il manifesto 19.3.16
Uno scambio miserabile
Lo scambio. Niente di umanitario. Occhi chiusi sul destino dei profughi
di Alessandro Dal Lago
Sull’accordo
di ieri tra Consiglio d’Europa e Turchia bisogna reprimere un senso
opprimente di vergogna. I 28 statisti che governano questo continente di
506 milioni di abitanti hanno negoziato con Davutoglu (cioè con il suo
padrone Erdogan) il seguente accordo: l’Europa accetterà 72.000 profughi
e ne rimanderà altrettanti dalla Grecia in Turchia. In cambio Ankara
ottiene per il momento 3 milioni di Euro per progetti sui migranti (i
termini qui sono vaghi per occultare le promesse europee di altro
denaro), l’avvio della procedura di ammissione della Turchia alla Ue e
una facilitazione, anch’essa vaga, dei visti d’ingresso dei cittadini
turchi in Europa.
Davotoglu ha avuto la faccia tosta di definire
questo accordo non un mercanteggiamento ma una questione di «valori».
Certo, basta dividere i 3 miliardi ottenuti dalla Turchia per 72.000 e
otteniamo poco più di 40.000 euro a persona. Ecco il valore di migranti e
profughi per Ankara. E che cosa ne faranno Erdogan e Davutoglu del
gruzzoletto? Pasti caldi e comodi alloggi per tutti o magari, con i
quattrini risparmiati sui rifugiati, un po’ di armi e di bombe?
Bisognerà chiederlo ai curdi.
Ma accusare la sola Turchia di
speculare sull’umanità alla deriva tra Egeo e Macedonia sarebbe
ingiusto. Perché i veri mercanti di uomini sono gli stati europei. Come
ha scritto ieri la Tageszeitung, 72.000 sono solo gli stranieri arrivati
in un anno a Berlino. Una cifra irrisoria se proiettata sull’intero
continente. Un numero che non risolve nulla, che lascia le cose come
stanno e che serve solo ad alleggerire il peso dell’accoglienza che si è
scaricato negli ultimi mesi sulla Grecia. Ora, orde di funzionari,
poliziotti e guardie di confine europee invaderanno le isole dell’Egeo
per “selezionare” gli stranieri buoni da quelli “illegali”. Per uno che
entra, uno deve uscire. È la roulette russa del profugo.
L’ipocrisia
europea ha toccato in questo caso cime abissali. Poiché una recente
sentenza della Corte di giustizia prescrive che un profugo possa essere
espulso in uno stato terzo solo se questo è “sicuro”.
Paese
“sicuro”, cioè non specializzato in torture, ecco che alla Grecia
basterà riconoscere alla Turchia questa qualifica e, voilà, i giochi
sono fatti. La Turchia uno stato “sicuro”? Quella che rade al suolo le
sue città abitate dai curdi? Quella che manganella manifestanti a tutto
spiano? Quella che chiude i giornali non allineati al regime di Erdogan?
L’accordo
di ieri non ha nulla a che fare con l’umanità, di cui ha parlato
qualche tempo fa Frau Merkel. È la risposta miserabile della Ue alle
paranoie di Hollande, all’eccezionalismo high brow di Cameron, alle
pretese fascistizzanti di Orban, del governo ultra-reazionario di
Varsavia, dell’estrema destra tedesca e di tutti gli altri cultori del
filo spinato. E anche delle istituzioni finanziarie che ora, se
l’emergenza di Idomeni finirà, potranno dedicarsi a spennare ancora un
po’ Atene. E probabilmente della Nato, di cui la Turchia è membro
irrinunciabile.
Che fine faranno i 72.000 rimandati in Turchia e
tutti gli altri che dovevano essere ricollocati da mesi e vagano tra
Sicilia, Calais e chissà dove? Che ne sarà di quelli che arriveranno
ora, con la stagione calda, e che sicuramente la Turchia farà passare
per spillare ancora quattrini agli europei? Renzi ha dichiarato che la
questione dei migranti si risolve in Africa. Bisognerà dirlo agli
afghani, agli iracheni e a tutti gli altri che non sono africani, non
sono riconosciuti come profughi ed errano in quell’enorme campo minato
che si stende tra Istanbul e Kabul, passando per Damasco e Baghdad. Con
l’accordo di ieri l’Europa ha chiuso gli occhi sul loro destino.
Sì, c’è da vergognarsi di avere il passaporto dell’Unione europea.