Il Sole 22.3.16
Faro dei Pm sulle prime 15 aziende con crediti in sofferenza
Etruria, ecco i prestiti alle società che hanno portato al dissesto
di Sara Monaci
AREZZO
Nell’inchiesta su Banca Etruria spunta un primo elenco di quindici
aziende con crediti declassati a livello di sofferenza, e che quindi
potrebbero aver contribuito al dissesto finanziario dell’istituto
bancario. Dissesto che poi ha portato alla dichiarazione di insolvenza
da parte del Tribunale di Arezzo e quindi all’apertura del fascicolo
sull’ipotesi di bancarotta fraudolenta da parte della procura.
Gli
inquirenti stanno cominciando a valutare la composizione dei crediti
deteriorati, da cui è derivata la necessità di una svalutazione per
oltre 1 miliardo effettuata da Bankitalia negli ultimi anni, e
soprattutto le motivazioni che hanno portato i cda della banca a
finanziare lautamente imprenditori con bassi meriti creditizi.
Ecco
un primo elenco, a cui dovrebbero aggiungersene molti altri: Sacci (con
50 milioni di fidi e 45 milioni di sofferenze); Acqua Mare, Acqua Pia
Antica Marcia, Acqua Marcia Turismo, del gruppo Francesco Bellavista
Caltagirone (con 79,3 milioni di fidi complessivi, di cui 45 milioni in
sofferenza); Energia Ambiente (a cui si registrano 24,5 milioni di
sofferenze); Sogeim (con 29 milioni di fidi e 23 milioni di sofferenze);
Privilege (a cui si registrano 20 milioni di sofferenze); Sanatrix e
Villa Pini, del gruppo Angelini (con, rispettivamente, 15 e 13,5 milioni
di fidi e, rispettivamente, 10,6 e 14,5 milioni di sofferenze);
Interporto di Roma (con 19 milioni di fidi e 17 milioni di sofferenze);
Abm (a cui si registrano 16 milioni di sofferenze); Rossi (con 24
milioni di fidi e 13,5 milioni di sofferenze); Cardinal Grimaldi (si
rilevano 12,3 milioni di sofferenze); Casprini Holding (con 15,5 milioni
di fidi e 9,4 milioni di sofferenze); Immobiliare Pascucci (con 16
milioni di fidi e 11,5 milioni di prestiti).
Di questo elenco, il
gruppo Casprini era già finito nel mirino degli inquirenti all’interno
del filone di indagine sulla mancata comunicazione di conflitti di
interesse, uno dei primi reati valutati dalla procura. Alcuni
amministratori avrebbero cioè concesso finanziamenti a imprese a loro
riferibili senza utilizzare l’iter previsto per i consiglieri che, di
fatto, finanziano loro stessi. Le attività imprenditoriali sospette
erano, a fine 2015, quattordici.
Ora c’è stato un salto di qualità
nell’inchiesta: i crediti concessi ad alcune aziende potrebbero non
solo aver violato le procedure formali, ma potrebbero anche aver
contribuito a causare il dissesto finanziario e quindi la bancarotta
fraudolenta. Alcuni imprenditori saranno ascoltati dalla procura per
ricostruire l’accaduto.
Oltre ai prestiti, sotto la lente ci sono
poi le questioni già note: i 17 milioni di consulenze e la politica
delle retribuzioni (la buonuscita da 1,2 milioni all’ex dg Luca Bronchi e
il milione di premi aziendali). Al vaglio degli inquirenti ci sono cioè
le scelte, le iniziative e le mancate decisioni dei vertici durante gli
ultimi dieci anni, cioè quell’insieme di «attività distrattive» che ha
contribuito ad abbassare i ratios patrimoniali della banca.
Al
momento sono stati iscritti nel registro degli indagati per bancarotta
fraudolenta i componenti dell’ultimo cda, tra cui l’ex vicepresidente
Pier Luigi Boschi, padre della ministra Maria Elena Boschi. L’inchiesta
per questo reato riguarda però almeno i due ultimi cda, quindi sia
quello più recente presieduto da Lorenzo Rosi, e rimasto in carica per
meno di un anno, sia quello guidato da Giuseppe Fornasari (entrambi sono
indagati, rispettivamente, per ostacolo alla vigilanza e emissione di
fatture false e per conflitto di interessi). Il procuratore capo Roberto
Rossi sta però procedendo per gradi, partendo dagli episodi più vicini e
più facilmente verificabili per poi tornare indietro nel tempo.