Il Sole Domenica 27.3.16
Tra fisiologia e metafisica
Le due anime di Cartesio
La tensione tra le «Meditazioni» e i libri non pubblicati in vita (per paura dell’Inquisizione) «Uomo» e «Mondo»
di Franco Giudice
«Come
gli attori, accorti a non fare apparire l’imbarazzo sul volto, vestono
la maschera, così io, sul punto di calcare la scena del mondo, dove
sinora sono stato spettatore, avanzo mascherato ( larvatus prodeo)».
L’autore di questa frase ormai celebre è Cartesio, una figura chiave
della rivoluzione intellettuale del XVII secolo. Si trova all’inizio di
un suo quaderno personale di appunti, una sorta di diario intimo, e reca
la data del primo gennaio 1619.
Una frase giovanile dunque che,
nonostante le distorsioni cui talvolta è stata sottoposta, aiuta
tuttavia a capire perché diverse pagine delle sue opere e la sua stessa
biografia suscitino, come ha osservato Eugenio Garin, un’indelebile
«impressione di ambiguità», quasi che il filosofo della «chiarezza»
intendesse nascondere «una contraddizione segreta, o un conflitto non
pacato». Il che spiega forse quelle tensioni concettuali riscontrabili
nel suo pensiero e poi riprodottesi in quanti, a vario titolo, se ne
sono proclamati eredi.
Proprio quelle tensioni di cui si occupa
ora Emanuela Scribano, apprezzata studiosa di Cartesio e del pensiero
filosofico moderno. Con l’eleganza e la sobrietà che caratterizzano
tutti i suoi lavori, Scribano cerca di individuare le ragioni di alcuni
importanti cambiamenti introdotti da Cartesio nella sua teoria della
conoscenza e nella sua analisi della percezione sensibile. E per farlo
muove dall’ipotesi che essi scaturiscano da una duplice esigenza: da un
lato, sviluppare e rafforzare la fondazione metafisica della scienza;
dall’altro, rendere coerente tale fondazione con la scienza medesima.
Con
la scienza cioè elaborata da Cartesio nell’Uomo, la neurofisiologia,
che costituiva la seconda parte del Mondo, dove esponeva la sua fisica e
la sua cosmologia. La redazione di questi due scritti, concepiti come
un’opera unitaria, fu terminata tra il 1633 e il 1634. L’autore decise
però di lasciarli nel cassetto: il Mondo, in seguito alla condanna di
Galileo, l’Uomo, invece, per ragioni intrinseche alla stessa ricerca
fisiologica. Sarebbero stati pubblicati postumi come testi a sé stanti
nel 1664, anche se una traduzione latina dell’Uomo era apparsa due anni
prima, e messi insieme per la prima volta soltanto nel 1677.
Queste
vicende editoriali sono di estremo rilievo, poiché attestano che quando
nelle Meditazioni metafisiche (1641) perfezionò il progetto di
fondazione della scienza, Cartesio aveva ormai tracciato le linee
portanti della sua fisiologia. E indicano, come fa notare Scribano, «la
coesistenza in Cartesio di due anime parallele». Gli scenari che si
vengono a delineare, quello metafisico e quello fisiologico, si
riveleranno però difficili da amalgamare, creando appunto tensioni
profonde, se non addirittura irrisolte.
Nell’Uomo, dove si
proponeva di studiare la risposta del corpo umano agli stimoli
provenienti dal mondo esterno, Cartesio formulava una teoria della
sensazione, dell’immaginazione e della memoria che era esclusivamente
materiale. Con un obiettivo quanto mai esplicito: mostrare i poteri del
corpo indipendentemente da qualsiasi azione della mente. Al punto che il
corpo umano era descritto come una macchina complessa e «intelligente»,
dotata di sistema nervoso, circolazione sanguigna e cervello, in grado
di reagire all’ambiente con comportamenti funzionali alla conservazione
della vita.
Nelle Meditazioni egli perseguiva un obiettivo
altrettanto esplicito, che andava però nella direzione opposta: ampliare
il ruolo della mente e dimostrare che anche nella conoscenza sensibile
il corpo, senza un intervento attivo della mente, era impotente. Così,
se nell’Uomo, per la conoscenza empirica, la mente si limitava a
registrare gli eventi corporei e a tradurli in percezioni, credenze e
giudizi; nelle Meditazioni invece veniva teorizzata l’impossibilità
della stessa conoscenza empirica, altro non essendo quest’ultima che una
costruzione della mente.
A dire il vero, questi due aspetti della
riflessione cartesiana ebbero un debutto ufficiale già nel 1637, con la
pubblicazione del Discorso sul metodo e dei tre saggi annessi (la
Diottrica, le Meteore e la Geometria), dove venivano presentati alcuni
elementi centrali della fisiologia sviluppata nell’Uomo insieme a una
prima esposizione della sua metafisica.
Qui però il confronto,
come ci spiega Scribano, si svolgeva senza particolari problemi, poiché
il progetto metafisico di Cartesio non era ancora giunto al livello di
maturazione delle Meditazioni che, tra altre importanti novità,
introducevano anche la teoria della costruzione mentale dell’esperienza
sensibile. Le incoerenze tra le due anime cartesiane emersero dunque nel
1664, quando le tesi neurofisiologiche espresse nell’Uomo divennero
finalmente di pubblico dominio, e si cercò di far convivere questo
“nuovo” Cartesio con quello delle Meditazioni.
Un compito gravoso,
di cui si fecero carico i principali successori del filosofo francese,
alle prese con i nodi problematici del suo pensiero. Scribano
ricostruisce le tappe più significative del dibattito innescato dalla
difficile eredità cartesiana, analizzando in dettaglio le varie
soluzioni avanzate da Louis de La Forge, da Gèraud de Cordemoy e da
Nicolas Malebranche. Tre filosofi che si erano avvicinati a Cartesio,
rimanendone conquistati, più per la lettura dell’Uomo che per quella
delle opere da egli edite in vita. Un testo, l’Uomo appunto, che sarebbe
stato all’origine della «scelta radicale» di Spinoza: costruire una
teoria della conoscenza basata esclusivamente sulla fisiologia
cartesiana.
Emanuela Scribano, Macchine con la mente. Fisiologia e metafisica tra Cartesio e Spinoza, Carocci, Roma, pagg. 260, € 23