il manifesto 29.3.16
Cresce in Israele il sostegno al soldato-killer
Hebron.
Si moltiplicano gli appelli a sostegno del militare che giovedì scorso
aveva ucciso a sangue freddo un palestinese che aveva ferito un
israeliano a Tel Rumeida. E' un "eroe" per gran parte dell'opinione
pubblica. Critiche a Netanyahu e all'Esercito che hanno approvato il suo
arresto.
L'annuncio del raduno ieri a Beit Shemesh (Gerusalemme) a sostegno del soldato arrestato dopo aver ucciso un palestinese
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
«Riuniamoci tutti alle 18 all’incrocio grande, statale 38, per
affermare che il nostro soldato è un eroe».Questo annuncio apparso nella
cittadina di Beit Shemesh, alle porte di Gerusalemme, è solo uno dei
tanti apparsi in questi ultimi giorni a sostegno del militare israeliano
che giovedì scorso ha ucciso a sangue freddo un palestinese ferito e
immobile sull’asfalto, Abdel Fattah al Sharif, 21 anni, responsabile
dell’accoltellamento (senza gravi conseguenze) di un soldato a Tel
Rumeida, ad Hebron. La vicenda, emersa grazie al filmato girato da un
attivista palestinese del centro per i diritti umani B’Tselem, mostra
una società schierata in maggioranza dalla parte del soldato-killer che,
dicono e scrivono tanti israeliani, avrebbe fatto «la cosa giusta» e
sarebbe un eroe. La petizione pubblica che chiede di assegnare al
militare la “medaglia d’onore” ieri sera era stata firmata già da 51.900
israeliani. Intanto il palestinese che dalla propria abitazione ha
ripreso l’uccisione a freddo di Abdel Fattah al Sharif denuncia di
essere stato minacciato di morte da parte dei coloni israeliani di Tel
Rumeida che si sarebbero detti pronti a bruciare la sua abitazione se
non lascerà subito Hebron.
Il caso del soldato-killer, di cui non
si può rendere nota l’identità, ha innescato proteste contro il premier
Netanyahu e i vertici delle Forze Armate che la scorsa settimana,
avevano condannato l’uccisione sommaria del palestinese e approvato
l’arresto del militare. I ministri ultranazionalisti, a cominciare da
quello dell’educazione Naftali Bennett (Casa ebraica), criticano il
primo ministro, che pure è ideologicamente vicino alla destra radicale,
perchè ha condannato «troppo in fretta» un soldato che «ama la sua
patria» e «ha fatto il suo dovere». Oggi gli arresti del militare
saranno prolungati e alcuni deputati ed esponenti dell’estrema destra,
fra cui l’ex ministro degli esteri Avigdor Lieberman, saranno presenti
al dibattito per incoraggiarlo. Messaggi di dolore e di protesta vengono
diffusi in continuazione dalla famiglia, dall’avvocato e dagli amici
del militare che, secondo una tesi, avrebbe ucciso il palestinese a
sangue freddo perchè temeva che potesse azionare un corpetto esplosivo
nascosto sotto la giacca. Tesi smentita dalla testimonianza di un altro
militare il quale ha riferito al suo comandante che prima di sparare il
soldato sotto inchiesta gli aveva confidato «che il terrorista aveva
ferito un suo amico e meritava di morire». A nulla erano valse le
rassicurazioni offerte dal testimone sulle condizioni del soldato,
ferito solo leggermente dalla pugnalata subita. Inoltre dopo aver ucciso
il palestinese il militare è andato a stringere la mano a Baruch
Marzel, esponente dell’ala più radicale del movimento dei coloni,
accusato più volte in passato di aver preso parte ad azioni violente
contro la popolazione palestinese che vive intorno alle colonie ebraiche
a Hebron.
Le motivazioni del soldato, vere o false, in realtà
contano poco in un clima che, ha notato Natasha Roth del sito
d’informazione +972, sostiene e non scoraggia questo tipo di azioni. Un
sondaggio della rete televisiva Channel 2 mostra che il 57 per cento
degli israeliani è contro l’arresto del soldato ordinato dalla procura
militare. La pluralità degli intervistati, il 42 per cento, descrive la
sua azione «responsabile» mentre un altro 24 per cento pensa che
l’uccisione del palestinese sia stata una reazione naturale. Solo il 19
per cento ha detto che il soldato è andato oltre gli ordini ricevuti e
appena il 5 per cento parla di omicidio e approva la posizione presa da
Netanyahu e dall’esercito che hanno condannato l’uccisione sommaria del
palestinese (contro il 68% per cento). Sui social i commenti sono
persino più radicali delle risposte riferite dal sondaggio. Pagine e
profili di Facebook sono colmi di inni al soldato e al suo “coraggio” e
che esortano a seguire il suo esempio. Il punto centrale è quello degli
input che ricevono la società israeliana e i militari più giovani, dal
mondo politico e da quello religioso più oltranzista. Il rabbino capo
sefardita di Israele, Yitzhak Yosef, qualche settimana fa aveva definito
un “precetto religioso” uccidere gli assalitori palestinesi anche se il
capo di stato maggiore e la Corte suprema possono pensarla
diversamente. Ora lo stesso Yosef ricorda ai “gentili”, i non ebrei, che
potranno vivere in Israele solo se rispetteranno i “sette principi”
etici della legge religiosa ebraica. Contano anche le continue proposte
di legge della ministra della giustizia Ayelet Shaked (Casa ebraica) ben
inserite in questa atmosfera. L’ultima, approvata due giorni fa dagli
altri ministri, è volta a permettere ai giudici di punire con il carcere
i palestinesi minori di 14 anni condannati per “terrorismo”, un reato
dai margini larghi in Israele poichè include anche il lancio di sassi
contro jeep militari e auto dei coloni. «Il terrorismo non ha età – ha
commentato la ministra Shaked – e oggi non ci sono pene corrispondenti
alla crudele realtà che abbiamo di fronte. Se vogliamo creare un
deterrente e un cambiamento della realtà, allora dobbiamo apportare le
modifiche necessarie».
In casa palestinese l’esecuzione di Hebron è
considerata la regola e non l’eccezione da quando è cominciata
l’Intifada di Gerusalemme lo scorso ottobre. L’opinione pubblica nei
Territori occupati perciò non sembra seguire lo sviluppo del caso con
particolare attenzione. Esprimono oltraggio invece tutte le forze
politiche e il segretario generale dell’Olp, Saeb Erekat, che ha
comunicato di aver chiesto alle Nazioni Unite «l’apertura di un’indagine
ufficiale sulle esecuzioni extragiudiziali israeliane contro i
palestinesi» dopo l’incontro avuto con l’inviato dell’Onu Nickolay
Mladenov.