Il Sole 31.3.16
Voucher solo nominativi
Beni e servizi. I titoli possono essere su carta o in formato elettronico
di Fr.d.F.
Sul
fronte del welfare aziendale, si presentano di estremo interesse le
previsioni contenute nell’articolo 6 del decreto 25 marzo 2016 relative
ai cosiddetti voucher, posto che le stesse trovano applicazione anche al
di fuori della disciplina propria dei premi di risultato. La legge
208/2015, infatti, ha sancito il principio secondo cui l’erogazione da
parte del datore di lavoro ai propri dipendenti o ai loro familiari di
determinati beni, prestazioni, opere e servizi può anche avvenire
mediante l’utilizzo di documenti di legittimazione, emessi in formato
tanto cartaceo quanto elettronico, riportanti un valore nominale.
Tale
intervento normativo risponde indubbiamente alla finalità di rendere
quanto più agevole possibile il ricorso al welfare aziendale da parte,
soprattutto, di imprese di medie e piccole dimensioni, difficilmente
strutturate per poter offrire ai propri dipendenti un’ampia gamma di
servizi.
Con l’inserimento del comma 3-bis nell’art. 51 del Tuir,
infatti, si codifica in una norma l’interpretazione resa dalla stessa
amministrazione finanziaria secondo cui eventuali disposizioni di favore
connesse alla fruzione di opere o servizi da parte del lavoratore
trovano applicazione a prescindere dal fatto che la stessa avvenga per
il tramite di strutture di proprietà del datore di lavoro ovvero esterne
all’azienda sempreché, in quest’ultimo caso, il dipendente risulti del
tutto estraneo al rapporto che intercorre fra azienda e l’effettivo
prestatore del servizio.
In secondo luogo viene ammessa la
possibilità che il documento di legittimazione riporti un valore
nominale, consentendo in questo modo di superare le difficoltà che le
aziende hanno spesso incontrato nell’indicare nel documento di
legittimazione esclusivamente il tipo di prestazione o il quantitativo
di beni o merci (si pensi, ad esempio, ai buoni benzina che solitamente
non riportano il numero di litri ma un controvalore economico).
Il
ricorso ai documenti di legittimazione, tuttavia, si può prestare ad
abusi e il motivo delle previsioni di cui all’articolo 6 del decreto
attuativo è esattamente quello di definirne con precisione i limiti e
l’ambito applicativo. Al comma 1 viene quindi stabilito che i voucher
devono essere nominativi e non possono essere utilizzati da persona
diversa dal titolare, non possono essere monetizzati né ceduti a terzi,
devono dare diritto ad un solo bene, opera o servizio e sono
utilizzabili esclusivamente per l’intero valore nominale rappresentato,
non essendo poi ammessa la possibilità per l’utilizzatore di integrare a
proprio carico l’eventuale differenza a saldo dei servizi legittimati.
Le deroghe ai richiamati principi sono contenute nei successivi commi 2 e
3 con cui viene ammesso, da un lato, che i beni e servizi di valore
inferiore a 258,23 euro possono essere cumulativamente essere
rappresentati da un unico documento di legittimazione, mentre,
dall’altro, che i buoni pasto continuino ad essere disciplinati dalla
normativa previgente.