il manifesto 22.3.16
Cosa c’è in tv? Renzi, Renzi e ancora Renzi
I
dati dell'Agcom. Nessun presidente del consiglio, almeno dal 2009, ha
mai avuto tanto spazio nei tg Rai. E questo spazio negli ultimi mesi è
aumentato
di Giandomenico Crapis
Qualche giorno
fa l’Agcom ha pubblicato le tabelle di febbraio sul monitoraggio del
pluralismo sociale e politico-istituzionale delle tv nazionali. Se il
nostro è un paese che in molti pensano “intossicato” dalla politica,
ebbene, il primo dato è di conferma. Al peggio. I tiggì Rai dedicano
alla politica e ai politici uno spazio abnorme: nel mese di febbraio i
tg pubblici hanno dedicato il 73% delle notizie (l’80% Mediaset!) alla
politica, ai suoi vari livelli (locale, nazionale, istituzionale,
europeo), e ai suoi esponenti.
Tutto il resto (dal sociale alla
cronaca, dalla cultura allo spettacolo e allo sport) ha occupato un
posto marginale. Una vera e propria patologia, e grave, se solo si
considera che una ricerca dell’Osservatorio di Pavia di qualche anno fa
certificava che, nei principali tiggì europei, lo spazio della politica
non superava il 20%. E in Italia il dato, rispetto a quella ricerca del
2008, è ulteriormente peggiorato.
Se poi ci chiediamo come si
ripartisce questa torta gigantesca e sproporzionata di politica,
constatiamo che a febbraio, in Rai, oltre il 26,5% è andato ai partiti
di maggioranza (con un incremento del 5% rispetto a gennaio); il 22% a
quelli di opposizione (con un decremento del 3,5%); il 20% è andato al
premier (+ 4% rispetto a gennaio); il 13,5% al governo (-4,5%); il 6,5%
al Presidente della Repubblica (+1,5%). Tra i partiti, poi, il Pd cresce
al 20,3% (+ 5 rispetto a gennaio), poi, a distanza, c’è il M5S al 7 (-
2,5 rispetto a gennaio), la Lega al 6 (+ 2), l’ Ndc al 5,7 (+2,5) Forza
Italia al 5 (-1,5), Sel al 3 (-1,1); tutti gli altri sono sotto l’1%.
Insomma
alla iperpoliticizzazione malata nei telegiornali si somma il dato,
altrettanto patologico, dello spazio concesso all’opposizione che è
ridotto al 20% e poco più. Tutto il resto va a maggioranza, governo,
presidente del Consiglio, nonché (ma poco) ai Presidenti della
Repubblica, del Senato e della Camera.
Leggendo questi numeri ci è
venuta voglia di andare a curiosare meglio e più a fondo tra le cifre
fornite dall’Authority nel corso del tempo, analizzando questa volta una
singola voce: cioè lo spazio di parola concesso dai tiggì della Rai ai
premier in carica negli ultimi anni, partendo dal dato più recente di
febbraio, che a Renzi riserva il 20% del tempo “politico”. Naturalmente
la prima cosa che ci premeva verificare era vedere se sia sempre stato
così, anche con i suoi predecessori, con Letta, con Monti, con
Berlusconi. Ed ecco cosa abbiamo scoperto.
Ora Renzi è un tipo
ciarliero, si sa, ma lo spazio che i telegiornali Rai gli hanno offerto e
gli offrono va aldilà della pur gioviale, e spesso stucchevole,
parlantina del premier. La notizia, però, è che un Presidente del
Consiglio non ha mai avuto tanto spazio, secondo i dati storici
dell’Agcom, almeno dal 2009 fino ad oggi, e che questo spazio è
aumentato nel corso degli ultimi mesi. Vediamo il dettaglio.
Il
premier Berlusconi tra la metà del 2009 e la fine del suo governo
(ottobre 2011) ottiene circa il 12% del tempo di parola (con una punta
di 21 a luglio 2009); Monti fa molto meglio, con quasi il 18% di media
(e una punta del 24% a maggio 2012): con lui il feeling dei tiggì è
molto alto, e la cosa contribuirà non poco al successo del suo
raggruppamento alle elezioni del 2013; meno visibile ed “amato” dai tg
invece è Enrico Letta, che totalizza il 14,5 dello share informativo sui
telegiornali. Ma è con Renzi che il quadro viene sovvertito: egli
amplifica il dato che già a Monti aveva garantito visibilità (e voti), e
nei suoi due anni di governo si attesta su una media di oltre il 18%.
Sono, però, le punte stratosferiche raggiunte in alcuni mesi (30% marzo
del 2014 – ci stava, effetto slides, luna di miele, etc.- ma 34% lo
scorso dicembre!) ad apparire inedite, mentre è del tutto sconcertante
il dato degli ultimi otto mesi, che vede il premier occupare il 21,24%
di media del tempo di parola concesso ai politici nei telegiornali Rai.
Il
fatto risulta nuovo e senza precedenti, almeno nella storia dei tiggì
dell’azienda pubblica degli ultimi anni, che ai vari Presidenti del
Consiglio aveva concesso il microfono molto meno. Tutto ciò senza
contare le ripetute comparse del premier sia nei programmi leggeri, che
in quelli informativi extra tg.
Quando De Gaulle occupava la tv
francese, l’opinione pubblica d’oltralpe reagì coniando il termine
“telecrazia”. Qui non pare che la reazione sia altrettanto forte. Anzi,
il silenzio è grande. Tramontati i tempi dei girotondi e la stella
dell’ex Cavaliere, dalle forze politiche di opposizione (ma Berlusconi
si consola con le percentuali bulgare sui ‘suoi’ telegiornali), dal
mondo della cultura impegnata, dalle istituzioni di vigilanza, dai media
arrivano, quando giungono, flebili parole di circostanza. A proposito: a
cosa serve la commissione presieduta dal grillino Roberto Fico e a che
serve la stessa Agcom, se poi le sue tabelle restano lettera morta? E
Maggioni, Campo dall’Orto e Verdelli cosa ne pensano?