Il Sole 5.3.16
Roma, ovvero il ring di Berlusconi e Salvini per la leadership nazionale
di Lina Palmerini
Silvio
Berlusconi che ieri confermava Bertolaso come candidato sindaco di Roma
non parlava solo della Capitale ma del futuro del centro-destra. Nel
senso che la sua uscita - «non credo alle primarie, non ci ho mai
creduto» - non è solo un altolà a Salvini sui gazebo romani ma è
un’indicazione precisa su come verrà scelta – nel prossimo futuro – la
leadership del centro-destra. La lotta non è tanto se Berlusconi debba
essere ancora il candidato premier ma piuttosto è in gioco il suo ruolo
di determinare il futuro della destra e il suo capo.
E dunque su
Roma il Cavaliere e il giovane segretario leghista continuano a duellare
- come ieri su Bertolaso - perché stanno giocando una partita che li
proietta già sulle elezioni nazionali per mettere in chiaro come si
sceglierà il capo della coalizione. Salvini vuole espropriare Berlusconi
del suo ruolo di kingmaker e lui resiste e rilancia. Prima l’ex premier
aveva i voti e aveva i soldi, oggi che ha meno voti e meno soldi -
almeno per il partito – con le primarie firmerebbe il suo declino perché
non avrebbe più nemmeno il ruolo di determinare il suo successore. Per
questo ormai non torna indietro sul sindaco di Roma, perché cedere
vorrebbe dire ammettere la sua irrilevanza presente e futura. Lui può
accettare i gazebo ma solo come corollario di una scelta già fatta a
monte – e infatti annuncia che sarà nelle piazze romane il 19 e 20 marzo
– ma non può aprire una breccia che demolirebbe quel che resta della
sua leadership.
È vero che a Milano Berlusconi è riuscito a
imporre il suo candidato, Stefano Parisi, senza trovare troppi ostacoli.
Ma lì la partita è completamente diversa. Lì c’è un governo regionale
guidato da Roberto Maroni che si fonda su un’alleanza di centro-destra e
qualsiasi scontro sul candidato sindaco avrebbe avuto un riflesso pure
sulla Regione. Insomma, nel territorio di Maroni non si scherza e
Salvini si è messo in riga. Roma invece è diventato il ring perfetto per
un duello con l’ex premier di Forza Italia perché nella Capitale poteva
anche osare una spaccatura del centro-destra.
Roma è quindi
diventata un set perfetto per mettere in scena un quesito locale che
rimanda al quesito nazionale: come e chi sceglie il candidato sindaco di
Roma e dunque anche il nuovo leader del centro-destra per la sfida
nazionale? Perché è evidente che una volta che si dà il via alla
macchina delle primarie non si può più tornare indietro. Se si fanno a
Roma è difficile che poi non si facciano per la scelta della premiership
nazionale. Come si vede nel Pd, quello dei gazebo è un punto di non
ritorno.
Unica piccola concessione del Cavaliere a Salvini è la
decisione di allestire dei gazebo per indicare le priorità del programma
per la città. Il nome però non si tocca, resta quello di Bertolaso. Di
nuovo, in tarda serata, Salvini ha gelato l’ex premier dicendo che farà
le primarie e che Bertolaso non è il suo candidato ma per quanto sia
difficile capire come andrà a finire viene un sospetto. Se Berlusconi
respinge così nettamente l’offensiva di Salvini, non sarà che qualche
sponda l’ha trovata pure nella Lega? Viene da pensare che l’ex premier
abbia calibrato una mossa potenzialmente dirompente con l’alleato più
importante dopo aver trovato un qualche sostegno in via Bellerio.
Insomma, il dubbio che anche nel Carroccio c’è chi non vorrebbe Salvini
come prossimo leader del centro-destra c’è. Magari per lanciare Luca
Zaia, per esempio.