Corriere 8.3.16
Meno licenziamenti nel 2015. Ma la Cgil: referendum sul Jobs act
di Enrico Marro
ROMA
Jobs act, la Cgil non si è rassegnata. Nel giorno in cui il ministero
del Lavoro ha diffuso i dati per dimostrare il successo della riforma
del mercato del lavoro e degli sgravi sulle assunzioni, la Cgil ha
costituito, ieri mattina, alla Corte di Cassazione il comitato per la
raccolta di firme sulla proposta di legge di iniziativa popolare per la
Carta dei diritti universali del lavoro. Iniziativa che ha l’obiettivo
di smontare pezzo per pezzo il Jobs act, che secondo il sindacato
guidato da Susanna Camusso, non ha limitato la precarietà, ma
rappresenta un arretramento nei diritti dei lavoratori.
Forse
proprio per rispondere a quest’ultima accusa, ieri il dicastero guidato
da Giuliano Poletti, ha sottolineato in particolare un dato tra quelli
contenuti nel bollettino sulle «comunicazioni obbligatorie» relative ad
assunzioni e cessazioni dal lavoro. Nel 2015 i licenziamenti sono
diminuiti dell’8,4%, cioè 77.605 in meno dei 919.486 verificatisi nel
2014. Un risultato che, secondo il governo, basta a confutare la tesi
della Cgil secondo la quale il Jobs act avrebbe aperto una stagione di
licenziamenti selvaggi. Va anche detto, però, che è ancora presto per
fare un bilancio, poiché il superamento del vecchio articolo 18 (diritto
al reintegro nel posto di lavoro per i licenziamenti senza giusta
causa) è stato introdotto dalla riforma solo sui nuovi contratti «a
tutele crescenti», in vigore da un anno (7 marzo 2015) e non vale per i
contratti precedenti.
Quel che è certo,
invece, è che la decontribuzione sulle assunzioni a tempo indeterminato
fatte nel 2015 (un risparmio per le aziende fino a 24.180 euro per ogni
assunto) ha provocato un notevole aumento di questo tipo di contratti:
712.620 in più del 2014 (+ 43,5%). Che lo sgravio abbia avuto un ruolo
determinante è provato anche dal fatto che nell’ultimo trimestre del
2015 la stipula di contratti permanenti è raddoppiata rispetto allo
stesso periodo del 2014 (+371.519). Le aziende hanno insomma anticipato
anche assunzioni previste per il 2016, visto che da quest’anno lo sconto
si è ridotto a un terzo.
Ma la Cgil, come
dicevamo, non ha cambiato idea. Il calo dei licenziamenti, sostiene il
segretario Susanna Camusso, «sarebbe drammatico se non ci fosse, visto
che c’è una situazione di non peggioramento in generale dell’occupazione
e arriva dopo la fase più acuta della ristrutturazione che c’è stata
negli anni scorsi». Da aprile, ha quindi annunciato Camusso, la Cgil
partirà con la raccolta di firme per la proposta di iniziativa
parlamentare per un nuovo Statuto dei lavoratori. Un testo di 97
articoli in tre capitoli: principi universali; democrazia e
rappresentanza sindacale; contratti di lavoro. Tra gli obiettivi,
«estendere i diritti a chi non ne ha». Viene, tra l’altro, reintrodotto
il diritto al reintegro sui licenziamenti senza giusta causa e non più,
come nel vecchio art. 18, solo per le aziende con più di 15 dipendenti,
ma per tutte (solo per quelle con meno di 5 dipendenti si prevede che il
giudice possa scegliere tra reintegro o indennizzo pari a un minimo di
20 stipendi). Si aboliscono, inoltre, i contratti precari; si
reintroduce la casuale e il limite sull’organico per quelli a termine e
si prevedono limiti alla flessibilità sul part time. Se il Parlamento
non discuterà questa legge di iniziativa popolare, la Cgil presenterà
referendum abrogativi delle novità introdotte col Job act, compreso il
superamento dell’art. 18 per i nuovi assunti.