Il Sole Domenica 6.3.16
il lungo viaggio di homo sapiens
Migranti da sempre per natura
di Giuseppe D’Alessio
Ho
assegnato al mio nipotino un compito facile. Di registrare che succede
se racchiude nel terreno umido di un vasetto qualche seme di fagioli.
Quando torna, dopo pochi giorni, commenta che i semi di fagiolo sono
scomparsi e riemersi come un grumo di verde. È un germoglio, gli dico.
Ma
il bambino ha perso interesse; grida: «Nonno le barche!», affascinato
dai barconi di migranti comparsi a mare, sotto casa. Sono colmi di
uomini, donne, bambini, che si mantengono ritti in piedi solo perché
addossati gli uni agli altri. Poi il mio bambino mi informa,
demoralizzato, che tutti quelli che salgono sui barconi rischiano la
vita, e molti annegano, specialmente quando il mare è grosso o quando la
barca si rovescia. Sono tanti questi barconi che arrivano, e anche il
traffico per via terra è molto aumentato.
Ci si chiede perché i
migranti si mettono in viaggio pur sapendo tutte le avversità del
viaggio: come il pericolo, oltre che di annegare, di subire violenze,
privazioni, la fame nei “campi”, orribili strutture dove i migranti
stazionano prima della meta, controllate da schiavisti che si
arricchiscono organizzando i viaggi e sfruttando in ogni modo i
migranti. Eppure, nonostante le difficoltà, spesso mortali, che i
migranti incontrano, il numero di migranti che riesce a raggiungere la
costa aumenta continuamente.
Hanno tutti dovuto riconoscere che il
fenomeno delle migrazioni non è per niente limitato, ma di dimensioni
storiche, addirittura epocali. Studi fatti in vari organismi delle
Nazioni Unite hanno portato a calcolare che nel 2014 i migranti
intra-nazionali, da un territorio a un altro della stessa nazione, sono
stati 200 milioni, mentre il numero dei migranti inter-nazionali,
trasmigrati da una nazione a un’altra, è stato molto più alto, intorno a
700 milioni. Sono state catalogate le cause delle migrazioni e si è
trovato che si emigra per scoprire migliori condizioni di vita, per
sfuggire alla guerra, alla propria o a quella di popoli vicini, o alle
persecuzioni, religiose o politiche, o ancora si emigra per sottrarsi a
minacce dell’ambiente, come le inondazioni, l’insufficienza di terra
coltivabile, i terremoti.
Analizzando queste motivazioni si
comprende che le cause delle migrazioni sono tutte connesse alle leggi
della Biologia, in particolare alla legge della sopravvivenza. Quando
una popolazione di organismi viventi entra in crisi per la scarsità di
cibo, non può più garantire il mantenimento di quella specie e deve
allora, ineluttabilmente, trovarvi rimedio. E la metodologia è quella:
se il territorio non offre più risorse, occorre spostarsi dal territorio
ormai esausto a un territorio più ricco. La conservazione della specie
va in ogni modo tutelata.
Queste trasmigrazioni possono essere
brevi spostamenti, ed è possibile osservarli in tanti animali, oppure
sono spostamenti lunghi, che interessano solo le specie del genere Homo,
il genere umano. Per questi ultimi si parla di «viaggi» quando resti
fossili di un Homo pre-sapiens sono ritrovati in zone molto distanti tra
loro, ad esempio nel Sud-Est d’Africa, dove si ritiene che i primi Homo
siano emersi, e poi anche nell’Asia centrale.
Solo gli Homo hanno
viaggiato e ancora viaggiano tanto. All’inizio erano nomadi in continuo
viaggiare alla ricerca di territori ricchi di risorse e forniti di
ripari dalle possibili aggressioni di carnivori. Non era difficile per
un Homo spostarsi da un territorio a un altro, dato che non aveva siti
propri: dormiva quando era stanco e dove si trovava; poi ha imparato a
vivere in luoghi protetti come le caverne; e poi ha iniziato a costruire
capanne. Infine, intorno a 10-11mila anni fa, Homo sapiens ha scoperto
con l’agricoltura la necessità, e insieme il vantaggio, di rimanere
anche a lungo nella stessa zona, per curare semi e raccolti, e per
attendere alle necessità imposte dalla domesticazione degli animali.
Così Homo sapiens, e forse anche altri Homo prima di lui, come le specie
Homo habilis, Homo erectus, Homo rudolfensis, hanno abbandonato il
nomadismo per risolvere i loro problemi di sopravvivenza.
La
capacità di compiere viaggi lunghi è stata certamente un vantaggio per
Homo, tanto che è stata fedelmente conservata per milioni di anni nella
evoluzione delle specie, e soltanto nelle specie del genere umano. Ci si
chiede allora se possiamo effettivamente cogliere significative
differenze tra il viaggio di un somalo che fugge dalla guerra, e quello
di un Homo erectus che ha migrato dal Sud-Est africano fino al centro
della Cina. Semplificato in questi termini, l’evento «migrazione» può
rappresentare la semplice, diretta risposta operativa di una popolazione
di Homo, che deve affrontare insufficienze che urtano i principi
fondamentali della biologia: sopravvivere e riprodursi.
C’è gente
(e sono Homo sapiens!) che si oppone alle migrazioni: è come se
volessero sottrarre alle leggi immutabili della Biologia i «viaggi» di
Homo moderni. Non è possibile. Sarebbe come impedire a un seme di
germogliare, anche quando ha disponibilità di terreno e di energia
solare. Sono quindi fenomeni biologici i “viaggi” dei migranti di
milioni di anni fa come quelli di questi ultimi secoli. Anch’essi devono
obbedire al comandamento della sopravvivenza, spostandosi da un
territorio esaurito a uno ricco.