Il Sole 22.3.16
Accordi economici e diritti umani
Lo sbarco di Corporate America
di Mario Platero
Pace
fatta dunque fra Stati Uniti e Cuba, pace storica, con un accordo
esplicito: in nome dello sviluppo e del ritorno delle aziende americane
all’Avana si potrà chiudere un occhio sulle differenze anche profonde su
diritti umani e democrazia.
Ecco il senso dello straordinario - e
pirotecnico - incontro di ieri fra il presidente degli Usa Barack Obama
e il presidente cubano Raul Castro, all’Avana, nel grande salone di
rappresentanza del Palacio de la Revolution. «Abbiamo un sistema
economico e politico diverso - ha detto Castro - non è opportuno che
queste differenze ostacolino il nostro rapporto». Obama gli ha fatto eco
con dichiarazioni quasi identiche: «Abbiamo differenze, ma possiamo
confrontarci in modo civile, abbiamo differenze anche con la Cina o con
il Vietnam sulle liberta civili, ma questo non signfica che non si possa
lavorare insieme. Detto questo continueremo a ripetere quel pensiamo
come facciamo dappertutto in materia di democrazia e diritti umani».
Prima
di tutto sviluppo economico insomma. È il denominatore comune che lega
Obama e Castro. Il primo deciso a dimostrare ai critici interni che con
il dialogo è meglio del confronto. Il secondo conscio che la
sopravvivenza del regime nato da una rivoluzione comunista dipenderà
dalla capacità di adattamento alle nuove sfide della globalizzazione.
Obama spera che i progressi verso democrazia e diritti civili ci possano
essere grazie alla crescita; Castro spera che la nomenclatura di
200mila persone che controlla questa bellissima isola dei Caraibi potrà
continuare ad esistere senza troppe concessioni sul fronte delle libertà
politiche e civili. Il tutto condito da accordi concreti: Starwood,
General Electric, Western Union, John Deere ed altri hanno già
annunciato intese con il governo cubano. E con una promessa di Obama al
leader cubano che la chiedeva durante la conferenza stampa: «L’embarago
finirà - ha detto Obama - finora abbiamo potuto fare modifiche
amministrative per aggirare la legge, ma stiamo arrivando alla fine. Ci
sono due cose per accelerare il processo: il cambiamento di certe regole
che non aiutano il mercato e l’introduzione di più libertà». Non si
tornerà indietro - ha detto Obama -, una prossima amministrazione
repubblicana che non rappresenti una continuità politica in America, non
tornerà indietro: «Anche perché abbiamo già dimostrato che le politiche
della chiusura applicate per 50 anni non hanno funzionato».
L’incontro
è stato “pirotecnico” in almeno un paio di occasioni. Il presidente
cubano ha risposto con durezza, rispolverando il piglio rivoluzionario a
Jim Acosta, corrispondente di Cnn, di origine cubana che gli chiedeva
dei prigionieri politici e della repressione cubane su libertà di stampa
e di espressione. «Lei ha mi ha forse chiesto SE abbiamo prigionieri
politici? Mi dia una lista. Mi dica quali sono questi prigionieri
politici e saranno liberati questa sera». Acosta ha anche chiesto a
Castro chi preferiva fra Hillary Clinton e Donald Trump: «Mi dispiace -
ha detto Castro - non voto negli Usa». Ma la provocazione di Castro è
andata oltre anche in risposta a una domanda simile di Andrea Mitchell
una delle più note corrispondenti di Nbc: «Andrea - ha detto subito
Castro -, ma lo sai che ci sono 64 indicatori delle libertà civili? E lo
sai che non c’è neppure un Paese che le soddisfa tutte? E lo sai
Andrea, che Cuba ne soddisfa 47? Per noi diritti civili sono i diritti
all’educazione e all’assistenza sanitaria per tutti...». Obama ha
abbozzato: «Su alcuni punti mi trovo d’accordo con Castro, ma su altri
siamo in disaccordo».Altri aspetti sui cui non ci trova d’accordo? Il
destino di Guantanamo Bay. Castro ha chiesto la restituzione immediata
dei territori “occupati” dagli americani. Ma Obama non ha affrontato la
questione. «Su Guantanamo hanno un caso legale e giuridico molto
agguerrito - ci ha detto un alto funzionario al seguito della Casa
Bianca - ma per noi la questione non andrà da nessuna parte». La
questione più importante sono le riforme per il mercato a Cuba: il fatto
che un’azienda debba assumere i dipendenti da un’agenzia statale, che
paghi l’agenzia statale diciamo 1.300 dollari al mese quando poi
l’agenzia passa al lavoratore solo 100 o 150 dollari al mese è prassi
fuori dal tempo, anche perché impedisce di dare premi o di punire chi
non lavora bene o chi si comporta male. L’appuntamento per nuove riforme
è ad aprile, al settimo congresso del partito Comunista cubano. Già
allora e ben prima delle elezioni americane, Cuba potrà fare passi in
avanti, attenzione, sul fronte economico non su quello politico. La
palla ora, dopo il viaggio di Obama, è in campo di Castro.