Corriere 18.3.16
La giustizia torna a essere un’arma elettorale
di Massimo Franco
C’è
molta strumentalità nel modo in cui la giustizia torna a essere
brandita come un’arma di lotta politica. La condanna di Denis Verdini a
due anni per concorso in corruzione ha scatenato gli avversari di Matteo
Renzi, accusato con virulenza dal M5S e dalla Lega di governare con
lui. E l’imbarazzo con il quale la maggioranza del Pd nega di averlo
come alleato conferma quanto il tema rischi di inquinare la campagna per
le Amministrative. D’altronde, il premier aveva ironizzato poche ore
prima al Senato sull’arresto di un esponente locale del M5S per un reato
minore: gesto poco distensivo. E ieri il responsabile Giustizia dei
dem, David Ermini, ha pensato bene di replicare alle accuse ricordando
che gli unici leader condannati sono Silvio Berlusconi e Beppe Grillo.
Si tratta di una deriva che porterà acqua soltanto all’astensionismo; e
che sottolinea, ancora una volta, l’incapacità di sottrarsi a una
polemica tanto velenosa quanto sterile. Forse era inevitabile, in uno
sfondo frammentato e agitato da brogli, inchieste giudiziarie e lotte
intestine. La giustizia diventa così un altro pretesto di rissa
quotidiana: come i candidati a sindaco, le primarie, e il referendum
istituzionale dell’autunno prossimo. Fa parte di quella strategia della
delegittimazione reciproca che in realtà non salva nessuno. Non aiuta di
certo neppure la difesa d’ufficio di Verdini da parte dei suoi
senatori. Sostenere, come hanno fatto ieri, che «abbiamo purtroppo
assistito all’ennesimo atto di una giustizia politica», significa
rilanciare una guerra tra magistratura e classe politica, foriera di
altre tensioni. Ma più che l’alleato a intermittenza di Renzi, gli
attacchi hanno come bersaglio il presidente del Consiglio.
Evocare
la condanna di Verdini è un modo per demonizzare il «partito della
Nazione» renziano; per screditare le riforme fatte anche con i suoi
senatori; e per additare Palazzo Chigi come un grumo di affarismo e di
corruzione. Emergono tracce di ognuno di questi argomenti. Il
vicepresidente M5S della Camera, Luigi Di Maio, ironizza su Verdini
dicendo che «si arricchisce il curriculum di uno dei nuovi “padri
costituenti”». Dunque, picconata alle riforme. E ancora: «Verdini è il
modo di fare politica che meno mi piace sulla faccia della Terra, la
politica legata agli affari», incalza il capo leghista Matteo Salvini,
che pure ha un partito impelagato in più di un’inchiesta. E versa la sua
goccia di veleno il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris: «Renzi a
Roma si allea con Verdini condannato per corruzione. A Napoli fa
primarie truccate...». È un tiro al bersaglio pretestuoso, che il Pd per
ora subisce: in attesa di sviluppi che, c’è da giurarci, saranno usati
cinicamente in nome della giustizia.