il manifesto 3.3.16
Consacrazione di Xi nelle «due sessioni»
Cina.
Al via l'annuale Assemblea nazionale. Il presidente ha chiesto ai media
nazionali «lealtà assoluta», mentre viene approvato il Piano
quinquennale
di Simone Pieranni
Come ogni anno
nei primi giorni di marzo, dal 3 al 5, si terranno le «due sessioni»
(lianghui), tradizionale appuntamento «legislativo» di Pechino, con gli
incontri dell’Assemblea nazionale e della Conferenza politica consultiva
del popolo. Si tratta di quanto più simile a un parlamento esista in
Cina, benché le «due sessioni» si occupino per lo più di ratificare
quanto deciso dal Consiglio di Stato, dal governo e più specificamente
dal Partito comunista cinese.
Quest’anno dovrà essere sancito
l’avvio del nuovo piano quinquennale che dovrebbe porre le basi per la
nuova normalità cinese: meno crescita, ma migliore, di qualità superiore
al passato. Oltre ai tagli, si tratterà di migliorare le condizioni di
vita della popolazione, vera e propria bussola della dirigenza cinese
che ha l’obiettivo di raddoppiare il reddito pro capite della sua
popolazione entro il 2020. Analogamente verranno stabiliti i budget per
la difesa, per lo sviluppo del mercato interno e per la crescita
generale del paese, che dovrebbe situarsi intorno al 7 per cento.
Contrariamente a quanto accaduto nel passato, il vero protagonista della
politica nazionale è però il leader Xi Jinping. Se in passato il
Partito aveva accettato un tacito accordo in nome di una condivisione
collegiale della guida, Xi Jinping ha impresso una marcia molto
personalistica alla sua leadership.
E non pochi ne hanno fatto le
spese. Si parla, non apertamente, ovvio, di un nuovo culto della
personalità e una nuova rigidità della disciplina di Partito; entrambi
elementi che parevano abbandonati da una dirigenza che pareva essersi
ormai lanciata nella grande finanza e nel business internazionale.
Xi
Jinping non ha certo fermato la dinamica economica del paese,
perfettamente inserita nei gangli capitalistici internazionali, ma ha
voluto segnare il proprio passaggio con un ritorno a una sorta di
ortodossia ideologica sempre più netta. I tempi sono così diventati duri
per gli avvocati che si occupano di diritti civili e per le ong; ma
anche per i funzionari le cose sono cambiate.
La «frugalità»
chiesta ai membri del Partito e la feroce campagna anticorruzione hanno
portato a una generale situazione di tensione che pare favorire la
leadership di Xi. Oltre al numero uno, infatti, sembra ormai esserci il
vuoto totale; in silenzio appare anche quella «sinistra» messa
all’angolo proprio dal ritorno del’ortodossia ideologica. Un esempio è
arrivato nei giorni scorsi, come riportato dall’edizione cinese del
Global Times, costola dell’ufficiale Quotidiano del Popolo. Xi Jinping
ha invitato a studiare «un articolo dal suo predecessore Mao Zedong
inviando un segnale forte ai membri del Partito, affinché onorino
l’eredità del pensiero guida del Partito e rafforzino la costruzione di
Comitati di Partito». In questi giorni riecheggia dunque il concetto di
informazione come propaganda, tanto caro a Mao.
«È necessario che i
mezzi di comunicazione ripristino la fiducia della popolazione nel
Partito», era scritto in un editoriale del China Daily del primo marzo,
dopo un tour che il presidente Xi ha svolto all’interno degli uffici
delle agenzie di stampa del paese. A loro Xi Jinping ha chiesto «lealtà
assoluta», specificando che «i mezzi di comunicazione della nazione sono
essenziali per la stabilità politica». Il loro ruolo? «Amare e tutelare
il Partito, e aderire alla sua direzione nel pensiero, nella politica e
nell’azione».