il manifesto 16.3.16
Beni comuni. Attacco all’acqua e alla democrazia
di Marco Bersani
Quello
che i parlamentari del Pd da una parte, e il Governo Renzi-Madia
dall’altra, stanno portando avanti in questi giorni sulla questione
dell’acqua, è di una gravità estrema.
Partiamo dai fatti. Nel 2007
il movimento per l’acqua aveva presentato, corredata da 406.000 firme,
una legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua e
la sua gestione partecipativa. Quella legge, mai portata in discussione
nelle istituzioni fino alla decadenza, è stata ripresentata in questa
legislatura da un intergruppo di parlamentari (M5S, Sel e alcuni Pd), in
diretto accordo con il Forum italiano dei movimenti per l’acqua. La
legge è finalmente approdata alle Camere, ma, all’ultima curva prima del
traguardo, con la sorpresa di emendamenti Pd – votati anche dai
parlamentari proponenti della legge (!)- che, abrogando l’articolo che
prevedeva modi e tempi per il ritorno alla gestione pubblica di ogni
situazione territoriale oggi in mano ai privati, ne stravolge il cuore e
il senso.
Con questo atto, il Pd pone una cesura irreversibile
non solo con il movimento per l’acqua, ma con l’idea stessa di
democrazia diretta, come iniziativa legislativa posta in essere
direttamente da centinaia di migliaia di cittadini.
Nel contempo,
oltre 26 milioni di donne e di uomini di questo Paese si sono
pronunciati, nel referendum del giugno 2011, per l’uscita dell’acqua dal
mercato e dei profitti dall’acqua, attraverso un’esperienza di
straordinaria partecipazione dal basso e un percorso di alfabetizzazione
sociale senza precedenti.
Anche quel pronunciamento è oggi sotto
attacco diretto: è stato diffuso, sempre in questi giorni, il Testo
Unico sui servizi pubblici locali, decreto attuativo della Legge Madia
n. 124/2015, che si prefigge – letteralmente – gli obiettivi di «ridurre
la gestione pubblica dei servizi ai soli casi di stretta necessità» e
di «garantire la razionalizzazione delle modalità di gestione dei
servizi pubblici locali, in un’ottica di rafforzamento del ruolo dei
soggetti privati».
In quel testo, è contenuto l’obbligo di
gestione dei servizi pubblici locali a rete attraverso società per
azioni (art. 7, comma 1); nonché l’obbligo, laddove la società per
azioni sia a totale capitale pubblico, di rendere conto delle ragioni
del mancato ricorso al mercato (comma 3), di presentare un piano
economico-finanziario relativo a tutta la durata dell’affidamento,
sottoscritto da un istituto di credito (comma 4), di acquisire il parere
dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (comma 5).
E,
affinché sia chiaro a tutti come l’anomalia referendaria vada
definitivamente consegnata agli archivi, ecco ricomparire, dopo anni con
cui si era tentato di nasconderla dentro la dicitura «oneri
finanziari», l’”adeguatezza della remunerazione del capitale investito”
(art. 25, comma 1) nella composizione della tariffa, nell’esatta
dicitura che 26 milioni di cittadini avevano democraticamente abrogato.
Il disprezzo della volontà popolare e della democrazia non poteva essere meglio esternato.
Dopo
aver annichilito il paese con la trappola-shock del debito pubblico ed
averlo rinchiuso nella gabbia del pareggio di bilancio, del patto di
stabilità e dei vincoli monetaristi, le grandi lobby finanziarie, grazie
ai provvedimenti del governo Renzi, si apprestano ora ad espropriarlo
dell’acqua, dei beni comuni e di tutto ciò che a tutti appartiene.
Alle
donne e agli uomini che, in tutti questi anni, hanno detto chiaramente
come l’acqua e i beni comuni siano garanzia di diritti universali, da
sottrarre al mercato e da restituire alla gestione partecipativa delle
comunità territoriali, il compito di fermarli.
Perché, oggi più che mai, si scrive acqua, si legge democrazia.