Corriere La Lettura 27.3.16
Il sospiro
Fa
parte del concerto delle passioni e arricchisce il repertorio delle
nostre manifestazioni emotive (come il riso, il sorriso e il
singhiozzo). Ma la scienza se n’è occupata poco e la letteratura persino
troppo; ora, per ovviare alla prima lacuna, una ricerca fa luce sui
meccanismi biologici complessi che regolano questo estenuato anelito di
vita. Il risultato più sorprendente dello studio? Esistono due tipi
diversi di respiri, dei quali non ci siamo mai accorti, per immettere
nei polmoni il doppio dell’aria che inspiriamo di solito
di Edoardo Boncinelli
Quando
eravamo ragazzi e leggevamo i fumetti, incontravamo una scritta — SOB —
ogni volta che qualcuno singhiozzava e un’altra — SIGH — quando
qualcuno sospirava, mentre si tossiva come COUGH COUGH. Abbiamo così
imparato che in inglese to sob vuol dire singhiozzare, to sigh vuol dire
sospirare e to cough tossire, tre verbi di presumibile natura
onomatopeica. Le lingue si imparano anche così.
Il sospiro è un
protagonista della nostra vita, individuale e di relazione, uno di
quegli eventi ordinari dei quali la scienza si è occupata poco e la
letteratura, di pregio o di dozzina, anche troppo. Una di quelle
evenienze della vita quotidiana delle quali coloro che credono di
sapere, sanno tutto. E ne discettano. Come il sorriso, il riso o il
singhiozzo, che arricchiscono il repertorio delle nostre manifestazioni
emotive, repertorio vario e affascinante del quale gli uomini hanno
sempre discorso senza saperne quasi niente. D’altra parte, chi di noi
non ha mai sospirato — di nostalgia, di desiderio, di rimpianto, per
ricordi fuggevoli o per angustie presenti, per amore, per scommessa o
per rabbia, nelle diverse vicissitudini che costellano il cammino della
vita?
Talvolta il sospiro è incoercibile e può fungere da spia di
un nostro stato d’animo profondo, al punto che ai tempi del romanticismo
dichiarato si diceva che l’amore si può fingere e ostentare, ma mai
nascondere. Un improvviso rossore e un sospiro non trattenuto hanno
smascherato un gran numero di passioni inconfessate e hanno tradito le
trame sentimentali più accortamente celate.
Anche i bambini
piccoli spesso sospirano, quando meno te l’aspetti, e in alcuni casi a
un sospiro improvviso si associa un breve incantevole brivido di tutta
la personcina. Sospira chi sta male e chi sta bene, chi si accinge a
compiere uno sforzo e chi lo ha portato a compimento con successo, chi
spera e chi dispera, chi anela e chi è sazio, chi cerca comprensione e
chi semplicemente ascolta, chi canta e chi ascolta cantare. Il sospiro
può essere generato tanto da un’aspirazione quanto dal soddisfacimento
della stessa. Ci sono i sospiri dei condannati della Repubblica Veneta
che attraversavano il ponte detto appunto dei sospiri e i sospiri di un
cane che assiste ai preparativi per la sua pappa.
Il sospiro,
insomma, fa parte del concertino delle passioni, in un’epoca che qualche
nostalgico ha definito, chissà perché, l’epoca delle passioni tristi.
Ma
cos’è il sospiro? È una sorta di ripensamento, che fa partire un
secondo movimento di inspirazione prima che sia finito quello in atto;
un doppio passo del processo respiratorio, un sincopato nel balletto
della vita, un estenuato anelito di vita, proprio laddove l’anima si
trova a questionare con il corpo.
Può avere un’origine organica
come una psicologica, ma ha in genere sempre lo stesso decorso,
finalizzato a introdurre più aria nei polmoni, coinvolgendo quasi sempre
l’abbassamento del diaframma. Io sospiro molto nella giornata. Più oggi
che ho la «pancetta», che nei tempi passati, a proposito dei quali
Leopardi direbbe: «Chi rimembrar vi può senza sospiri?».
Chi
controlla l’affiorare di un sospiro e il suo decorso? Come quasi tutti i
moti del nostro corpo e della nostra psiche, il sospiro è regolato da
due processi antagonisti che agiscono sul centro del respiro, come
rivelato in dettaglio da un recentissimo articolo scientifico (curato da
Li Peng e collaboratori, pubblicato sul volume 530 di «Nature»), in un
ennesimo esempio di fenomeno biologico complesso e a suo modo misterioso
spiegato con semplicità e immediatezza dall’indagine sperimentale.
