Il Sole 14.3.16
I migranti nel mondo sono oltre 244 milioni
Dal Duemila a oggi incremento del 41%
Le
persone nel mondo che vivono in un Paese diverso rispetto a quello di
nascita sono stimabili - a fine 2015 - in 244 milioni. Una platea di
“migranti” che si è ingrossata del 41% dall’inizio del secolo. A
rivelarlo, alla vigilia del vertice tra Ue e Turchia di giovedì
prossimo, è l’ultimo International Migration Report delle Nazioni Unite,
che analizza destinazioni, provenienza, concentrazioni dei soggetti
migrati all’estero.
di Rossella Cadeo
Questa
settimana, il 17 marzo, Ue e Turchia si incontreranno di nuovo nel
tentativo di trovare un’intesa sul nodo migranti. Un problema che sta
minando le basi stesse dell’Unione, a partire dalla tenuta di Schengen, e
la cui mancata soluzione ha, fra i suoi effetti, anche quello di
distorcere la visione della complessità del fenomeno migrazioni nel
mondo. Tanto che le ipotesi finora individuate (muri, chiusura delle
frontiere, trasferimenti “incrociati” dei profughi) si sono dimostrate
inefficienti o impraticabili, mentre cresce nell’opinione pubblica la
percezione di insicurezza e minaccia. Ancora scarsa è invece la
consapevolezza che i numeri che stanno investendo l’Europa - pur
importanti - rappresentano solo una parte del movimento di persone in
atto, da sempre, nel mondo. A fornirci i dati su questi spostamenti è
l’ultimo International Migration Report delle Nazioni Unite, che
analizza destinazioni, provenienza, concentrazioni dei soggetti migrati
all’estero.
Trend, origine e mete
Le persone che vivono in
un Paese diverso rispetto a quello di nascita sono stimabili - a fine
2015 - in 244 milioni. Una platea di “stranieri” che si è ingrossata del
41% dall’inizio del secolo.
Ad alimentare maggiormente le
partenze è in primo luogo il continente asiatico, con uno “stock” di 104
milioni di soggetti residenti altrove nel 2015 (quasi la metà del
totale mondiale): in particolare indiani (16 milioni), cinesi (10
milioni), originari del Bangladesh e del Pakistan. Anche l’Europa ha un
ruolo da protagonista nella “diaspora”, con 62 milioni (il 25% del
totale mondiale) tra i quali russi e ucraini in testa (11 e 6 milioni).
Mete
Come
è logico immaginare, chi se ne va preferisce i Paesi più appealing
sotto l’aspetto economico, pur tendendo a restare all’interno della
macro-area originaria (salvo gli europei: solo uno su due si è fermato
nel proprio continente a fronte dell’80-90% di chi proviene da Asia o
Africa).
Così, grazie alle carte che può giocare a livello di
ricchezza e welfare, il Vecchio continente è al primo posto tra le
principali aree di installazione degli immigranti (ne ospita 76
milioni), seguito dall’Asia (75 milioni) e dall’America del Nord (54
milioni).
Scendendo nel dettaglio, si notano comunque scelte molto
concentrate. Due terzi degli “stranieri nel mondo” abitano in appena 20
Paesi (si veda la grafica in alto).
In cima ai desideri di chi
cerca orizzonti che possano consentire un futuro migliore ci sono gli
Stati Uniti: con 47 milioni di “non autoctoni” assorbono quasi un quinto
del movimento mondiale, un dato che presumibilmente è alimentato dalla
forte presenza di cittadini provenienti dal Messico (subito dopo l’India
nella classifica dei Paesi più “abbandonati”). Si torna però in Europa
con il secondo e il terzo posto dei Paesi più ambiti: Germania e Russia
ospitano 12 milioni di migranti ciascuna. Seguono Arabia Saudita, Regno
Unito ed Emirati Arabi.
Profilo anagrafico
Il report delle
Nazioni Unite analizza anche il profilo dei migranti internazionali:
ebbene, per quanto riguarda il genere, la quota delle donne è scesa dal
2000 al 2015 (dal 49,1 al 48,2%), ma l’Europa così come il Nord America
restano le aree con le percentuali femminili più alte (intorno al 52%),
soprattutto a causa di una folta presenza di anziani e della maggiore
speranza di vita delle donne.
Relativamente all’età mediana, il
Report segnala un innalzamento da 38 a 39 anni, con gli africani che si
confermano i più giovani (da 28 a 29 anni). Cresciuta nell’arco di tempo
considerato anche la platea degli under 20: sono 37 milioni, il 15% del
totale. E - poiché la maggior parte (il 72%, 177 milioni) degli
stranieri è in età lavorativa - alto risulta il contributo che le
collettività immigrate possono dare al bilancio economico e demografico
del Paese ospite. Va anche evidenziato, tuttavia, che gli over 65 sono
il 12% (30 milioni) dei residenti totali nel mondo. E in Europa, già
alle prese con il rallentamento della natalità e il progressivo
invecchiamento della popolazione, questo “carico” pesa più che altrove
(18%).
In Europa
Resta il fatto che il numero degli
stranieri - sottolinea il rapporto - è cresciuto più velocemente della
popolazione mondiale, con il risultato che oggi tre abitanti su cento
sono nati in un Paese diverso da quello di residenza (erano il 2,8% nel
2000).
Tale incidenza raggiunge percentuali a due cifre, oltre che
in Nord America (15%) o in Oceania (21%), proprio in Europa (10%), oggi
pressata dall’emergenza profughi: dal 2000 al 2015 gli immigrati sono
infatti aumentati di circa 20 milioni rispetto all’inizio del secolo
(+34%, variazione comunque al di sotto della media mondiale, +41%), con
una distribuzione e incrementi che hanno maggiormente interessato i
Paesi a più alto indice di benessere (si veda la cartina in alto). Nel
Nord Europa si è infatti raggiunta la quota del 13% di stranieri
residenti rispetto alla popolazione (con le punta del 17 e del 14% in
Svezia e in Norvegia, dove comunque in totale non si arriva 2,5 milioni
di presenze) e nell’Europa occidentale l’incidenza è pari al 14% (con
l’Austria al 17% e la Germania al 15%, primo Paese ospite, con oltre 12
milioni di presenze). Quanto all’Italia gli stranieri sono più che
raddoppiati (da 2,1 a 5,8 milioni) e in Spagna triplicati (da 1,3 a 5,9
milioni).