giovedì 24 marzo 2016

Corriere 24.3.16
Voto di scambio con la ‘ndrangheta Arrestato l’ex sottosegretario Principe
In politica dagli Anni 70, già socialista e ora nel Pd. «Era uomo dei boss del Cosentino»
di Carlo Macrì

RENDE (Cosenza) Era il «padrone» della città di Rende. Ogni scelta politica che ricadeva su quel territorio doveva necessariamente avere il suo assenso, così come le attività dell’amministrazione comunale erano lo specchio delle sue scelte. La lunga carriera politica di Sandro Principe — un passato da socialista e un presente dentro il Pd —, si è fermata ieri davanti alle pesanti accuse della Procura di Catanzaro: concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio; ora è agli arresti domiciliari.
Già sottosegretario al Lavoro nei governi Amato (‘92) e Ciampi (‘94), ex sindaco di Rende ed ex assessore e consigliere regionale della Calabria (2005-2010), avrebbe costruito il suo potere politico «scendendo a patti» con le maggiori cosche di ‘ndrangheta dell’Alto Cosentino: i Lanzino-Rua, gli Abbruzzese (detti gli zingari), i Patitucci e i Bruni — scrivono i magistrati —, dal 2000 in poi avrebbero deciso di puntare su Principe come politico di riferimento, da «mungere» in cambio di preferenze.
Per il procuratore aggiunto Vincenzo Luberti e il sostituto Pier Paolo Bruni — che hanno coordinato l’inchiesta «The System» —, si spiega così la carriera senza ostacoli di Principe al timone della politica locale fin dagli anni Settanta.
Prima di lui era stato il padre «Cecchino» ad avere le redini del Comune, la cui programmazione urbanistica è stata un esempio per molti altri centri calabresi. Il «modello Rende», però si sarebbe trasformato negli anni in un «sistema Rende», regolato attraverso la spartizione di soldi, clientelismo, affari. E la politica? Solo «merce di scambio».
Il gip ha disposto i domiciliari anche per altri quattro politici legati a Principe: Rosario Mirabelli (Ncd), ex consigliere regionale, Umberto Bernaudo, Pietro Paolo Ruffolo e Giuseppe Gagliardi, entrambi pd, rispettivamente ex sindaco ed ex assessori di Rende. Anche loro avrebbero fatto parte del «patto» politico-mafioso a favore delle cosche locali. In occasione delle tante elezioni, comunali, regionali e anche per le primarie del Pd del 2007, i boss si sarebbero federati per cementare la loro «forza criminale» da spendere per convincere gli elettori a votare per Principe e i suoi. Si parla di soldi, poi, 100 mila euro, in un’intercettazione dove Adolfo D’Ambrosio, legato al boss Ettore Lanzino, afferma: «No, a me mi deve dare i soldi, cento carte e facciamo quello che volete, in silenzio, come abbiamo fatto sempre!».
Dalle carte dell’inchiesta sviluppata dai carabinieri di Cosenza — grazie alle dichiarazioni dei pentiti, ma anche attraverso le testimonianze di funzionari comunali e da centinaia di file d’intercettazioni —, emerge la disponibilità di Principe a scendere a patti con la criminalità. Anche in modo sfacciato. Proprio per favorire molti esponenti dei clan il politico avrebbe costituito due società municipalizzate dove ha trovato lavoro lo stesso boss Lanzino. Che il Comune ha continuato a pagare «regolarmente» anche durante gli anni della sua latitanza.