Il
ritmo del respiro si trova sotto il controllo di uno specifico centro
nervoso localizzato alla base del cervello vero e proprio, più o meno
dove questo si assottiglia per divenire midollo spinale. Il centro porta
il nome di Complesso pre-Bötzinger (CpB), comprendente qualche migliaio
di neuroni. La sua attivazione è richiesta per dare inizio a un
movimento di inspirazione e il fenomeno si può osservare anche in
laboratorio, operando su fettine di tessuto coltivato in vitro. Ogni
attivazione di tale centro genera a sua volta una contrazione nel
diaframma e in diversi muscoli inspiratori, e tale contrazione dà inizio
a un moto di inspirazione. Di tanto in tanto una seconda ondata di
attivazione del Complesso CpB segue prontamente quella già in atto, e a
questa doppia inspirazione, che ci fa immettere nei polmoni più o meno
il doppio dell’aria che inspiriamo di solito, noi diamo il nome di
sospiro.
Questo può accadere per una reale esigenza di più aria
nei polmoni e per una serie di eventi psichici che ci coinvolgono
emotivamente, tanto nella normalità quanto nei disordini psichici che
coinvolgono un’aumentata quantità di ansia. Il sospiro e il normale
respiro partono in conclusione entrambi dal Complesso CpB.
Si
sapeva che un certo numero di neuromodulatori di natura peptidica — cioè
proteica, e non appartenenti alla famiglia delle catecolamine, come la
serotonina e l’adrenalina — possono influenzare nei ratti di laboratorio
il presentarsi del sospiro, ma non era fino a oggi noto il meccanismo
fisiologico di tale azione. Si è visto allora, non senza sorpresa, che i
neuroni che costituiscono il Complesso CpB possono generare da soli il
segnale per un normale processo di inspirazione, ma per dar luogo a un
sospiro hanno bisogno di un segnale speciale proveniente da un centro
nervoso supervisore, capace di tenere sotto controllo il Complesso CpB
stesso. Questo centro di supervisione controlla il Complesso CpB
attraverso l’azione di due tipi di circuiti nervosi paralleli, ma
antagonisti, che utilizzano come mediatori l’uno la neuromedina B (NMB) e
l’altro un derivato della gastrina (GRP).
Uno dei risultati più
sorprendenti di questo studio è che evidentemente esistono tipi di
sospiro diversi, dei quali prima non ci eravamo accorti e che
prospettano sotto una luce nuova la comprensione e la modulazione di
questo fenomeno e la sua collocazione nel quadro dei rapporti esistenti
fra respirazione e sospiro in condizioni normali e patologiche.
Questa
storia suggerisce almeno tre ordini di considerazioni. Per prima cosa
abbiamo la conferma del fatto che lo studio attento e dettagliato dei
fenomeni biologici ci può fornire una loro effettiva comprensione,
spesso anche più precisa di quanto ci aspettavamo. Non è che per questo
smetteremo di sospirare o lo faremo in maniera diversa, ma ora sappiamo
quello che ci sta sotto. In secondo luogo si trova una volta ancora che
ogni moto del nostro corpo e della nostra psiche è regolato da processi
di natura antitetica, in maniera che uno promuove e l’altro frena
l’occorrenza del moto stesso. Questo accade essenzialmente per due
ragioni: perché ogni moto si deve prima o poi estinguere per potere
magari ripresentarsi, e perché non deve essere mai né troppo esangue né
troppo prorompente. Questo doppio controllo, ormonale o nervoso, delle
nostre manifestazioni interne ed esterne fa sì che la nostra vita si
estenda sempre fra il desiderio di fare una cosa e il senso di colpa per
averla fatta, una situazione psicologica di fondo che caratterizza il
nostro modo di vivere la vita in tutte le sue manifestazioni.
In
terzo luogo, lo studio scientifico, di natura inevitabilmente
riduzionistica, dei fenomeni può a volte portare a riconoscere nuove
sfumature di quelli e ad aprire così nuovi inusitati orizzonti
interpretativi, alla barba di coloro che amano sempre tessere le lodi di
un approccio olistico, che non si capisce mai bene in cosa consista. Se
si parla in particolare di fenomeni biologici, occorre considerare che
per le cose vive tutto ciò che conta accade a livello molecolare. Si
tratta cioè di mobilitazioni, trasformazioni e interazioni ordinate di
molecole, fluide o semifluide, anche se ospitate e sorrette da strutture
più stabili che possono anche essere di dimensioni macroscopiche, come
organelli, membrane, vasi o impalcature rigide. Queste strutture
costituiscono ciò che osserviamo di una cellula o di un organismo
vivente, ma la vita vera ha luogo dentro di queste e fra di esse, al
livello essenzialmente molecolare, e talvolta anche atomico.