Corriere La Lettura 13.3.16
Contaminazioni
Stanotte ho sognato due neutrini
Il
carteggio tra il fisico Wolfgang Pauli e lo psicoanalista Carl Gustav
Jung mostra quanto sia mobile il confine tra branche del sapere in
apparenza distanti
Entrambi gli autori sono ossessionati dall’intrusione del male nella natura e nella storia
di Giulio Giorello
CARL
GUSTAV JUNG WOLFGANG PAULI Il carteggio originale: l’incontro tra
Psiche e Materia A cura di Carl Alfred Meier Edizione italiana a cura di
Antonio Sparzani con Anna Panepucci Traduzione di Giusi Drago MORETTI
& VITALI Pagine 392, e 30
Theo Kaccoufa,,
Neutron Blossom (2013): l’artista londinese da sempre ha esplorato la
possibilità di raccontare il mondo della fisica con le sue sculture
«Nella
prima parte della mia vita io sono stato con gli altri un diavolo
freddo e cinico e un fanatico ateo, nonché un intellettuale
illuminista»: così scriveva in una lettera del 24 maggio 1934 il fisico
Wolfgang Pauli al suo analista Carl Gustav Jung. Il paziente vedeva il
rischio «da una parte di una tendenza alla criminalità, alla rissa (che
avrebbe potuto degenerare in omicidio), dall’altra di un eremitaggio
fuori dal mondo... con stati estatici e visioni». E aggiungeva: «Il
senso della mia nevrosi consisteva quindi nel proteggermi dal pericolo
del capovolgersi nel contrario». Wolfgang era un paziente di ampie
vedute: quel pericolo «minaccia non soltanto me, bensì la nostra intera
civiltà». Gli anni gli avrebbero dato ragione: dalla ferocia del Terzo
Reich a Hiroshima. Nel gennaio del 1932 a Pauli era stato consigliato —
dato il suo comportamento notturno da «canaglia» — di rivolgersi a Jung
dal padre. E come ricorda (1935) Jung in persona, «io lo mandai da una
dottoressa che era allora una principiante... E lei gli disse di
sorvegliare i suoi sogni».
Pauli nel 1928 era diventato professore
di fisica teorica al Politecnico di Zurigo. E, prima di andare in cura
presso la giovane e volonterosa Erna Rosenbaum, aveva già formulato il
«principio di esclusione» (per cui nel 1945 sarebbe stato insignito del
Nobel per la fisica), che consentiva finalmente di interpretare in modo
chiaro e distinto la tavola di Mendeleev degli elementi chimici. Il
principio si riferiva inizialmente agli elettroni di un atomo,
dichiarando che essi non potevano occupare lo stesso stato quantistico.
Wolfgang alla fine del 1930 indirizzava una lettera «alle care signore e
signori radioattivi» (che tenevano un convegno a Tubinga) per segnalare
la necessità di prendere in considerazione l’esistenza di una nuova
particella («che obbediva anch’essa al principio di esclusione») e che
battezzava «neutrone». Scelta terminologica poco felice: i neutroni di
cui tratta abitualmente la fisica subatomica sono altra cosa; quelli
postulati da Pauli sarebbero invece diventati noti come neutrini e
sperimentalmente individuati solo nel 1956. Wolfgang festeggerà la
notizia con una buona bevuta.
