il manifesto 10.3.16
Libia. Le proporzioni della guerra e il «pacifismo» di Matteo Renzi
Facciamo chiarezza. L’intervento militare dell’Italia in Libia purtroppo ci sarà. Il problema è solo come e quando
di Tommaso Di Francesco
Facciamo
chiarezza. L’intervento militare dell’Italia in Libia purtroppo ci
sarà. Il problema è solo come e quando. Lo ha ben evidenziato il
dibattito parlamentare di ieri, la vicenda penosa delle salme dei due
ostaggi italiani e la triste comparsata di Renzi a Domenica Life.
Le
parole di Gentiloni, insieme a tanta neo-retorica e tra molti «freni»,
non lasciano dubbi infatti. E soprattutto non ne lasciano quelle
incredibili – dopo le dirette responsabilità avute per la guerra in
Libia del 2011 – di Giorgio Napolitano, presidente emerito della
repubblica e a questo punto ministro degli esteri ad interim.
«Gli
interventi militari non sono la soluzione» per la stabilizzazione della
Libia, dice Gentiloni, anzi «possono talvolta aggravare il problema» e
«il governo non è sensibile al rullar di tamburi e non si farà
influenzare da radiose giornate interventiste» ma «si difenderà dalla
minaccia terroristica con azioni proporzionate». La proporzione
dell’intervento militare italiano è commisurata all’efficacia del piano
Usa di raid aerei pronti in tutti i dettagli secondo il New York Times –
quei raid che a Sabratha hanno fatto, per «colpire cellule Isis»,
decine di vittime civili tra cui due ostaggi serbi (del resto abituati
agli interventi «umanitari» in quanto serbi), e influenzando
probabilmente il comportamento degli stessi malviventi rapitori – ora
sappiamo che non era l’Isis – dei quattro italiani. E proporzionata alla
spartizione di ruoli e giacimenti petroliferi con Parigi e le forze
speciali francesi già sul campo. E tutto questo, secondo l’Italia,
aspettando il sì di un governo libico «legittimo». Di quale legittimità
stiamo parlando è dato dubitare, visto che in Libia, dove si
moltiplicano milizie e governi, non c’è. E viene ricercata solo perché
l’eventuale esecutivo unitario chieda l’intervento armato esterno. In
questi giorni, tra il governo di Tripoli e quello di Tobruk in conflitto
tra loro, è sembrato emergere perfino il «governo di Sabratha».
Dunque
l’intervento sarà «proporzionato» ma ci sarà. Motivato con la
«sicurezza» da garantire sull’altra sponda – ma anche nel 2011 la Libia
era sull’altra sponda del Mediterraneo ma abbiamo preferito far
diventare gli aerei della Nato l’aviazione dei jihadisti in rivolta
contro Gheddafi. Lo faremo per gli scafisti avendo già previsto tanti
«effetti collaterali» di profughi disperati finiti a quel punto nel
mirino del «fuoco amico». Ma l’intervento militare ci sarà.
Del
resto come poteva essere altrimenti, dopo che il governo aveva chiesto
per l’Italia la guida della missione militare internazionale in Libia e
dopo averla ottenuta con tanto di pronunciamento del capo del Pentagono
Ashton Carter – visto il legame e il passato (coloniale) – che ha
avanzato la richiesta di almeno 5mila militari, dopo l’assenso della
ministra Pinotti, e dopo le dichiarazioni di Gentiloni sulla
preparazione dell’intervento arrivata ormai «ad un livello molto alto» e
«in fase avanzata». Alla fine Matteo Renzi, sondaggi alla mano, nella
sede che gli è più propria, quella televisiva di Domenica Life, non
certo nelle istituzioni democratiche, ha dichiarato che «la missione
militare in Libia non è in programma» perché «la guerra è una parola
terribile non è un video gioco». Per prendersela con i giornali che
«mettono l’elmetto» – tanti, purtroppo e storicamente impegnati ad
essere guerrafondai, ma spesso proprio gli stessi che ne sostengono
l’azione di governo.
Inoltre ha sollevato il problema più spinoso,
una specie di autogol del quale pochi si sono accorti. Per gli ostaggi
italiani, due tornati fortunatamente vivi e due invece assassinati da
bande tribali del puzzle libico – altro che Isis – «bisogna vedere le
responsabilità, perché il governo italiano aveva rappresentato i
pericoli…noi abbiamo portato via tutti gli italiani dalla Libia», ha
detto. Ma se il Greenstream che da Mellitah porta il gas in Italia per
l’azienda di bandiera doveva e deve funzionare, sarà mica colpa dei
lavoratori? Tanto Renzi è abituato a sfotterli i lavoratori. Chi se non
il governo o sedi decisionali ad esso collegate ha deciso che quel
lavoro doveva continuare?
Il fatto è che non è la guerra in quanto
parola ad esser terribile, ma la guerra stessa. È davvero un errore,
avere messo il piede su questa tragedia pensando che sia come esaltare
lo zerovirgola dei presunti successi in economia o i battibecchi tra i
potentati o gli accordi sottobanco con i verdiniani.
Del resto non
è il «governo La Pira» che abbiamo di fronte, ma quello di un
presidente del Consiglio – ora solo al comando con l’emendamento che gli
dà potere operativo sulle forze speciali d’intelligence – che ha
prolungato di un anno la missione militare in Afghanistan, che ha
stracciato il voto parlamentare che lo impegnava a tagliare le spese per
gli F35 che compreremo invece tutti, che ha dato il via alla partenza a
giorni di 700 soldati a Mosul in Iraq in piena zona di guerra, e che
sostiene militarmente Israele che occupa i territori palestinesi. No,
davvero non è un videogioco.Corriere 10.3.16
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