domenica 27 marzo 2016

Il Sole Domenica 27.3.16
Tutte le stelle di Dante (e di Einstein)
di Armando Massarenti

Il 20 gennaio 1320, a 55 anni, Dante Alighieri tenne una lezione pubblica di cosmologia presso la chiesa di Sant’Elena a Verona. Astronomia e astrologia, a quei tempi, erano due artes distinte ma percepite come complementari: le stelle e le intelligenze angeliche si pensava intervenissero nelle vicende terrene infondendo specifiche virtù. Che cosa ne penserebbe la scienza di oggi? Dante e le stelle, edito da Salerno è scritto a quattro mani dall’astrofisico Attilio Ferrari e dallo storico della letteratura Donato Pirovano, è un’affascinante risposta a questa domanda. Nel Convivio, ma soprattutto nella Divina Commedia, tocchiamo con mano quanto Dante fosse esperto di stelle. Gli eventi cardinali della sua vita – il primo incontro con Beatrice, la morte di lei, l’incontro con la Donna Gentile (allegoria della Filosofia), la crisi spirituale dalla quale si rialzerà attraverso l’allegorico e immaginifico viaggio di salvazione narrato nella Commedia – per Dante assumono un senso possibile solo se vengono raccontati in stretta relazione con le costellazioni, attraverso le quali connette la sua vita con Dio.
Smarrito nella selva oscura – era il 25 marzo o l’8 aprile del 1300 – è confortato dall’intravedere il Sole che sorge accompagnato dalla benaugurante costellazione dell’Ariete, la stessa presente nel cielo al momento della creazione di Adamo. Il pianeta Venere – la “stella” che infonde la virtù d’amore spirituale – brillare sull’orizzonte marino del Purgatorio al punto da offuscare la costellazione dei Pesci. Dante è appena uscito dal buio infernale e ha ormai la certezza che, per intercessione dell’amore di Maria e di Beatrice, la salvezza spirituale e la carità di Dio lo attendono. I riferimenti astronomici, com’è ovvio, si moltiplicano poi nella terza cantica, quando il viaggio ha luogo proprio di tra le sfere del Paradiso.
L’astronomia aristotelico-tolemaica, mutuata da Tommaso d’Aquino, - unita a una teologia della luce e a un emanatismo di stampo neoplatonico – prevede un sistema geogentrico: attorno alla terra, girano sette sfere celesti di materiale incorruttibile, ciascuna governata da una schiera angelica e caratterizzata da una stella o pianeta; seguono il cielo delle Stelle Fisse e quindi il Primo Mobile, la sfera più veloce di tutte perché la più vicina a Dio e anche quella che infonde alle sfere inferiori il movimento. La decima sfera, la più esterna, è l’Empireo: si tratta di una dimensione al di fuori dello spazio e del tempo, fatta di non-materia, di una sostanza puramente spirituale; è qui che avviene la visione della Rosa dei Beati e quindi di Dio, contemplato come una sorgente luminosissima e ardente d’amore che muove l’intero universo.
Nella descrizione dell’Empireo, però, pare esservi una specie di contraddizione. Se il cosmo è fatto di sfere concentriche sempre più grandi, e se la sede di Dio - l’Empireo - è la sfera più ampia che abbraccia e contiene tutte le altre sottostanti, come mai allora Dante parla di Dio non come di una sfera bensì come di un «punto» luminosissimo? «Un punto vidi che raggiava lume acuto». L’ipotesi sorprendente è che l’intuizione poetica di Dante possa avere ideato non una sfera, ma una ipersfera, al cui centro è Dio, fonte di luce e di calore (empyrios: ardente) da cui si origina tutto l’universo.
Nella visione geometrica e cosmologica contemporanea, inaugurata dalle teorie di Einstein, un’ipersfera è una sfera in uno spazio a più di tre dimensionii, che ammette che vi sia un centro esterno che al contempo è il centro di tutta l’ipersfera stessa: «grazie all’intuizione dantesca, “perno” del mondo è quel punto ineffabile che è il centro del creato e al tempo stesso circonda tutta la creazione in un abbraccio cosmico». Oggi non osserviamo più il cielo stellato a occhio nudo, né vi immaginiamo le schiere angeliche. «Esistono, però, delle analogie con il cosmo dantesco: anche il nuovo universo si è sprigionato da un “punto”, la sua origine è il risultato di una concentrazione energetica da un punto che si è espanso vertiginosamente con un violento Big-Bang, dando origine allo spazio e al tempo e a tutto il mondo sensibile. (…) Ma che cosa c’è “fuori”, in che cosa si espande l’universo?». Esiste un equivalente dell’Empireo dantesco? Al momento, «in quanto a comprensione del “tutto”, siamo ancora nella selva oscura. La scienza ci aiuta a vivere, l’arte ci aiuta a sognare e a vedere oltre la realtà, forse fino all’Empireo o iperspazio che dir si voglia», concludono gli autori. Ma non bisogna mai pensare che l’immaginazione sia prerogativa di un solo ambito umano. In Dante è sempre attiva e non fa di queste distinzioni.