martedì 1 marzo 2016

il manifesto 1.3.16
L’affaire Lech Walesa
Storie. Decine di migliaia in piazza a Varsavia e Danzica con le forze d’opposizione. In tanti con la maschera di cartone dalle fattezze dell’ex leader di Solidarnosc per protestare contro il processo mediatico che, insieme all’«Istituto della memoria nazionale», lo accusa di essere stato al soldo della ex dirigenza «comunista»
di Giuseppe Sedia

VARSAVIA Sale di nuovo la temperatura in Polonia dopo le proteste contro il governo a novembre scorso. Secondo la sindaca di Varsavia Hanna Gronkiewicz-Waltz, c’erano circa 80 mila persone a sfilare nelle strade della capitale formando un corteo che ha attraversato il centro della città. La protesta è culminata in un raduno delle forze dell’opposizione nel primo pomeriggio intorno allo Stadio Nazionale costruito all’indomani degli Europei di Calcio del 2012.
Molti manifestanti indossavano una maschera di cartone con le fattezze di Lech Walesa per protestare contro il processo mediatico del quale è vittima l’ex-leader di Solidarnosc dalla settimana scorsa. Lo scorso 22 febbraio, l’Istituto della memoria nazionale (Ipn) aveva deciso di divulgare i dossier su Lech, compilati dagli ex Servizi di sicurezza (Sb) durante il comunismo. L’ex leader storico di Solidarnosc è l’ennesima vittima di lusso della campagna di moralizzazione delle istituzioni rivolta contro i cittadini sospettati di aver collaborato come informatori al soldo della dirigenza comunista.
Tra epurazioni e orbanizzazione
Da un lato, le proteste possono essere lette come un segno di vitalità molto importante da parte delle forze giovani della società civile contro la politica di orbanizacja del paese. Dall’altro, suonano come una conferma del successo della strategia perseguita dal leader PiS Jaroslaw Kaczynski che mira a polarizzare al massimo l’opinione pubblica polacca.
Negli ultimi cinque anni, l’Ipn era stato marginalizzato dal partito di centro-destra Piattaforma civica (Po) dell’ex-premier e presidente del Consiglio europeo Donald Tusk per evitare una caccia alle streghe in linea con la dottrina della gruba kreska (in italiano «grossa linea»), quella politica di rottura con il passato annunciata dal premier Tadeusz Mazowiecki all’indomani degli accordi della tavola rotonda nella primavera del 1989.
Sono due i faldoni ritrovati e sequestrati in casa della moglie del generale Czeslaw Kiszczak, ex-numero due della giunta che aveva imposto la legge marziale a Varsavia dopo l’ascesa del sindacato libero fondato dallo stesso Walesa. Dopo la scomparsa del marito avvenuta a novembre scorso, la vedova Kiszczak ha provato in vano a vendere i documenti sul premio Nobel polacco direttamente al presidente dell’Ipn Lukasz Kaminski.
Secondo il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza, Kaminski starebbe facendo di tutto per mettersi in luce presso i dignitari del PiS. Una mossa ardita che gli permetterebbe di mantenere il suo incarico in un momento in cui il partito della premier Beata Szydlo sta accelerando sulle nomine politiche dei dirigenti e degli impiegati nella pubblica amministrazione. Una scelta che sembra confermare che la campagna di lustracja (epurazione) condotta dal PiS è parte integrante del programma di orbanizzazione forzata del paese voluta dalla formazione di destra. Grazie a un’intensa attività editoriale da parte dell’Ipn, storici quali Slawomir Cenckiewicz and Piotr Gontarczyk, autori di un libro inchiesta sui rapporti tra Walesa e l’Sb, hanno portato alla nascita di una scuola revisionista sui rapporti tra cittadini e istituzioni in Polonia nell’era del Patto di Varsavia.
