venerdì 18 marzo 2016

Il Sole 18.3.16
I nodi giuridici dei rimpatri. Sentenza depositata ieri
La Corte Ue: lecito inviare i migranti in Stati terzi sicuri
di Marina Castellaneta

Gli Stati Ue possono espellere un richiedente protezione internazionale in uno Stato terzo classificato come sicuro. E questo anche quando il Paese si dichiara competente a esaminare la richiesta in base al regolamento di Dublino e riprende in carico un cittadino extra Ue. È la Corte di giustizia dell’Unione europea a stabilirlo con la sentenza depositata ieri (causa C-695/15), che amplia il potere degli Stati ammettendo l’adozione di provvedimenti senza un esame caso per caso se si tratta di un Paese sicuro. Una posizione che rafforza gli Stati che puntano alla conclusione dell’accordo con la Turchia, oggi inclusa nell’elenco dei Paesi sicuri solo dalla Bulgaria. Sulla stessa linea la Commissione europea che già nell’Agenda europea sulle migrazioni ha chiesto il rafforzamento della nozione di Paese sicuro che, però, in diverse occasioni, non ha superato il vaglio della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha bloccato il funzionamento dello stesso regolamento di Dublino e ritorni verso il Paese competente che non assicura condizioni di vita dignitose nelle strutture di accoglienza.
A rivolgersi agli eurogiudici, il Tribunale amministrativo di Debrecen, Ungheria, alle prese con il ricorso di un cittadino pakistano che, dopo essere entrato illegalmente dalla Serbia e aver presentato un’istanza di protezione internazionale, si era allontanato e aveva raggiunto la Repubblica Ceca. Le autorità ceche avevano chiesto all’Ungheria di riprendere il cittadino extra Ue in forza del regolamento di Dublino n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide. L’Ungheria aveva riconosciuto la propria competenza in linea con il regolamento, ma non aveva accolto l’istanza di protezione dichiarandola irricevibile. Di conseguenza, il pakistano dovrebbe essere condotto in Serbia, Paese di entrata nello spazio europeo. Una decisione compatibile con il diritto Ue.
Il regolamento di Dublino - scrive la Corte di giustizia - non pregiudica il diritto degli Stati membri di inviare il richiedente protezione internazionale verso un Paese terzo sicuro. Un diritto che, per di più, spetta anche se uno Stato membro ha dichiarato la propria competenza a pronunciarsi secondo il regolamento Dublino III nel corso di una procedura di ripresa in carico. In questa direzione, nessun divieto deriva dalla direttiva 2013/32 sulle procedure comuni per il riconoscimento e la revoca dello status di protezione internazionale. È vero che il regolamento Dublino III richiede agli Stati membri di fare in modo che l’esame delle domande sia portato a termine ma questo, per Lussemburgo, non delimita il diritto degli Stati membri di inviare il richiedente verso uno Stato terzo sicuro.
Un’interpretazione che serve anche a evitare che i cittadini extra Ue presentino una domanda di protezione internazionale, si allontanino e, una volta ricondotti nel Paese membro, presentino un’altra istanza. Chiarita, quindi, la possibilità di inviare il richiedente in uno Stato sicuro, anche prima della pronuncia di merito sulla seconda istanza se il cittadino extra Ue si è allontanato senza attendere la decisione sulla prima domanda, la Corte ha anche escluso che sullo Stato competente in base al regolamento di Dublino gravi un obbligo di informare le autorità nazionali del Paese membro che ha proceduto al trasferimento del richiedente verso lo Stato responsabile della concessione della protezione internazionale. Questo vuol dire che, nel caso di ripresa in carico, lo Stato responsabile non ha obblighi verso altri Paesi membri e può procedere a inviare in uno Stato terzo sicuro. Unico adempimento, in base alla direttiva 2013/32, è che gli Stati forniscano alla Commissione un elenco dei Paesi considerati sicuri (e qui gli Stati procedono in ordine sparso) e che rispettino il diritto alla tutela giurisdizionale effettiva permettendo un ricorso al cittadino extra Ue.