domenica 6 marzo 2016

Il Sole Domenica 6.3.16
Nel mondo antico
La lettura è femmina
di Dorella Cianci


Come si insegnava a leggere nel mondo antico? Come si vendevano i libri? Quali erano i termini legati alla scrittura? E che ruolo essa aveva? Di recente è stato ristampato un libro memorabile per antichisti filologi e paleografi, non facile da trovare in libreria, un celebre volume di Horst Blanck, Das Buck in der Antike tradotto in lingua italiana da Rosa Otranto nel 1998, per la collana di Luciano Canfora. La prefazione dell’edizione italiana del libro è affidata allo stesso Canfora, il quale si chiede se nel mondo antico era un fenomeno prestigioso possedere delle biblioteche piene di libri e ricorda Euripide, preso in giro dal comico Aristofane anche per questo, infatti nelle Rane era accusato di possedere un «decotto di libri». In realtà Aristofane era un comico colto e aveva letto molti autori, soprattutto i più importanti tragici del tempo. L’alfabetizzazione, nel mondo antico, è stata spesso oggetto di studio nel Novecento e, secondo Rostovtzeff, la civiltà classica, in Occidente, era crollata proprio per fattori culturali, poiché la campagna aveva sommerso le città, cioè i luoghi pieni di libri e i luoghi dove per giunta vi erano maggiori lettori. Sottolinea Canfora che anche in età più vicine a noi, ad esempio nell’Italia di metà Ottocento, verso il momento dell’unità nazionale, la massa analfabeta rasentava il 70% della popolazione, questo perché l’alfabetismo non ha mai avuto un andamento stabilmente progressivo.
È interessante guardare nel dettaglio i casi dei lettori celebri e in questo ci aiuta un libro di atti spagnoli pubblicati in Italia, a cura di Carmen Morenilla e Francesco De Martino, Palabras sabias de mujeres (Levante editori, Bari) dove si dice che i casi di lettura sono paralleli a quelli di recite a memoria. In un frammento comico si ricorda che son proprio le tragedie i pezzi forti da leggere: eppure ironicamente si racconta che Eracle preferì un libro di cucina! Dione racconta di aver letto di mattina, dopo aver fatto colazione, i tre Filottete di Eschilo, Sofocle e Euripide. Lo stesso Socrate racconta nel Fedone di Platone di aver letto un libro di Anassagora, dopo aver sentito un tale che lo leggeva e da questa lettura ne rimase deluso. Una lettura fatta in poco tempo, velocemente (e non a memoria come si potrebbe tradurre un passo di Taziano) è quella fatta dal tragico Euripide di un libro del filosofo Eraclito. Leggere libri filosofici era molto gradito. Una classifica ipotizzabile, nel mondo greco, potrebbe consegnarci questa lista: alcuni testi di Zenone, Sugli dei di Protagora, Su Eracle di Prodico e La Grande Cosmologia di Democrito. Era di moda anche leggere tutti insieme, ed è noto il party di Antimaco, il quale invitò tutti a casa per dare lettura del Lide, un lungo poema…Peccato che dopo poco la stanza si svuotò, eccezion fatta di Platone, un lettore non da poco.
La Grecia ha inventato la lettura silenziosa ben prima di Aristotele, al contrario di quanto a volte si scrive. Platone leggeva solitario, fra sé e sé, come si racconta nel Faone. Gli studi migliori su questo restano i volumi di Svenbro e di Knox. Un libro portava onore nella cultura greca quasi quanto uno scudo, in rarissimi casi anche per le donne e di questo ci informa Pausania, il quale parla di una stele che si trovava ad Argo e che raffigurava la poetessa Telesilla. Ai suoi piedi son gettati alla rinfusa dei libri, «quei suoi famosi volumi di poesia, mentre lei guarda l’elmo che ha in mano», come dice la traduzione di Domenico Musti. Non sappiamo se donne colte come Saffo sapessero leggere o scrivere in maniera precisa, però si può dire, con De Martino, che «la lettera è femmina», stando a un indovinello proposto da Antifane, che recita così: «C’è una creatura che protegge i suoi piccoli. In grembo essi non hanno voce, ma lanciano un grido sonoro che, volando sull’onda del mare se tutta la terrà, raggiunge chi vogliono i mortali, e a costoro è possibile udire anche quando sono lontani; ma il loro udito è sordo». La soluzione è questa: «La creatura femminile è la lettera, i figli sono i caratteri, pur senza voce parlano a distanza, a chi essi vogliono; e un altro che per caso si trovi accanto a quello che legge, nulla udirà».
Horst Blanck, Il libro nel mondo antico , traduzione a cura di Rosa Otranto, pref. a cura di Luciano Canfora, Dedalo edizioni, Bari, pagg.384, € 30