il manifesto 2.3.16
Bersani attacca, il Pd lo sfotte
Renzi arrogante, siamo la Casa delle Libertà, ma non me ne vado
Il tentativo di unire un fronte antiMatteo da Letta a Richetti
Ma il congresso è ancora lontano
di Daniela Preziosi
«Lasciamo
stare le polemiche interne che non interessano nessuno». Con una
stretta di spalle il vicesegretario Lorenzo Guerini stronca la polemica
sulla battutaccia che Pier Luigi Bersani ha appena consegnato ai
cronisti in Transatlantico a proposito del «caso Verdini»: «Ormai siamo
diventati la Casa delle Libertà». Anche il presidente Matteo Orfini la
chiude là: «Non ho il tempo di occuparmi di Verdini o del congresso.
Sono impegnato a cercare di vincere a Roma». L’improvvisa impennata di
decibel dell’ex segretario Pd non impressiona il quartier generale
renziano, anzi. La replica della ministra Boschi alla richiesta di
anticipare il congresso era già abbastanza sprezzante: «Il congresso è
previsto nel 2017 e si farà nel 2017. Sarà la gente a scegliere tra chi è
più bravo a lamentarsi e chi, come Renzi, sta dimostrando con i fatti
la ripartenza».
Così ieri Bersani si è concesso uno sfogo con i
cronisti sull’ingresso di fatto di Denis Verdini nella maggioranza di
governo. Non è vero che al senato ormai mancano i numeri, come dicono i
renziani. «Come non era vero che avevamo bisogno di Berlusconi con il
Patto del Nazareno», ragiona, «è una scelta, Renzi scelga se vuol fare
quello che rottama o quello che resuscita e su questo bisognerebbe fare
una discussione anche congressuale». Ma il congresso è lontano. A
Bersani non è piaciuto il no del Nazareno alla richiesta di anticiparlo
avanzata da Roberto Speranza, candidato in pectore della minoranza Pd.
«Una risposta arrogante, tranciante».
Ironia della sorte, Renzi
aveva avuto «una mezza idea di anticipare il congresso», racconta un
dirigente di rango. Ma la minoranza ha trasformato la questione in un
braccio di ferro interno e ha ha fatto saltare tutto, almeno per ora.
Del resto i tempi sono stretti: a giugno del 2016 ci saranno le
amministrative, poi in autunno il referendum. Difficile incastrare il
lungo percorso del voto dei circoli e poi le primarie per il segretario-
candidato premier. La minoranza voleva tentare il colpaccio di far
anticipare il congresso prima del referendum, per non avere a che fare
poi con un Renzi vittorioso e rafforzato. Ma i tempi non ci sono. E in
più il segretario non ha alcuna voglia di concedere un jolly agli
avversari interni, benché ormai indeboliti e poco temibili.
Se ne
parlerà nel 2017, non prima della primavera. Per quella data le tre
minoranze del Pd (bersaniani, cuperliani ed ex civatiani) cercheranno di
ricostituire un fronte antirenziano più ampio e variegato possibile.
Puntando a riportare in trincea le glorie della precedente stagione come
l’ex premier Enrico Letta, e qualche renziano deluso come Matteo
Richetti. Puntando, più che a un’irrealistica vittoria, a non essere
spazzati via dalle liste delle politiche. «Una discussione la faremo
comunque, ci vedremo a Perugia», conclude Bersani.
E alla fine la
sparata dell’ex segretario punta proprio a «lanciare» la tre giorni che
la minoranza Pd ha organizzato a Perugia dall’11 al 13 marzo, un
appuntamento che altrimenti rischiava di passare inosservato per assenza
di notizia. Titolo: «Energie nuove per l’Italia». Non ci sarà
l’annuncio di nessuna scissione, anzi Bersani assicura: «La scissione la
faranno loro, non io. E per buttarmi fuori ci vuole un bel fisico».
Spiega Speranza: «La nostra sfida è ripensare il campo democratico,
ancorando il Pd al centrosinistra e superando ogni tentazione
trasformista».
Ma ormai è una riflessione fuori tempo massimo: è
Renzi che sta ripensando il campo democratico avvicinando a grandi passi
i centristi da Alfano a Verdini. Il 19 marzo si riunirò un primo
embrione di polo moderato pro-Renzi sotto la regia del viceministro
all’economia Enrico Zanetti. Ospite d’onore ovviamente l’ex braccio
destro di Berlusconi.
Quanto all’ancoraggio del Pd al
centrosinistra, la minoranza Pd finge di non vedere che ormai la
proposta è superata dai fatti, inservibile e irrealizzabile: alle
amministrative le alleanze sinistra si sono rotte un po’ dappertutto,
tranne a Milano, Cagliari e Trieste; alle politiche le alleanze a
sinistra sono vietate dall’Italicum, che premia la lista e non la
coalizione. Una scelta a cui la minoranza ha votato sì. Quella di
«continuare a costruire ponti a sinistra» è la proposta che anche Gianni
Cuperlo ha consegnato alla platea di Sinistra italiana due settimane
fa: provocando rumoreggiamenti ovviamente non amichevoli.