Corriere 6.3.16
L’orologio, il video, le ferite. Tutti i misteri sulla fine di Rossi
L’uomo delle comunicazioni Mps morto tre anni fa. Oggi un corteo a Siena
di Sergio Rizzo
«A
tre anni dalla morte alzate la testa, rompete il silenzio». È scritto
su un manifesto che chiama a raccolta per un corteo silenzioso oggi
pomeriggio a Siena, davanti alla sede del Monte dei Paschi, chi ha a
cuore la verità sulla fine di David Rossi. La moglie e la figlia del
dirigente della banca senese che fu trovato morto sotto la sua finestra
non si sono rassegnate. E il caso, archiviato come suicidio, tre mesi fa
è stato riaperto dalla Procura di Siena. Che ora ha il compito di
diradare le nebbie che avvolgono l’episodio più inquietante di una
storia capace di spingere il Monte sull’orlo del baratro.
È
mercoledì sera. A quell’ora, nelle giornate di inizio marzo, rinfresca
un po’. Il torrente umano che scorre senza sosta lungo via Banchi di
Sopra sfilando davanti a piazza Salimbeni si interrompe di tanto in
tanto. Le stradine lì intorno sono deserte. Vicolo di Monte Pio, alle
spalle del Monte dei Paschi di Siena, poi, è un budello chiuso dove non
si vede mai nessuno. Ma non quel mercoledì sera di tre anni fa, il 6
marzo 2013. Ci sono delle persone, e c’è anche una macchina che sbarra
l’ingresso del vicolo. Ai loro piedi, disteso per terra, un uomo sta
agonizzando. È caduto da una finestra: si è buttato da solo o qualcuno
l’ha aiutato?
Si chiama David Rossi, ha cinquant’anni ed è un alto
dirigente del Monte dei Paschi di Siena, che sta attraversando il
momento più difficile dei suoi cinque secoli e passa di vita. Una
tempesta giudiziaria la sta scuotendo dalle fondamenta. Sulla
costosissima acquisizione dell’Antonveneta si allungano ombre pesanti: i
magistrati sospettano reati gravissimi, dall’insider trading alla
truffa. Rossi è il responsabile della comunicazione della banca, uno
degli uomini che sono stati più vicini all’ex presidente Giuseppe
Mussari, l’epicentro della bufera. E adesso è lì, a terra, con quegli
uomini intorno.
Quando arriva la polizia, però, non c’è nessuno.
L’inchiesta è rapidissima e il caso viene subito archiviato: suicidio.
Tutti gli indizi, secondo i magistrati, depongono in questa direzione.
Rossi è stressato, il 19 febbraio hanno perquisito casa sua. Due giorni
prima, ha scritto in una mail all’amministratore delegato Fabrizio Viola
«stasera mi suicido sul serio aiutatemi». E poi non c’è forse quel
biglietto lasciato alla moglie («Toni, ho fatto una cavolata troppo
grossa...»)?
Già, quel biglietto... Antonella Tognazzi riconosce
la scrittura del marito. Ma c’è qualcosa che non convince. Come se quel
messaggio non fosse stato scritto in piena libertà. David stava passando
un brutto momento, d’accordo, ma non c’erano state avvisaglie di un
gesto simile. E poi non la chiamava mai «Toni». Anche le perizie hanno
lasciato molti dubbi, però sono state liquidate frettolosamente.
Decisamente troppo.
I familiari vogliono vederci chiaro e insieme
all’avvocato Luca Goracci rimettono pazientemente in fila tutti i fatti.
Il 16 novembre 2014 Antonella Tognazzi dice a Report di non credere al
suicidio. E la trasmissione di Milena Gabanelli mostra un frammento del
filmato ripreso dalle telecamere di sorveglianza dove si vede un
oggetto, forse un orologio, che cade dall’alto sul selciato dove da
qualche minuto è riverso Rossi.
Un dettaglio sconcertante, e non
isolato. Le perizie di parte ne sono piene. L’ora registrata nel video
non corrisponde a quella effettiva: è avanti di 16 minuti. Il perito
sostiene che potrebbe essere anche stato manomesso. Anche se il presunto
autore non è riuscito a occultare la presenza di persone vicino al
corpo di Rossi. Secondo il perito compaiono poco dopo la caduta di David
e restano lì fino alla sua morte avvenuta 22 minuti dopo l’impatto.
«Tali figure umane — sottolinea la relazione — non sono mai state
oggetto di approfondimento, secondo quanto in atti». Così la stessa
dinamica della caduta, che le perizie di parte giudicano incompatibile
con l’ipotesi del suicidio.
Sul cadavere vengono poi riscontrate
ecchimosi e ferite tipiche di una colluttazione. Quindi c’è l’oggetto
che cade, dopo diversi minuti, e nello stesso momento in cui qualcuno,
sul telefonino di Rossi rimasto nel suo ufficio mentre lui è a terra
esanime, digita un numero: 4099009. E che cosa cercava chi è entrato
quella sera nel computer di David, usando le sue credenziali?
Nell’istanza
di riapertura del caso c’è la ricostruzione minuziosa dello scambio di
mail avvenuto due giorni prima della sua morte fra Rossi e Viola. David
gli dice che vuole parlare con i magistrati. E prima possibile. «Vorrei
garanzie di non essere travolto da questa cosa, per questo lo devo fare
subito, prima di domani. Mi puoi aiutare?». Ma perché David ha bisogno
di parlare con i pubblici ministeri? «Vedo che stanno cercando di
ricostruire gli scenari politici e i vari rapporti. Ho lavorato con
Piccini, Mussari, Comune, fondazione, banca. Magari — scrive ancora —
gli chiarisco parecchie cose, se so cosa gli serve». Passa qualche
minuto, però, e cambia idea: «Ho deciso che meglio di no. Non avendo
niente da temere posso tranquillamente aspettare che mi chiamino. Si può
fare con calma». Calma che Rossi purtroppo non avrà.