Il Sole 18.3.15
La politica in numeri
A Roma il primo turno si trasforma in primarie
di Roberto D’Alimonte
A
 prima vista sembra difficile spiegare la decisione di Georgia Meloni di
 candidarsi a sindaco di Roma. Dopo Guido Bertolaso, Alfio Marchini e 
Francesco Storace arriva anche lei. Quattro candidati che si collocano 
tra il centro e la destra. Poi ci sono Virginia Raggi del M5s, Roberto 
Giachetti del Pd e un candidato della sinistra radicale il cui nome è 
ancora incerto. Forse Stefano Fassina, forse Ignazio Marino. Con tutti 
questi candidati le elezioni saranno una lotteria. Ed è proprio questo 
il motivo che ha spinto la Meloni a entrare in gioco. In una lotteria 
tutti (o quasi) possono provare a vincere. E allora tanto vale fare una 
puntata. Per lei, come per gli altri, la chiave sarà il ballottaggio.
Il
 sistema elettorale con cui si eleggono i sindaci è una specie di 
Italicum. I turni sono due. A differenza dell’Italicum si vince al primo
 turno solo se si arriva al 50% dei voti più uno. Nell’Italicum la 
soglia per vincere al primo turno è al 40%. Se nessun candidato arriva 
al 50% i due candidati più votati vanno al ballottaggio. Nel caso di 
Roma l’unica cosa certa è che nessuno vincerà al primo turno. Sarà il 
ballottaggio a decidere chi farà il sindaco. Ma chi ci arriverà? 
Difficile dirlo, ma è possibile che la Meloni possa essere uno dei due 
contendenti. Questa è la sua scommessa. Tra Bertolaso, Marchini e 
Storace potrebbe essere lei a prendere più voti. A Roma Fratelli 
d’Italia ha una base elettorale che pur non essendo solida come un tempo
 rappresenta comunque un bacino di voti di tutto rispetto. In più c’è da
 dire che la Meloni gode di una certa visibilità e di un discreto 
livello di popolarità.
Il fattore decisivo è il numero di 
candidati. In un contesto così frammentato i voti al primo turno si 
sparpaglieranno e questo abbasserà la soglia per conquistare uno dei due
 posti in palio al ballottaggio. Dunque, per arrivarci non sarà 
necessario avere il 30% dei voti. Ne basteranno meno. Forse parecchi di 
meno. Questo rende la competizione molto aperta. Quasi tutti i candidati
 possono illudersi di avere una chance. La Meloni tra questi. Ma anche 
così non è detto che ce la faccia. I vincitori del primo turno 
potrebbero essere il candidato del Pd e la candidata del M5s. Ma se 
invece fossero la Meloni e la Raggi oppure la Meloni e Giachetti?
Sono
 scenari interessanti. In entrambi i casi la leader di Fratelli d’Italia
 avrebbe una grossa opportunità. Sbaragliati i vari Bertolaso, Marchini e
 Storace al primo turno la Meloni diventerebbe naturalmente il punto di 
riferimento di tutto lo schieramento moderato al secondo turno. Tra 
l’altro il sistema elettorale delle comunali, a differenza 
dell’Italicum, prevede la possibilità di apparentamento tra primo e 
secondo turno. E così è molto probabile che la coalizione del 
centro-destra, che non si è formata ora, si formi dopo il primo turno. 
In pratica il primo turno funzionerebbe come delle primarie. Quella 
primarie che Berlusconi ha sempre rifiutato ma che la candidatura della 
Meloni finisce per imporre. Ma alla leader di Fratelli d’Italia non 
basterà vincere le primarie del centro-destra. Dovrà anche essere capace
 di prendere più voti di Giachetti o della Raggi. Solo così arriverà al 
ballottaggio. Superare Marchini e Bertolaso sarebbe una magra 
consolazione se restasse esclusa dal secondo turno.
Come abbiamo 
detto la partita è apertissima. E per la Meloni vale certamente la pena 
di giocarla in prima persona. La posta in gioco va al di là della città 
di Roma. Una eventuale sua vittoria ne farebbe non solo il sindaco della
 capitale, ma anche uno dei punti di riferimento per la riaggregazione 
della destra italiana dopo la fine del berlusconismo. Chissà, lei e 
Salvini potrebbero dividersi i compiti ovvero i territori. L’uno al Nord
 e l’altra al Sud. In fondo Lega Nord e Fratelli d’Italia sono partiti 
complementari geograficamente. Il primo ha sempre , e presumibilmente 
continuerà ad avere, la sua roccaforte elettorale nel Nord, mentre il 
Msi e le sue filiazioni, ultima delle quali il partito della Meloni, 
sono sempre stati molto più forti nelle regioni centro-meridionali.
Una
 ultima considerazione. Il giochino di trasformare il primo turno nelle 
primarie del centro-destra si può fare a Roma, ma sarebbe impossibile 
farlo alle politiche. Infatti se il quadro dentro il quale si andrà al 
voto sarà simile a quello attuale è praticamente certo che, se i partiti
 del centro-destra si presenteranno divisi al primo turno, saranno Pd e 
M5s ad andare al ballottaggio. Anche per questo motivo Roma rappresenta 
una ghiotta opportunità, seppur rischiosa. Ma di questi tempi se non si 
rischia si rimane ai margini del grande gioco. Matteo Renzi, con la sua 
sfida alle primarie per il sindaco di Firenze, ha fatto scuola. 
 
