Il Sole 4.3.16
Il fronte libico e a variabile nuova di un anno elettorale decisivo per Renzi
di Lina Palmerini
L’invettiva
di Salvini che parla di “mani sporche di sangue” di Renzi è quella che
è: propaganda. Le amministrative si avvicinano e la Libia entra nella
campagna elettorale aprendo nuovi spazi alle opposizioni. Un fronte
“caldo” per il premier che il 5 Stelle è pronto a cavalcare e che
rimette in pista Berlusconi.
Al di là dei toni e delle “mani
sporche di sangue” con cui Salvini attacca Matteo Renzi per la morte dei
nostri connazionali, non c'è dubbio che da ieri il fronte libico
diventa una variabile nuova della competizione elettorale di giugno. E
forse anche di ottobre, per il referendum costituzionale. Un fronte
drammatico in un anno elettorale decisivo per il premier che si trova
davanti alla possibile scelta di un intervento dovendone assumere anche
il coordinamento. Non è ancora chiaro «se, quando e come» sarà
articolato e in quali condizioni, ma è evidente che la Libia diventa il
passaggio stretto di Renzi in ogni caso. Innanzitutto perché gli altri
due nostri connazionali, nonostante le notizie rassicuranti date da
Minniti al Copasir, sono ancora nelle mani dei sequestratori. Ma il
punto vero è che quel Paese confina con noi, che l'Isis è una minaccia
ravvicinata, che le coste sono il punto di partenza degli sbarchi.
Con
le uccisioni di ieri, insomma, si apre una storia nuova e più
complicata che riguarda il ruolo del Governo italiano, l’impegno di
Renzi - per la prima volta e in prima linea - su un terreno così
insidioso. Finora il premier si era tenuto ben distante dalle scelte più
difficili e dai fronti più caldi. Si ricorda la prudenza che ebbe dopo
gli attacchi terroristici francesi, si tenne un passo indietro sulla
Siria, ma questa vicenda – per la sua peculiarità geografica rispetto
agli interessi italiani - è diversa.
E se sulla politica estera
la via scelta è il coordinamento con gli alleati, il punto complicato è
come Renzi riuscirà a gestire questa vicenda all’interno. Già dopo i
fatti di Parigi tentò la strada di un coinvolgimento di tutte le forze
parlamentari in un vertice con i capigruppo a Palazzo Chigi ma adesso,
con una campagna elettorale che entra nel vivo, sarà molto più
complicato riuscire a coinvolgere i partiti. La legge della propaganda è
quella che ha seguito Salvini ieri, poi c’è la pressione dei 5 Stelle
pronti a usare il fronte libico in chiave anti-renziana, infine la
sinistra che può tornare ad abbracciare la bandiera del pacifismo.
Insomma spazi nuovi per una opposizione vicina al voto e in cerca di
argomenti elettorali forti.
L’unica breccia che si può aprire è
con Berlusconi. Ieri il Cavaliere è tornato in campo con una
dichiarazione proprio sulla Libia raccomandando un intervento «non
frettoloso». Toni molto diversi da quelli di Salvini non solo perché
sulla politica estera non tutte le posizioni sono coincidenti ma anche
perché le spaccature sulle amministrative e sulle candidature per Roma
mettono uno spazio tra i due leader. Una possibilità per Renzi che può
portarsi dalla sua il Cavaliere sul terreno “nobile” della politica
estera riuscendo ad allargare la maggioranza in caso si decida un
impegno diretto dell’Italia.
Ma la Libia vuol dire anche
immigrazione e minaccia di infiltrazioni terroristiche, altro tema
probabile di campagna elettorale visto che le elezioni si terranno –
come accadde per le scorse regionali – in coincidenza con la bella
stagione e con possibili nuove ondate di arrivi. Nella tornata
amministrativa di un anno fa, alcune sconfitte del Pd furono lette in
quella chiave: cioè l’effetto negativo che ebbero sugli elettori quelle
immagini di sbarchi continui, le stazioni di Milano e Roma occupate dai
migranti, la difficoltà a gestire i centri di accoglienza. Ecco tutto
questo potrebbe accadere di nuovo e con una maggiore gravità ora che
l’Europa è più divisa e la minaccia della sospensione di Schengen è
concreta.