jl manifesto 16.3.16
Blitz del Pd, e ciao all’acqua pubblica
Commissione
Ambiente. Ok all’emendamento che apre alla gestione dei privati. M5S e
Sinistra Italiana lasciano i lavori per protesta: "Traditi 27 milioni di
cittadini che votarono il referendum nel 2011". Lo scontro adesso si
sposta in Aula. In tutte le città dove i servizi idrici sono stati
privatizzati le tariffe sono cresciute esponenzialmente
di Antonio Sciotto
ROMA
L’ultimo regalo del Pd agli italiani riguarda l’acqua: il “blitz” è
avvenuto ieri in Commissione Ambiente della Camera, dove è stato
approvato un emendamento – a firma Enrico Borghi – che ha abrogato
l’articolo 6 del progetto di legge sull’acqua, e con esso l’obbligo che
la gestione dei servizi idrici sia pubblica. «È stato eliminato il cuore
della legge, tradendo così i 27 milioni di cittadini che hanno votato
il referendum del 2011. Noi ritiriamo la nostra firma», hanno protestato
M5S e Sinistra italiana, che avevano sostenuto la proposta di legge di
iniziativa popolare sottoscritta da 400 mila persone dopo il referendum.
L’articolo
6, in ossequio ai risultati del voto di cinque anni fa (il 95% dei
votanti si era espresso contro la privatizzazione), definiva il servizio
idrico integrato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza
economica e ne disponeva quindi l’affidamento esclusivo a enti di
diritto pubblico. Di conseguenza la norma, così come era stata
approntata in accordo con il Forum Acqua bene comune, vietava
l’acquisizione di quote azionarie di società di gestione del servizio
idrico integrato. Ma essendo stato abrogato l’obbligo, si riaprono ora
le porte ai privati: porte in realtà mai del tutto chiuse, visto che in
molte città la gestione è già passata di mano a imprese non pubbliche.
La legge avrebbe dovuto appunto recepire gli esiti del referendum e
definire regole uniformi su tutto il territorio nazionale.
I
deputati di M5S e Sinistra italiana hanno abbandonato i lavori della
Commissione per protesta, lasciando che fosse approvata – dopo
l’emendamento “privatizzatore” – dalla sola maggioranza, con l’accordo
del governo. Va ricordato che lo stesso premier Matteo Renzi – allora
era sindaco di Firenze – nel 2011 aveva annunciato il suo Sì al
referendum per l’acqua pubblica, e si era speso in tweet e
dichiarazioni.
«Oggi è il giorno in cui con un emendamento di
poche righe il Pd affossa la volontà di 27 milioni di italiani – ha
commentato Federica Daga, prima firmataria della proposta di legge –
Cancellando l’articolo 6 della legge di iniziativa popolare si elimina
l’obbligo che l’acqua, la sua gestione e le infrastrutture idriche siano
pubbliche. È come se un referendum non ci fosse stato. Come se i
cittadini non avessero parlato. Per questo il M5S ha ritirato la firma
da questa legge porcata. Se la votassero loro. Ma non ci fermeremo.
Accanto ai comitati per l’acqua pubblica ci batteremo in Aula per
riportare il testo alla sua vocazione originaria, nel rispetto del
referendum. E impugneremo questo testo aberrante in ogni sede e in ogni
luogo».
«Quello che sta accadendo sull’acqua pubblica ha
dell’incredibile – dice Nicola Fratoianni, di Sinistra italiana – C’era
una proposta di legge, elaborata da SI-Sel e M5S, che definiva l’acqua
come bene comune e dava seguito agli esiti del famoso referendum del
2011 in cui 27 milioni di italiani si schierarono apertamente per
l’acqua pubblica. Ora in Commissione Ambiente è passato un emendamento
del Pd che non obbliga alla gestione pubblica e spalanca di fatto un
portone alla privatizzazione dei servizi idrici. Per questo i deputati
di Sinistra Italiana hanno abbandonato la Commissione e ritirato le
firme dalla proposta di legge. Se vogliono continuare a sfasciare
l’esito del referendum e privatizzare l’acqua lo facciano senza il
nostro aiuto».
Il Pd si difende, affermando che la legge, così
come è passata in Commissione Ambiente, «conferma la proprietà pubblica
dell’acqua», e «prevede invece che i privati possano partecipare alla
gestione dei servizi idrici, tema mai toccato dal referendum del 2011»,
dice Enrico Borghi. In modo da avere «servizi più efficienti»: così che
«l’acqua sia garantita a tutti, con un servizio di qualità, nel rispetto
delle direttive europee e dell’autonomia comunale e a costi contenuti
inseriti in tariffa e non sulla fiscalità generale». «Non ci attarderemo
– conclude il deputato Pd – nel dirigismo, nella difesa dei carrozzoni e
dell’aumento delle imposte come vorrebbero i grillini».
Ma
secondo l’M5S le tesi del Pd e dello stesso Renzi – «che ha cambiato
idea rispetto al 2011» – sono influenzate dall’«intervento delle
multinazionali»: la gestione privata dei servizi idrici, affermano, in
tutte le città in cui è stata sperimentata ha riservato grossi guai agli
utenti. «Le privatizzazioni – spiega Federica Daga – in questi anni
hanno portato una serie di problemi: 1) la riduzione del costo del
lavoro, attraverso la diminuzione dell’occupazione e la precarizzazione
dei contratti; 2)la riduzione degli investimenti, come già sperimentato
(-19%) nell’ultimo decennio di gestioni attraverso SpA; 3) la riduzione
della qualità del servizio, con meno manutenzioni e controlli; 4)
l’aumento delle tariffe, che infatti salgono esponenzialmente».