Nulla in confronto alle sbronze
della sua «prima metà di vita»! Però, dobbiamo agli eccessi di questa la
vigilanza dei propri sogni che doveva spingere il fisico alla
scrupolosa registrazione di più di un migliaio di essi. Tornato con Jung
nell’autunno del 1932, iniziò una corrispondenza che esordisce con
scarni accenni agli appuntamenti per diventare uno scambio crescente di
ipotesi su psiche e natura, destinato a durare più di 25 anni. Ne doveva
nascere un importante volume, curato in tedesco da Carl Alfred Meier
(1992) e poi tradotto in spagnolo, francese e inglese. Finalmente appare
in italiano, grazie alla cura attenta e appassionata di Antonio
Sparzani (con la collaborazione di Anna Panepucci): Jung e Pauli, Il
carteggio originale: l’incontro tra Psiche e Materia (Moretti &
Vitali). Qui sono la descrizione dei sogni di Wolfgang e il suo stesso
commento a fornire l’impalcatura per un’avventura che muove dalla
spiegazione fisica all’interpretazione in termini di psicologia del
profondo. Per esempio, così Pauli riferisce il sogno del 12 aprile 1955:
«Sono in California... si trova lì... un laboratorio... vengono
eseguiti degli esperimenti, una voce dice: con due neutrini. Arrivano
alcuni luminari di diverse discipline. Anzitutto C.G. Jung che, in
anticipo rispetto agli altri, imbocca le scale spedito come una
donnola»; seguono due fisici e un giovanissimo biologo. Pauli ha una
chiara immagine del suo analista, ma meno degli esperimenti! Uno dei
fisici gli dice che si tratta di una reazione nucleare; comunque,
Wolfgang lascia il laboratorio per viaggiare in auto insieme con una
donna, «la sconosciuta» di tanti altri suoi sogni. I due si lasciano
alle spalle i colleghi e infine si fermano «in un luogo molto bello». È
indubbio che il sogno sia stato «molto piacevole»; Pauli lo interpreta
come la celebrazione di «una sintesi tra psicologia analitica, fisica e
biologia». E aggiunge che i due neutrini potrebbero «in via
sperimentale» venir tradotti come «due contenuti inconsci... in
interazione solo molto debole con la coscienza».
Questa
commistione di linguaggi (fisica, con qualche accenno alla biologia, e
psicologia del profondo) nasce dalla convinzione che qualche anno prima
Pauli aveva così espresso: «L’occuparsi dei sogni è esso stesso un
esperimento: viene anzitutto registrato prima del risveglio, poi
associato, riflettuto. Da ultimo, esercita una retroazione
sull’inconscio, che si esprime di nuovo... nell’immagine del
laboratorio». Già prima (1953) Jung aveva dichiarato a Pauli che «da
nessuna parte noi possiamo raggiungere una verità più complessa di
quella fornita, per l’appunto, dall’immagine come noi la concepiamo.
Perciò sostengo che noi siamo praticamente rinchiusi nella psiche, per
quanto possiamo estendere la nostra prigione fino alla vastità del
mondo».
Non si tratta né di ridurre ciò che è psichico alla fisica
né ciò che è fisico alla psicologia. Ciò che elaborano Jung e Pauli è —
come scrive Sparzani — «la ricerca assidua e ostinata di un terreno
comune», pur muovendo da discipline anche molto diverse: per Pauli
fisica ma pure chimica e biologia, senza dimenticare una notevole
competenza matematica; per Jung la nuova disciplina che lui stesso ha
costruito e che con la concezione dell’inconscio «collettivo» si
protende verso l’antropologia culturale e la storia delle idee (senza
dimenticare il grembo buio degli archetipi). Si tratta di un’«avventura»
nei territori «del razionale e dell’irrazionale», il cui confine è
elusivo e mobile, non solo come quello tra le varie discipline ma anche
come quello tra bene e male.
Chi leggerà il carteggio sarà forse
sconcertato dalle provocazioni del fisico come da quelle di Jung, di 25
anni più vecchio di lui. Entrambi si ritrovavano ossessionati da quella
che non pochi teologi chiamavano l’intrusione del Maligno nella natura e
nella storia. Scriveva nel 1953 Pauli a Jung: «È l’archetipo
dell’interezza dell’essere umano ciò da cui la scienza della natura...
prende la sua dinamica emotiva. A ciò corrisponde il fatto che allo
scienziato di oggi, diversamente che ai tempi di Platone, il razionale
appare sia come bene sia anche come male». E aggiungeva che scoprendo
«fonti di energia di proporzioni prima insospettate, che possono essere
impiegate sia a fin di bene che a fin di male» proprio la fisica
produceva «un acuirsi dei conflitti morali sia nelle nazioni che
nell’individuo». Per questo non bisognerebbe smettere di «sorvegliare»
anche i propri brutti sogni . Mi viene in mente il rimprovero che il
procuratore distrettuale di New York rivolge al geniale investigatore
Philo Vance (nei gialli firmati S.S. Van Dine, pseudonimo di W.H.
Wright): «Tu stai sognando». Ma lui subito ribatte che senza sognare non
si saprebbe come pensare e agire.