il manifesto 22.3.16
Quanto vale il bosone di Higgs?
Scienza.
Uno studio analizza i costi e i benefici dell’acceleratore di
particelle di Ginevra. E il bilancio è tutto in positivo, sia per i
giovani ricercatori che per le imprese
il tram numero 18 che porta al Cern (l'edificio sullo sfondo)
di Andrea Capocci
La
ricerca scientifica di base sembra un lusso, ma in realtà è un affare. È
la conclusione di uno studio realizzato da Massimo Florio, Stefano
Forte (Università di Milano) e Emanuela Sirtori, del Centre for
Industrial Studies. I tre esperti hanno analizzato i costi e i benefici
derivanti dal Lhc, l’acceleratore di particelle situato al Cern di
Ginevra, dove nel 2013 è stato scoperto il bosone di Higgs. Secondo la
ricerca, nel 2025 (quando Lhc cesserà le operazioni) la ricchezza
generata dall’acceleratore supererà di tre miliardi di euro i costi. In
ogni caso, la probabilità che il bilancio finale sia positivo è pari al
90%.
Lo studio, leggibile all’indirizzo
http://arxiv.org/abs/1603.00886, arriva al momento giusto. Proprio in
queste settimane, infatti, il governo è oggetto di critiche per la
cronica scarsità di finanziamenti alla ricerca (con l’appello
#salviamolaricerca lanciato dal fisico Giorgio Parisi), per la gestione
del Technopole milanese nell’area dell’Expo e per il rifiuto di una
parte dell’accademia a sottoporsi a procedure di valutazione, finché non
saranno riconosciuti a docenti e ricercatori gli scatti di anzianità
illegittimamente negati. Se i dati dimostrano che la ricerca, persino
quella di base, fornisce un ritorno economico immediato, le ragioni
dell’austerity appaiono ancor più deboli.
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Allora
vale la pena leggere i dati. Analizzare un centro di queste dimensioni
(oltre duemila dipendenti fissi, con punte di tredicimila persone al
lavoro contemporaneamente a Ginevra) è operazione delicata e complessa.
Oltre all’analisi di bilanci e pubblicazioni scientifiche, la ricerca ha
richiesto ben 1500 interviste con ricercatori, imprenditori e
consulenti. Alla fine, i costi di oltre trent’anni di ricerca e sviluppo
(la costruzione del Lhc è iniziata nel 1993) sono stimati in tredici
miliardi di euro.
Ancor più difficile sembra valutare i benefici
economici della ricerca fondamentale, un’attività che produce risultati
imprevedibili e immateriali per definizione. «Nessuno conosce in
anticipo il valore d’uso per la società della possibile scoperta delle
particelle supersimmetriche», scrivono gli autori. Oggi grazie alla
relatività di Einstein possiamo utilizzare il sistema Gps. Ma un secolo
fa sarebbe stato difficile prevederlo.
Florio, Forte e Sirtori
scelgono di non tenere conto delle future applicazioni delle scoperte
scientifiche, in modo da ottenere una stima forse meno ottimistica, ma
più affidabile dei benefici del Cern. Piuttosto, si concentrano su
quattro generi di «merci»: le pubblicazioni scientifiche, il prestigio
in termini di carriera per studenti e giovani ricercatori, i vantaggi
per le aziende che collaborano con il centro di ricerca, e l’attività di
comunicazione scientifica. Tra queste, i maggiori beneficiari sembrano i
giovani scienziati. Il differenziale di reddito garantito
dall’esperienza di ricerca al Cern ammonta complessivamente a oltre
cinque miliardi di euro, da dividere tra le migliaia di studenti,
dottorandi e post-doc che saranno passati a Ginevra tra il 1993 e il
2025.
L’altra grande componente riguarda le aziende. I vantaggi
per le imprese che collaborano con il Cern derivano dalla possibilità di
vendere ad altri clienti i prodotti sviluppati nell’ambito dei progetti
di ricerca. Secondo l’analisi, risulta decisivo l’atteggiamento del
Cern sul piano della proprietà intellettuale: «l’effetto è tanto
maggiore quanto più le tecnologie sono elaborate in collaborazione, in
quanto il Cern non brevetta quasi mai le invenzioni che mette a punto»,
scrivono gli autori. Di conseguenza, chiunque può utilizzare le
innovazioni tecnologiche create al Cern senza pagare royalties. Inoltre,
il software sviluppato a Ginevra viene distribuito con licenze aperte e
gratuite, e non è una risorsa da poco.
Il Cern è un centro di
innovazione importantissimo per l’informatica. Qui è nato il World Wide
Web, ad esempio (anche se lo studio non ne tiene conto). Gli esperimenti
che si svolgono al Lhc producono 1 Gb di dati al secondo, per
analizzare i quali servono algoritmi della massima efficienza.
Applicativi come Root e Geant4 sono utilizzati in tutto il mondo
rispettivamente per l’analisi statistica e per la simulazione
dell’interazione particelle-materia, anche in ambito sanitario. Nel
complesso, la ricaduta positiva sulle imprese è pari al 39% dei costi.
«Il 62% di essa proviene dal software libero».
I benefici per i
giovani ricercatori e per le imprese coprono insieme l’80% dei costi. Il
resto viene dalle pubblicazioni e dal valore immediato della conoscenza
scientifica, cioè quanto i cittadini sono propensi a pagare per averla a
disposizione. Sempre che un governo troppo miope non si metta di
traverso.