida con il campione europeo Fan Hui, che si era conclusa
5 a zero per l’intelligenza di silicio, il sistema sembra migliorato.
Sedol ha ammesso di aver compiuto un errore all’inizio del gioco che ha
condizionato tutto il match costringendolo a rinunciare dopo tre ore e
mezzo. Per la rivincita di oggi, comunque, si dice fiducioso. Stavolta
ad aprire sarà la macchina con le pedine nere, all’uomo toccheranno le
bianche.