mercoledì 30 marzo 2016

Corriere 30.3.16
Per fare l’Europa non basta l’euro
Bisogna tornare all’umanesimo
di Paolo Di Stefano

N on è mai troppo tardi per interrogarsi sull’identità culturale europea: e anzi diventa urgente in un’epoca in cui le migrazioni mettono in gioco idee di chiusura che si scontrano con prospettive più aperte, in una fase di crisi economica, in un momento di tragedie e di odi primitivi. Sono passati quasi quindici anni, ma fatto l’euro bisognerà prima o poi fare l’Europa, meglio: gli europei. I libri che hanno fatto l’Europa è una mostra che parte da questo presupposto: interrogarsi sulle sue numerose radici e ramificazioni, rappresentando materialmente, attraverso una ricca serie di opere fondamentali, il percorso storico-culturale che si è sviluppato da Carlo Magno alla rivoluzione gutenberghiana, gli oltre sei secoli che hanno portato dalla cultura e letteratura classico-cristiana e mediolatina a quella romanza e moderna. Va da sé che un tale cammino si può illustrare solo attraverso l’evoluzione della forma-libro, l’oggetto principe in cui si conserva la memoria culturale europea. Dunque, la mostra di Palazzo Corsini presenta 186 manoscritti e stampe, in gran parte della Biblioteca Corsiniana, ma anche provenienti dalle altre biblioteche pubbliche romane (Angelica, Casanatense, Nazionale, Vallicelliana), oltre che dalla Vaticana.
«Dalla consapevolezza che l’euro non basta — dice il filologo Roberto Antonelli, accademico dei Lincei cui si deve il progetto — abbiamo avviato da tempo, alla Sapienza, varie ricerche sull’importanza di coltivare una coscienza europea, di riconoscere l’importanza di valori comuni». Antonelli, che insegna Filologia romanza all’Università di Roma, parla della necessità di unificare il canone letterario europeo nella formazione scolastica, così come si è fatto per avvalorare l’unità italiana: «È necessario l’insegnamento di una “letteratura europea”, tale da fornire un minimo comun denominatore ai vari Paesi dell’Ue per la formazione letteraria dei giovani: questo problema è stato da noi analizzato e collegato, in una ricerca che ha coinvolto cinque grandi Paesi europei (Portogallo, Spagna, Germania, Romania e Italia), anche al rapporto tra emozioni e letteratura nei giovani».
Intanto, la mostra dei Lincei, che non riguarda solo la letteratura, parte dalla tradizione classico-cristiana, risultato della convergenza tra patrimonio greco-latino e insegnamento soprattutto della Bibbia: padri fondatori Sant’Agostino e San Girolamo; mezzi di trasmissione i codici attraverso la fitta rete dei monasteri. Viene rappresentato il sistema scolastico medievale, che si basa sul ciclo delle sette arti liberali: da una parte il Trivio dedicato alla parola, dall’altra il Quadrivio consacrato alle capacità di «conto», «calcolo» e «misura». Il canone degli autori latini (Virgilio, Orazio, Ovidio...) è il fondamento dell’insegnamento linguistico che si prolunga fino all’Umanesimo e oltre e che, come la Bibbia, si presta a una lettura allegorica in chiave di exemplum e di insegnamento morale. Due culture, quella pagana e quella cristiana, diverse e opposte, che si fondono in una «gigantesca trasmissione e consegna di valori e di testi, sia scritti che orali, formando, di generazione in generazione, una tradizione (da tradere, tramandare, consegnare) che diviene nel tempo una vera e propria forma mentale».
Nella prima sezione, le Bibbie miniate e istoriate (la cosiddetta «atlantica», di enormi dimensioni, proviene dalla Nazionale) si accompagnano con i trattati di retorica (la diffusissima Rethorica ad Herennium in volgare) e, tra gli altri, con quelli di aritmetica. Continuità della tradizione è un concetto chiave: si vedano, per esempio, gli approfondimenti delle Confessioni di Agostino (modello per Petrarca) e della Consolatio Philosophiae di Boezio. Le enciclopedie medievali, che con le immagini dello speculum e del thesaurus rielaborano concetti greci, avranno in Vincenzo di Beauvais e in Brunetto Latini (il maestro di Dante) i loro interpreti più illustri in senso moderno, mentre la compilazione etimologica di Isidoro da Siviglia puntava su un presunto statuto originario del linguaggio. Si diceva che la continuità è tutto e che non si può parlare di cultura europea prescindendo dalla tradizione: da Plinio discende un filone di trattatistica scientifica che si coniuga con il lascito della medicina greca e araba (Ippocrate, Galeno, Avicenna). La Corsiniana conserva un trattato arabo di oftalmologia che contiene la prima rappresentazione occidentale dell’occhio.
Nel cuore della cultura europea del Basso Medioevo si colloca il sapere giuridico, che si estende, anche in chiave «politica», nell’ambito universitario in concorrenza con la teologia fin lì dominante. Ma un’altra grande svolta per la cultura europea è rappresentata dall’aristotelismo che, entrato nell’Occidente latino con le traduzioni arabe nel XII secolo e quasi integralmente tradotto nel Duecento, va a impattare con l’idealismo cristiano, «permettendo di inserire il sapere in una sintesi razionale», come osservano le schede della mostra che compongono una profonda e insieme agile sintesi di storia della cultura europea: dal filosofo islamico Averroè si va alla Summa di Tommaso d’Aquino e al suo sforzo di «trovare un accordo tra filosofia aristotelica e rivelazione cristiana, innestando le strutture metafisiche, logiche e fisiche desunte da Aristotele nella teologia».
Agiografia, letteratura didattica, storiografia, epica e romanzo. Sono voci di una rassegna che reca titoli illustri: a cominciare dalla Legenda aurea di Iacopo da Varazze e dai Fioretti di San Francesco , passando per il Roman de la Rose e per i vari libri di moralità laica, fino alle tipologie testuali, spesso contaminate, che ci portano verso la modernità. Il filone della chanson de geste si apre con la Chanson de Roland per arrivare fino all’Ariosto, mentre il romanzo (termine che deriva da romanz , che significa parlare in volgare) avrà lunga vita nelle sue molteplici declinazioni, a partire dall’invenzione del triangolo amoroso di Tristano e Isotta o dalle avventure cavalleresche di Chrétien de Troyes con la ricerca del Graal, archetipo vitale fino ai colossal hollywoodiani e alle fiction televisive.
Ed eccoci alla lirica, che nasce dai trovatori ma troverà un punto di passaggio cruciale nella riflessione dantesca (il prezioso codice Vaticano Chigiano, con la Vita nuova, è visibile in mostra). L’Italia darà il suo massimo contributo alla letteratura europea con il primo canone di lunghissima durata: il padre Dante («e l’invenzione dell’io», ricorda Antonelli), la lirica petrarchesca, la narrativa di Boccaccio. La coscienza della nostra dimensione europea passa anche (o soprattutto) da lì. Chi volesse rinfrescarsi la memoria faccia un viaggio a Palazzo Corsini.