Negli ultimi due decenni la sigla fondata da Walesa, tradizionalmente cattolica, e che può contare ormai su poco meno di due milioni e mezzo di iscritti, si è arroccata sempre di più su posizioni conservatrici. Eppure, la messa in discussione della figura del leggendario leader, potrebbe costare cara al PiS che può contare sull’appoggio di Solidarnosc. Tutto questo, anche alla luce dell’annunciata chiusura, da parte del governo, di alcune miniere di carbone che continuano a registrare perdite, soprattutto a sud del paese, nella regione delle Silesia.
Le cartelle sull’ex sindacalista che figura con il nome in codice “Bolek” conterrebbero la prova che Walesa abbia ricevuto in passato del denaro in alcune operazioni segrete. L’ex sindacalista avrebbe dovuto incontrare a marzo un gruppo di storici bipartisan in un dibattito organizzato dall’Ipn su richiesta dello stesso Walesa. La sua improvvisa marcia indietro ha contribuito ad alimentari i sospetti dell’opinione pubblica nei confronti di “Bolek”.
Senza controperizia calligrafica
Tra i documenti citati anche la celebre lettera d’impegno firmata dall’elettricista di Danzica il 21 dicembre 1970 con la quale l’ex-sindacalista dichiara la propria disponibilità a collaborare con i servizi segreti comunisti. Un documento di cui lo stesso Walesa non ha mai negato l’esistenza e sul quale Bolek ha ripetuto di non aver dato mai seguito alla sua dichiarazione. «Non ho mai tradito nessuno, non ho mai preso denaro e non sono mai stato un agente dell’SB, lo giuro!», ha continuato a ribadire Walesa negli ultimi giorni. Kaminski ha confermato subito l’autenticità storica delle cartelle ritrovate. I verbali ritrovati sono stati redatti da Edward Graczyk, un ufficiale in pensione dell’SB che adesso ha 85 anni. Allo stato attuale delle cose è difficile sperare nella sua disponibilità a collaborare con la giustizia o a parlare con la stampa. Resta il fatto che i documenti sono stati dati in pasto ai media senza eseguire una controperizia calligrafica. Non di rado, I funzionari dell’SB facevano ricorso al metodo della przesuwanie zrodel, la manipolazione delle prove attuata dai servizi segreti che montavano i fascicoli utilizzando le cartelle di diversi cittadini per fabbricare accuse false contro gli oppositori al regime.
Arriva la Commissione di Venezia
Cruciale il ruolo giocato del Comitato in difesa della democrazia (KOD) nell’organizzazione della protesta. Il movimento civico guidato dall’informatico e blogger Mateusz Kijowski era nato a novembre scorso in occasione del braccio di ferro tra il governo e la Corte costituzionale. Intanto, la Commissione di Venezia ha annunciato che esprimerà il proprio parere sulla riforma costituzionale, voluta in tempi brevissimi dai falchi del PiS, alla fine della settimana prossima.
Il Presidente della Polonia Andrzej Duda che si era insediato nel Palazzo del Belweder prima che il PiS ottenesse anche la maggioranza del Sejm, a ottobre scorso, continua a rifiutarsi di stampare una sentenza della Corte costituzionale sulla gazzetta ufficiale polacca che richiederebbe la reintegrazione immediata di 3 giudici della corte eletti dal governo precedente targato Po. La bozza del rapporto è finita nelle mani della stampa e di alcuni rappresentanti dell’opposizione dopo la visita di una delegazione dell’organismo guidata da Gianni Buquicchio. All’inizio del mese scorso, alcuni rappresentanti della commissione si erano recati a Varsavia, proprio su richiesta del ministro degli esteri polacco Witold Waszczykowski, per valutare una possibile violazione delle regole dello stato di diritto in Polonia.
Alcune fonti che hanno preso visione del documento assicurano che il rapporto non sarà tenero nei confronti del governo, colpevole in primo luogo, di paralizzare l’attività della corte. Il parere della commissione avrà un peso decisivo nella scelta della strategia che Bruxelles deciderà di adottare nei confronti di Varsavia, rispetto alla gestione della procedura avviata due mesi fa dalla Commissione europea nei confronti della Polonia.