Corriere 18.3.16
L’Irlanda festeggia la grande Rivolta
di Sara Gandolfi
Dublino meta dell’anno secondo il New York Times: dalla fabbrica dei biscotti
al carcere dove i leader ribelli furono giustiziati. Tutti tranne una, la contessa Constance
Nel
 palazzo dell’Oireachtas, il Parlamento di Dublino, c’è il ritratto in 
stile impressionista di un’aristocratica in abito da sera, la contessa 
Constance Markievicz. È da quella donna elegante, che il suo popolo oggi
 ricorda come un’eroina in divisa militare, che inizia il viaggio della 
futura Repubblica d’Irlanda, cento anni fa.
Era il lunedì di 
Pasqua del 1916 quando un gruppo di nazionalisti organizzò a Dublino la 
rivolta armata contro il governo britannico che «occupava» l’isola. Tra 
di loro c’erano poeti, insegnanti, avvocati e anche un commando di 
femministe e suffragette, le «Cumman na mBhan», capitanate dalla 
contessa. L’unica che fu risparmiata, fra i leader dell’insurrezione 
condannati a morte, dopo che il loro sogno finì, il 30 aprile, tra le 
rovine di una città bombardata. Eppure da quei sei giorni di sangue, 
come poi scrisse il poeta William Yeats, «tutto cambiò, cambiò 
completamente, è nata una terribile bellezza». Era l’inizio della lotta 
che nel 1922 portò alla nascita del «libero» Stato d’Irlanda, con la 
separazione del Sud dal Nord ancora oggi britannico.
Quale 
occasione migliore, dunque, del centenario di quell’avventura coraggiosa
 e un po’ folle per visitare Dublino, eletta dal New York Times «the 
place to be in 2016», meta turistica dell’anno. Appena finiti i 
festeggiamenti di San Patrizio, la città è pronta a celebrare la Rivolta
 di Pasqua, o Eastern Rising, con una lunga serie di eventi, parate, 
musica celtica e, c’è da scommetterci, un fiume di birra nei pub.
La
 prima tappa consigliata è in una casa georgiana del 18° secolo, il 
Little Museum of Dublin ( littlemuseum.ie ), affacciato davanti ai 
giardini di Stephen’s Green, dove la contessa Markievicz eresse le 
barricate prima di arrendersi ai soldati britannici appostati sul tetto 
dell’hotel Shelbourne (ancora oggi lussuosa sosta per una notte o un 
drink al Horseshoe Bar). Fino al 24 aprile vi sono esposte 60 grandi (e 
delicate) illustrazioni dell’artista Fergal McCarty che raccontano la 
Rivolta sotto forma di cartoon. Piacciono ai bimbi ma aiutano anche gli 
adulti a capire cosa successe allora.
I 1600 «volontari», con 
poche armi e poco avvezzi ad usarle, occuparono l’edificio del General 
Post Office sulla centralissima O’Connell Street, la fabbrica di 
biscotti Jacob’s e altri punti strategici di Dublino, e proclamarono 
l’indipendenza dell’Irlanda da Londra. Speravano che il popolo li 
avrebbe seguiti. Non fu così. Si trovarono invece di fronte migliaia di 
soldati britannici. Il bilancio fu di 450 morti e oltre 2500 feriti, tra
 cui moltissimi civili. Buona parte del centro cittadino venne distrutto
 dalle cannonate. I rivoltosi rimasti in vita finirono nelle celle umide
 del Kilmainham Gaol, il carcere del 1796 oggi trasformato in museo, 
dove i quindici capi dell’insurrezione vennero fucilati all’alba. Allora
 erano degli sconosciuti, oggi Patrick Pearse, Tom Clarke, James 
Connolly – che dovette essere legato a una sedia davanti al plotone di 
esecuzione perché non si reggeva in piedi - e tutti gli altri sono 
«martiri» della nazione. Nell’edificio del GPO c’era anche un giovane di
 nome Michael Collins, che poi diventò leader della guerra 
d’indipendenza (interpretato magistralmente da Liam Neeson nell’omonimo 
film). Per rivivere le loro gesta si può salire sul camioncino 
simil-militare del «Freedom Tour» ( 1916tour.ie ), con tanto di guida in
 divisa dell’Irish Citizen Army, o visitare la Witness History 
Exhibition ( gpowitnesshistory.ie ) nel ricostruito edificio del General
 Post Office, che racconta attraverso reperti storici e installazioni 
multimediali il tormentato percorso verso la nascita della Repubblica 
d’Irlanda. O anche fare un salto alla mostra interattiva alle Richmond 
Barracks, la caserma che dopo il 1916 diventò centro di detenzione per 
migliaia di sospetti nazionalisti.
La parata della domenica di 
Pasqua, con oltre tremila soldati schierati, sarà l’evento più 
significativo del centenario. Ma il consiglio è di concedersi anche 
qualche extra, come una serata allo storico Abbey Theatre, dove fino al 
23 aprile è di scena « The plough and the stars» , dramma provocatorio e
 ironico sulla Rivolta. A pochi passi dal teatro, vale una sosta 
gastronomica il Dublin Woolen Mills ( thewoolenmills.com ). Chi 
preferisce un fish & chips può optare per Leo Burdock, aperto 
nel 1913 ( leoburdock.com ). Per un pranzo veloce, a base di zuppe e 
sandwich, dirigetevi invece al 16 di North Great George Street, al 
Cobalt Café, un locale cool nascosto in una bella townhouse georgiana. E
 per tuffarvi nel mondo letterario prenotate un tavolo alla James Joyce 
House of the Dead, dove viene servito il menu della cena descritta 
nell’opera «The Dead», proprio nella stessa casa dove il giovane Joyce 
mangiò oltre 120 anni fa.
Un viaggio a Dublino non può dirsi 
concluso senza una pinta di birra. Bevetela nel tardo pomeriggio sulla 
terrazza panoramica della Guinness Storehouse, un imponente edificio in 
vetri a sette piani dove scoprirete i segreti della storia di questo 
marchio famoso in tutto il mondo. Per unire alla birra l’ascolto di 
musica irlandese scegliete un pub tradizionale, il O’Donogue’s o The 
Cobblestone Pub.
L’ultimo brindisi è per la contessa Markievicz 
che nel 1916 sfidò la corte che la giudicava: «Spero abbiate la decenza 
di fucilarmi», disse. La sua condanna a morte fu tramutata però in 
ergastolo e l’anno dopo arrivò l’amnistia. Nel dicembre 1918 gli 
irlandesi la elessero al Parlamento britannico ma lei non ci andò mai, 
rifiutando il potere di Londra. Diventò invece il primo ministro donna 
della neonata Repubblica d’Irlanda, mentre in Gran Bretagna le donne non
 sposate lottavano ancora per il diritto di voto.
 
