il manifesto 22.3.16
Il padre di Boschi indagato? La Rai lo nasconde
Governo.
La tv pubblica glissa sulla notizia delle indagini per Banca Etruria,
Sinistra italiana e M5S sono gli unici a protestare. I grillini
ripropongono al senato la mozione di sfiducia verso la ministra, ma
adesso l'esecutivo può contare sui voti di Verdini
di Andrea Colombo
ROMA
Pierluigi Boschi? Chi è costui e perché ci si dovrebbe occupare delle
sue traversie giudiziarie? Il padre della ministra Maria Elena è
indagato per bancarotta fraudolenta, insieme a tutti i vertici di Banca
Etruria. Un fattaccio non privo di conseguenze pesantissime per la vita
materiale di numerosi disgraziati che, in virtù della gestione allegra e
forse fraudolenta, ci hanno rimesso la camicia. Una notizia che appena
tre mesi fa avrebbe occupato le prime pagine, e che era temutissima
nelle file dei parlamentari del gran capo.
Ma in questi pochi mesi
la normalizzazione renziana ha fatto passi da gigante e la presa sui
media è diventata ferrea, raggiungendo livelli a cui Silvio Berlusconi
non si era mai neppure avvicinato. Per il servizio pubblico la notizia
non esiste: ci manca solo che si debba dar conto di ogni attività
giudiziaria! La grande stampa, comprese le testate che se l’allora
Cavaliere parcheggiava in doppia fila gridavano al colpo di stato,
derubrica a fattarello.
L’informazione dà il peggio, ma la
politica non sfigura. Solo l’M5S e Sinistra italiana trovano qualcosa di
bizzarro nel silenzio stampa. Lo fa notare Beppe Grillo, senza calcare
troppo la mano: «Imbarazzante». Lo bolla come «scandaloso» la capogruppo
al senato di Si Loredana De Petris. Per il resto nessuno di quelli che
ai tempi di Minzolini direttorissimo insorgevano quotidianamente ci
trova niente da ridire. Non latita invece la difesa d’ufficio,
appassionata. «Che barbarie far ricadere sui figli le colpe dei padri»,
s’indigna Cicchitto.
La ministra coglie al volo il cambio di clima
politico-mediatico e ci mette del suo per accentuarlo quanto più
possibile. Aveva in programma una lezione agli studenti romani della
Sapienza: non vede motivo per rinviare e neppure per accennare, nella
dotta prolusione, a miserie come quella aretina.
In parlamento
suonerà la stessa mesta musica. La mozione di sfiducia del Movimento 5
Stelle giace al senato da oltre tre mesi. Fu discussa e respinta alla
camera, dove i numeri garantivano sonni serenissimi, mentre palazzo
Madama sembrava allora più minaccioso, con quel vantaggio esiguo e
ballerino che consigliava la sepoltura in un provvido cassetto. Da
allora le cose sono cambiate e quindi, prima o poi, la mozione, ora
reiterata dall’M5S, verrà discussa. Più poi che prima però, non perché
sussistano timori di sorta ma perché di questa storiaccia meno e più
tardi se ne parla, meglio è.
I pentastellati chiederanno per oggi
una conferenza dei capigruppo per calendarizzare la loro richiesta di
sfiducia: difficilmente la otterranno dal presidente Piero Grasso. In
ogni caso, il calendario della settimana è già fissato e figurarsi se lo
si modifica per una bazzecola del genere. Poi arriva Pasqua, con la sua
settimana di riposo per l’esausta aula, e alla riapertura si vedrà.
Inutile scalmanarsi, che tanto l’esito è scontato.
«Se
ripresentano la sfiducia verrà respinta», chiosa serafico il
vicesegretario dem Lorenzo Guerini, con l’aria infastidita di chi
preferirebbe non sciupare il prezioso tempo. Ha ragione. L’appoggio dei
verdiniani alla ministra è sicuro, ma anche Forza Italia, per
comprensibili motivi, non affonderà la lama. La battagliera minoranza Pd
la cercano a «Chi l’ha vista?». La regola «Il silenzio è d’oro» ha
unificato ieri le anime solitamente vocianti del partitone. Resterebbe
la temuta opinione pubblica, che specie alla vigilia delle elezioni
potrebbe invece impensierire. Ma niente paura: a quella ci penseranno i
fedeli media. L’ordine regna ad Arezzo.