«in una lettera del 1938 di Forzano, il fondatore degli studi di Tirrenia, amico di Mussolini si legge: “In Austria ci sono cristiani ed ebrei di grande valore. Raccomando a vostra eccellenza un vecchio glorioso di 82 anni che tanta ammirazione ha per l'eccellenza vostra: è Freud, ebreo”»
Repubblica 10-3.16
Trionfi e miserie della Cinecittà dimenticata
Pisorno è uno strano nome, ignoto ai più, e che non suona nemmeno tanto bene. Viene dall'unione dei nomi di due città proverbialmente ostili, Pisa e Livorno. E indica un luogo, reale e ormai soprattutto immaginario, a metà strada tra le due. Tre anni prima di Cinecittà, una piccola Hollywood italiana era stata progettata proprio lì, a Tirrenia, nella pineta del Tombolo. A ricordare questa storia, nota solo ad alcuni specialisti del cinema italiano, è una mostra al Palazzo Blu di Pisa (23 marzo-3 luglio), organizzata insieme al Museo Nazionale del Cinema di Torino e curata da Giulia Carluccio. Vale la pena di rievocare questa storia. In epoca fascista, nel progetto di bonifica e di valorizzazione turistica della zona, con la fondazione della città di Tirrenia, si inserisce un personaggio curioso della nostra storia letteraria: Giovacchino Forzano. Drammaturgo, giornalista, librettista per Mascagni, Leoncavallo e Puccini (suo il "Gianni Schicchi"), Forzano ha appena diretto
il film Camicia nera, e decide di creare una vera città del cinema. Può contare sull'amicizia personale con Mussolini e sull'appoggio finanziario della famiglia Agnelli, che a quanto pare finanzia l'operazione. Acquistati 100.000 metri quadrati di terreno, parte con l'ambizioso progetto. A costruirlo, chiama l'architetto- scenografo Antonio Valente, specializzato nel settore: suoi il centro Sperimentale di Cinematografia, gli studi Safa al Palatino, i De Paolis sulla Tiburtina.
Fra il 1934 e il 1943, negli studi Pisorno verranno girati un'ottantina di titoli: commedie, melodrammi, film in costume, perfino un western, L'imperatore della California. Circolano tutti i divi: Amedeo Nazzari, Clara Calamai, Vittorio De Sica, Angelo Musco, Alida Valli, i De Filippo, Macario. Nell'atmosfera nonostante tutto cosmopolita del mondo del cinema passano glorie del francesi come Abel Gance, e poi tedeschi, ungheresi, cechi. Fanno in tempo a esordire registi di futuro successo come Riccardo Freda, Luigi Zampa, Mario Soldati. Passa anche il giovane Mario Monicelli, amico del figlio di Forzano, che per la prima volta vede un set, e che nel 1936 tornerà per lavorare come assistente al film Ballerine.
Ma nel 1937 apre Cinecittà, il progetto di accentramento romano dell'industria cinematografica giunge a compimento, e per la Pisorno non c'è più spazio. Inoltre Forzano, più mussoliniano che fascista, sconta i rapporti non buoni con l'eminenza grigia del cinema dell'epoca, Luigi Freddi. Con la guerra tutto sembra finire, e dopo i bombardamenti che colpiscono anche un capannone degli studi, nei dintorni si accamperà l'esercito americano, facendo della pineta un luogo di loschi traffici.
Forzano tenta comunque di rimettere in piedi gli studi, ma anche nel dopoguerra il cinema è sempre più romano. Per gli studi toscani il decennio vedrà soprattutto produzioni di serie B: drammoni canterini con Claudio Villa o Luciano Tajoli, un paio di film di Totò. Più una curiosità: il noir
Imbarco a mezzanotte, co-firmato dal figlio di Forzano, Andrea, ma in realtà diretto da Joseph Losey, comunista blacklisted in fuga dagli Usa. Si narra poi che a fine decennio un produttore abbia visitato gli studi immaginando di girarci un film di spionaggio: era Agente 007- Licenza di uccidere, che inaugurerà la serie di James Bond. Non se ne fa niente.
Nel 1959 gli studi falliscono, e li rileva uno dei massimi produttori italiani, Carlo Ponti. È l'epoca del trionfo della Ciociara e, se il rivale Dino De Laurentiis costruisce la sua Dinocittà sulla Pontina, Ponti non è da meno. In realtà nessuna delle due rivali di Cinecittà avrà grande fortuna. Negli studi Pisorno, ribattezzati Cosmopolitan, vengono comunque girati una serie di lavori con Sophia Loren: I sequestrati di Altona, Madame Sans Gene, La rif-
fa (episodio di Boccaccio 70). E poi horror e western, e ancora Monicelli con il Casanova 70. L'ultimo titolo ufficiale è L'assoluto naturale di Mauro Bolognini con Sylva Koscina. Siamo nel 1969, ed è il cinema italiano tutto ad essere avviato verso il declino.
Ma a quanto pare le mire sono anche extra-cinematografiche. Quei terreni, edificati, valgono oro. Dopo battaglie ambientaliste, negli anni Settanta le ipotesi di lottizzazione saranno abbandonate. Negli anni Ottanta, la figlia di Ponti, Guendalina, e Valerio Veltroni, rilevano l'area per farne un resort. Altri progetti si sono succeduti negli anni; ma oggi i resti della Pisorno sono ancora visibili.
Il breve sogno dell'altra Cinecittà, durato pochi anni, ha conosciuto mille vite. Nella mostra di Pisa questa storia viene raccontata attraverso i materiali più disparati, circa 800 pezzi: cartoline, progetti degli studios, testimonianze della stampa d'epoca, foto di scena, manifesti, bozzetti di scene e costumi (del pittore Italo Cremona, tra l'altro). Tra i pezzi le 15 chine di Renato Guttuso per le scene dei Sequestrati di Altona, o lampi sorprendenti come una lettera di Forzano a Mussolini, datata 4 marzo 1938: «In Austria ci sono cristiani ed ebrei di grande valore. Raccomando a vostra eccellenza un vecchio glorioso di 82 anni che tanta ammirazione ha per l'eccellenza vostra: è Freud, ebreo».