giovedì 24 marzo 2016

il manifesto 24.3.16
«Corruzione elettorale», arrestato Sandro Principe, Pd
Rende. L’ex sottosegretario e altri 9 in manette
di Silvio Messinetti

L’ultima apparizione pubblica il 10 marzo, in occasione della visita di Matteo Renzi e Luca Lotti a Cosenza. Adesso, giù il sipario. Sandro Principe va agli arresti domiciliari e finisce un’era. «Il cerchio si è chiuso» dicono ora a Rende avversari e fedelissimi.
L’arresto di Sandro Principe con le accuse di corruzione elettorale aggravata e concorso esterno in associazione mafiosa segna (forse) l’ultima tappa di un dominio politico durato mezzo secolo. Già, perché il legame tra la città del Campagnano e la famiglia Principe è viscerale. Dici Rende e pensi ai Principe.
Sandro impara a fare politica sotto la guida del padre, Cecchino, fiero avversario di Giacomo Mancini nel Psi, sindaco per quasi un trentennio di Rende oltre che sottosegretario e presidente di regione negli anni Ottanta. Sandro scala posizioni all’interno del partito, diventa uno dei maggiori azionisti della corrente craxiana. Tanto che nel 1987, a soli 35 anni, è già in Parlamento, primo degli eletti alla Camera in Calabria. Nella legislatura successiva viene rieletto a Montecitorio e con i governi Amato e Ciampi diventa sottosegretario al Lavoro. E’ tra i fondatori nel Pd ed è assessore regionale dem alla cultura nel 2005. Da subito tra i più fedeli custodi dell’ortodossia renziana era tra gli sponsor dell’attuale presidente calabrese, Mario Oliverio.
Secondo gli investigatori della Dda di Catanzaro in quel di Rende vigeva un «collaudato sistema ultradecennale», un intreccio politico-mafioso che ha consentito a candidati alle varie tornate elettorali per il rinnovo del consiglio comunale di Rende tenutesi dal 1999 e fino al 2011, per il rinnovo del consiglio provinciale di Cosenza del 2009 e del consiglio regionale della Calabria del 2010, di ottenere l’appoggio elettorale da parte di esponenti di spicco della cosca Lanzino-Rua di Cosenza, tutti condannati in via definitiva per associazione mafiosa, in cambio di favori vari. È quanto ha delineato l’inchiesta della Dda di Catanzaro che all’alba di ieri ha portato a nove arresti tra i quali 5 politici. Oltre a Principe, l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli (Ncd), l’ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo e l’ex assessore di Rende, Pietro Paolo Ruffolo. Con loro sono stati arrestati esponenti delle cosche Patitucci, Lanzino, Abbruzzese e Bruni. Dieci persone in tutto.
Tra le attività illecite che sarebbero state riscontrate figurano quelle connesse all’affidamento in gestione di locali pubblici comunali a beneficio di affiliati al clan, all’assunzione nella società municipalizzata per la gestione dei servizi comunali di soggetti inseriti o contigui al gruppo criminale, al mancato licenziamento di alcuni di questi dopo avere riportato condanne e la promessa di erogazione di fondi pubblici per finanziare una cooperativa creata ad hoc da un esponente di spicco della cosca per la gestione dell’area del mercato di Rende. Le assunzioni alla municipalizzata, in particolare, avrebbero riguardato vari esponenti della cosca, tra cui il capo indiscusso, Ettore Lanzino