Il Sole Domenica 27.3.16
Padri della chiesa
La storia nell’ottica cristiana
di Armando Torno
Sesto
Giulio Africano, Padre della Chiesa vissuto tra la fine del regno di
Marco Aurelio (161-180) e l’età di Gordiano (238-244), fu amico di
Origene ed ebbe un rapporto con l’imperatore Settimio Severo; anzi, per
questo sovrano ordinò la biblioteca - considerata di Stato – conservata
nel Pantheon. Tra le sue opere vi sono le Chronographiae, in cinque
libri, che narravano la storia umana tra la creazione di Adamo e la
resurrezione del Salvatore. E quest’ultimo avvenimento sarebbe caduto,
secondo i calcoli di Africano, nel 5532. Vi era anche una parte che
arrivava sino ai giorni in cui era vivente l’autore, ovvero il 5723
della creazione, che coincideva con il terzo anno del regno di
Eliogabalo, vale a dire il 221 d.C.
Ora le Chronographiae, di cui
sono rimasti soltanto frammenti, sono state tradotte in italiano da
Carlo dell’Osso per la «Collana di testi patristici» di Città Nuova.
L’opera, per dirla in breve, è il primo tentativo sistematico di
interpretare la storia secondo una visione cristiana e assume
particolare importanza per gli influssi che lascerà. Ci resta un
autorevole giudizio di Fozio, che inserì lo scritto nella sua
Bibliotheca, e con esso esprime il sentire della cultura bizantina:
«Benché sia sintetico, Africano non omette nulla di quanto è necessario
raccontare». Insomma, siamo in presenza di una cronaca universale in
forma di epitome, vergata con il gusto per l’affermazione erudita e
originale; il suo autore è colto, tanto che si potrebbe confondere con
un esponente della Seconda Sofistica, mostrando una preparazione
retorica degna di attenzione.
Da quel che rivelano i frammenti, le
Chronographiae furono un’opera di compilazione, con liste di genealogie
e di re, di personaggi. Due di esse sono preziose: si tratta di quella
dedicata ai faraoni egizi, proveniente da una versione di Manetone che
fu interpolata nell’ambito giudeo-ellenistico, e quella dei vincitori
alle olimpiadi. Africano, comunque, conosceva anche le tradizioni
storiografiche dei popoli orientali; in diversi punti del testo emerge
la sua familiarità con gli scritti originali della Bibbia e con la
letteratura pseudoepigrafica ebraica, diventando in alcuni casi il
tramite per la cronachistica della tarda antichità e di Bisanzio, come
per il Libro di Enoch e probabilmente per il Libro dei Giubilei.
Nelle
Chronographiae tutto ruota intorno a Cristo e Africano rielabora
completamente la visione universale della storia rispetto al modello
ebraico. Per dare l’idea delle notizie riportate, basterà leggere un
paio di frammenti. Il primo è conservato dallo storico bizantino Giorgio
Sincello: «La tenda da pastore di Giacobbe custodita in Edessa fu
distrutta da un fulmine ai tempi dell’imperatore dei Romani Antonino,
come dice Africano…». Il secondo da Agapio di Mabbug, autore
arabo-cristiano melchita del X secolo: «Quanto al re dei Persiani che
aveva mandati i Magi, si chiamava Faransun. Nel quarantaquattresimo anno
di Augusto, questi Magi vennero da Cristo, che secondo l’opinione di
alcuni, aveva già due anni. Ma Cirillo e Africano insieme con alcuni
altri riportano che Cristo aveva sette giorni…».
Sesto Giulio
Africano, Le cronografie , introduzione di Umberto Roberto, traduzione
di Carlo dell’Osso, Citta Nuova Editrice, Roma, pagg. 200, € 26.