Il Sole 16.6.16
Moda, il tessile
L’export in Cina sale a 800 milioni
di Rita Fatiguso
Shanghai,
 Chen Dapeng continua a guardare con sconfinata ammirazione al tessile 
italiano per ricavarne insegnamenti utili in casa propria. Il presidente
 di China national Garment association (Cnga) l’ente che raggruppa i 
colossi dell’abbigliamento, dice al Sole 24 Ore che «i miei associati 
devono fare le cose per bene e proporle al giusto prezzo, utilizzare i 
prodotti italiani fatti ad arte e vendere il prodotto finito in modo 
tale da giustificare la differenza di prezzo legata alla qualità».
L’Italia,
 insomma, può aiutare la Cina a imboccare la tanto sospirata strada 
dell’innovazione. In Cina molte aziende lo stanno facendo, anche a 
scapito di perderci sul prezzo finale. È da nove edizioni che Milano 
Unica in Cina fa anche questo, nell’ambito di Intertextile, grazie al 
ministero dello Sviluppo Economico, all’Agenzia Ice, a Sistema Moda 
Italia (Smi): è diventata il ponte tra i due sistemi economici.
L’ultima
 edizione, lo scorso mese di ottobre, è stata il miglior risultato di 
sempre, però mercoledì scorso il presidente di Milano Unica Ercole Botto
 Poala ha assistito all’assalto dei buyer nel primo giorno agli stand 
delle 78 aziende presenti in rappresentanza del tessile italiano di alta
 gamma, oggi si chiude, con soddisfazione. «I cinesi non c’erano a 
Milano perché erano i giorni del loro Capodanno, ma l’edizione 
autunno-inverno aveva registrato un significativo incremento del 3% su 
marzo 2015, con oltre 4mila operatori selezionati arrivati su invito, 
affascinati dallo stile italiano».
Botto Poala guarda già oltre e 
in parte il suo ragionamento collima con quello di Dapeng: è convinto 
che bisogna insegnare ai cinesi a comprendere e raccontare i nostri 
prodotti, non solo a fare qualità, ma a spiegarne le ragioni più intime.
 «Non è possibile che nei negozi i commessi mostrino semplicemente uno 
smartphone con prezzi e foto» sottolinea.
«Certo bisognerà 
contribuire a far circolare la cultura del tessile italiano, in tutta la
 Cina, a partire da Pechino che in questo, sul fronte culturale, gioca 
un ruolo determinante – dice Amedeo Scarpa, direttore Ice Pechino e 
coordinatore degli Uffici Ice in Cina –. Questa del tessile di alta 
gamma non è solo una questione commerciale». Le potenzialità di sviluppo
 per l’Italia, comunque, ci sono. I dati pure: nel periodo 
gennaio-ottobre 2015, le statistiche hanno registrato un aumento 
dell’export da parte delle nostre imprese verso la Cina del 9%, per un 
valore di circa 800 milioni di euro.
«È in atto una profonda 
rivoluzione nel sistema di vendite – spiega Alessandro Barberis Canonico
 - tra rete dei negozi in affanno e online a rischio falsi. Questo è uno
 snodo importante per l’export italiano».
Silvio Albini ex 
presidente di MIlano Unica, considera ormai questa rassegna «uno dei 
gioielli dell’internazionalizzazione attuata in questi anni dalla nostra
 associazione assieme al ministero dello Sviluppo Economico e ad Agenzia
 Ice, il braccio operativo nel mondo». «Certo è una versione ridotta 
rispetto a Milano ma molto significativa per il cliente che potrà 
entrare nell’atmosfera tessile dell’edizione estiva acquisendo le 
informazioni più importanti per il lavoro con le aziende, percorrendo 
atmosfere suggestive e altamente informative», aggiunge il direttore 
generale Massimo Mosiello. Essere arrivati alla nona edizione è un 
risultato importante, anche per l’esempio che ne deriva per altre 
realtà, ad esempio La Moda italiana che si svolge in contemporanea a 
Chic, nella stessa struttura di Hongqiao. «L’iniziativa di Milano Unica 
rientra nel “piano moda” del ministero dello Sviluppo Economico per 
sostenere e promuovere le esportazioni in Cina del comparto moda» 
ricorda Claudio Pasqualucci, direttore dell’Ice di Shanghai.
E si 
capisce il perchè. La Cina è un mercato talmente ampio e in evoluzione, 
soprattutto per quanto riguarda la capacità di spesa delle classi più 
alte e le nuove disponibilità economiche della crescente classe media, 
che neanche la frenata in corso può bloccare sviluppo e modernizzazione.
 
