il manifesto 31.3.16
Referendum scaccia referendum
Governo. Renzi ottiene il passaggio finale alla camera sulla Costituzione quattro giorni prima del voto sulle trivelle
Il presidente del Consiglio ha intenzione di lanciare il «suo» quesito confermativo un attimo dopo l’ultimo sì del parlamento
Rimandata
 fino all’ultimo la decisione sulle comunali, anticipata al primo giorno
 utile la chiusura della revisione costituzionale. E c’è chi teme 
l’incrocio
di Andrea Fabozzi
ROMA La camera non 
si fermerà nella settimana precedente il referendum del 17 aprile. Lo ha
 deciso ieri la presidente Laura Boldrini, facendo riferimento a «una 
prassi non univoca», dopo che maggioranza e minoranze non avevano 
trovato un accordo sul calendario d’aula. Le opposizioni volevano la 
pausa, motivandola con la necessità dei deputati di impegnarsi nella 
campagna elettorale, per un referendum ancora semi sconosciuto. Pd e 
alleati hanno risposto di no, con l’argomento che in questa primavera è 
già prevista una pausa per le elezioni amministrative – che si terranno 
il 5 giugno -, elezioni alle quali i proponenti avevano chiesto invano 
al governo di accoppiare il referendum.
Chiedendo la pausa, le 
minoranze – Forza Italia, 5 Stelle, Sinistra italiana e Lega – puntavano
 anche se non soprattutto a far slittare l’ultimo passaggio della 
riforma costituzionale. L’ultimo voto parlamentare è previsto – secondo 
l’articolo 138 della Costituzione – dopo «un intervallo non minore di 
tre mesi» dal precedente sì. Il senato ha già esaurito la pratica anche 
con la seconda lettura; la camera ha votato l’ultima volta l’11 gennaio 
dunque il primo giorno utile potrebbe essere l’11 aprile. Proprio il 
giorno che ha in mente il governo, per cominciare la discussione in aula
 e rapidamente finirla (i tempi sono contingentanti e non è più 
possibile presentare emendamenti) il giorno successivo. Poi, magari, il 
Pd sarebbe persino disponibile a sospendere i lavori per la campagna 
elettorale. Per il partito di Renzi, schierato per l’astensione, 
cambierebbe poco.
Le opposizioni cercheranno comunque di ritardare
 il voto finale sul disegno di legge Renzi-Boschi di revisione 
costituzionale: l’ostruzionismo non ha molti margini visti i tempi 
contingentati nella discussione generale, ma nella fase delle 
dichiarazioni di voto (oltre che con i richiami al regolamento, le 
eccezioni sul verbale e gli altri strumenti del filibustering) si può 
riuscire ad allungare i tempi, difficilmente però oltre mercoledì 13. 
L’ennesima battaglia parlamentare farà ulteriore ombra al referendum 
sulle trivellazioni, ma la scelta di Renzi di forzare la mano lascia 
poche alternative: sicuramente sarà il presidente del Consiglio a 
esaltare al massimo il passaggio della riforma in parlamento. E vorrà 
lanciare lui stesso il referendum «confermativo», anche se si tratta di 
una possibilità lasciata a chi si oppone alla revisione, quando la 
maggioranza non a raggiunge i tre quinti dei senatori e deputati.
Ed
 è questo il caso: nell’ultima votazione al senato il disegno di legge 
Renzi-Boschi si è fermato a 180 sì, malgrado il sostegno dei verdiniani.
 Né mai in tutti i precedenti quattro passaggi – il primo in senato 
nell’agosto 2014, poi alla camera nel marzo 2015, poi ancora al senato 
nell’ottobre dello stesso anno e alla camera nel gennaio 2016 – Pd e 
alleati (cambiati nel corso del tempo) sono andati oltre la maggioranza 
assoluta. Il referendum costituzionale dunque si terrà – verosimilmente 
ad ottobre – perché lo chiederanno i parlamentari di minoranza e anche i
 cittadini: il comitato del No comincerà a raccogliere le firme nel 
weekend immediatamente precedente, il 9 e 10 aprile. La sovrapposizione 
del referendum costituzionale a quello sulle trivellazioni è un modo per
 il governo per enfatizzare il voto di ottobre, quando dovrà vincere non
 potendo contare sull’astensione (in quel caso non prevista).
Qualcuno
 nell’opposizione teme ancora che sia possibile per Renzi anticipare il 
referendum, costituzionale in estate, accoppiandolo alle amministrative.
 Anche per questo faceva paura l’indecisione dell’esecutivo sulla data 
delle comunali, risolta però ieri da Alfano. Ma è uno scenario 
impossibile ancor più che improbabile: anche forzando al massimo i tempi
 previsti dalla legge sul referendum – e dopo l’annuncio del comitato 
del No di voler raccogliere le firme non dovrebbe essere possibile – la 
prima data utile per il referendum potrebbe essere quella del 19 giugno.
 Il 5 proprio no.
 
