«Donatella Di Cesare riassumeva così il risultato della sua
esplorazione dei Quaderni neri: «Il pensiero più elevato si è prestato
all’orrore più abissale». La mia domanda è: ma che cosa ci sarà di
“elevato”? Come si può considerare “elevata” l’idiozia etno-metafisica
dell’ebraismo sradicatore?»
Il Sole Domenica 13.3.16
Elzeviro
Nazista, naturalmente
Non c’è quasi nulla di «elevato» nel pensiero di Martin Heidegger. E l’antisemitismo metafisico è un’idiozia
La
bizzarra, infinita fortuna del Pastore dell’Essere tra i filosofi
italiani è basata su una malintesa idea di che cos’è la modernità
di Roberta De Monticelli
Prosegue,
con il secondo volume, la traduzione italiana dei Quaderni neri di
Heidegger, nell’attenta traduzione di Alessandra Iadicicco (1938/1939).
Dell’antisemitismo “metafisico” di Heidegger si parla dall’uscita del
libro di Donatella Di Cesare Heidegger e gli Ebrei (Bollati Boringhieri
2014, edizione riveduta 2016). Tra sconcerti e sdrammatizzazioni, una
cosa colpisce: che quasi non ci siano eccezioni all’imperturbata
ammirazione che si continua a tributare a questo sofista, alla sua idea
della “macchinazione” universale, che ha colpa di tutto, e ha nome
Modernità. E più genericamente questa potenza oscura è descritta più
siamo tranquilli noi – amici dell’Essere che contemplano l’Essenza del
Nichilismo, il Destino dell’Occidente, la Tecnic a, il Capitalismo, la
Finanza – tutti i volti della Metafisica insomma, e qualcuno ce ne
sfugge: il Neoliberismo, forse. In questa ammirazione c’è tutta la
storia dell’irresponsabilità intellettuale e morale di una vastissima
parte del pensiero europeo e italiano, dal dopoguerra a oggi. La
riflessione che vi propongo si basa sui volumi dei Quaderni neri che
usciranno in versione italiana: sono testi che risalgono agli anni
dell’impegno nazista di Heidegger.
Cos’è l’antisemitismo
metafisico? È l’accusa a «quella specie di umanità che, essendo per
eccellenza svincolata, potrà fare dello sradicamento di ogni ente
dall’Essere il proprio “compito” nella storia del mondo». Così «il mio
attacco a Husserl è diretto non solo contro di lui – il che lo
renderebbe inessenziale – l’attacco è diretto contro l’omissione della
questione dell’Essere, cioè contro l’essenza della metafisica come tale,
sulla cui base la macchinazione dell’ente riesce a dominare la storia».
Così scrive Heidegger nel Quaderno nero intitolato Riflessioni XIV,
all’indomani dell’offensiva tedesca a Est, annunciata da Hitler il 22
giugno 1941. Ora, Heidegger ha ragione: Husserl è proprio uno
sradicatore. Prendiamo un suo testo di quasi vent’anni prima, L’idea
d’Europa, sull’universalità dei giudizi veri e ben fondati – anche
quelli di semplice esperienza – che costituiscono acquisizioni per
tutti: «quello che vedo io può vederlo chiunque... da qualsiasi cerchia
culturale provenga, amico o nemico, greco o barbaro, figlio del popolo
di Dio o Dio dei popoli nemici». Ecco qui all’opera l’ebreo errante che
sradica. Di più: Husserl insiste sullo sradicamento, non solo in
relazione all’evidenza universale dei giudizi di fatto, ma anche e
soprattutto in relazione alla ricerca di evidenza per i giudizi di
valore: «così profondamente radicate nella personalità che già il loro
metterle in dubbio minaccia di “sradicare” la personalità stessa, la
quale ritiene di non poter rinunciare a loro senza rinunciare a se
stessa – cosa che può portare a violente reazioni d’animo». Cioè: sapere
aude. Con l’aggiunta di una nuova e sofferta consapevolezza di quanto
sia difficile il passaggio alla maggiore età: dalle care certezze della
comunità d’appartenenza all’autonomia del pensiero adulto. Husserl
insiste, spietato: «E non importa che piaccia o meno a me o ai miei
compagni, che ci colpisca tutti “alla radice”: la radice non serve».
Donatella
Di Cesare riassumeva così il risultato della sua esplorazione dei
Quaderni neri: «Il pensiero più elevato si è prestato all’orrore più
abissale». La mia domanda è: ma che cosa ci sarà di “elevato”? Come si
può considerare “elevata” l’idiozia etno-metafisica dell’ebraismo
sradicatore? Come risulta bene dal passaggio di Husserl, Heidegger
imputa a questo “sradicatore” quella che è per Husserl la gloria di
Socrate: la vita esaminata, il vaglio critico delle tradizioni e culture
d’appartenenza. Ma non sembra molto più elevata l’idea di incolpare
l’Ebreo Metafisico di essere l’agente della modernità, bersaglio di
tutto il linguaggio heideggeriano: e modernità – in filosofia - vuol
dire l’Illuminismo, il principio kantiano di autonomia morale della
persona, l’universalismo morale, il cosmopolitismo politico, la scienza e
la democrazia.
Purtroppo è proprio questa l’idea di modernità
ereditata da una grande ala della filosofia italiana contemporanea. Che
sembra confondere nel “destino dell’Occidente” la ragion pratica e
Auschwitz, l’Illuminismo e il nazismo. Sulle tracce di
Adorno-Horkheimer, e della loro oscura Dialettica dell’Illuminismo. E
che cosa insegna questo pensiero ai nostri figli? A proposito della
macchinazione di cui non siamo mai noi ad aver colpa: sarà un caso se il
livello di discriminazione concettuale e di discernimento morale, oltre
che di intelligenza politica del male che affligge la democrazia,
resta, anche fra molti dei filosofi più in vista, pari a quella di un
adolescente narciso alle prese col lato oscuro della forza?
Martin
Heidegger, Quaderni neri 1938-39. Riflessioni VII-XI , traduzione di
Alessandra Iadicicco, Bompiani, Milano, pagg. XII, 596 € 28