Corriere 1.3.16
Croce e il cristianesimo Il voto sul Concordato
risponde Sergio Romano
Sono
rimasto sorpreso nel leggere che Benedetto Croce non aveva un buon
rapporto con la cultura cattolica. Mi chiedo se fosse proprio
anticlericale o propugnasse semplicemente la separazione tra Chiesa e
Stato. Non mi pare che il Concordato segnasse necessariamente una
sottomissione alla Chiesa, per cui l’avversione che Croce manifestò non
mi pare giustificata.
Se l’aveva accettato Mussolini, di cui si
ricorda la sfida a Dio di fulminarlo entro cinque minuti, c’è da
supporre che il Concordato fosse stato una intesa doverosa. Vorrebbe
esprimere la sua opinione?
Abelardo Ignoti
Caro Ignoti,
In
una saggio intitolato «Perché non possiamo non dirci cristiani» apparso
su La Critica nel 1942, Benedetto Croce scrisse: «Il cristianesimo è
stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così
grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così
inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi (…). Tutte le altre
rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia
umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei
particolari e limitate». Non era una conversione. Quando parlava di
«rivoluzione compiuta dalla umanità», Croce escludeva implicitamente
interventi ultraterreni e verità rivelate. Benché scritto nel pieno
della Seconda guerra mondiale, il saggio fece molto baccano e fu oggetto
di diverse interpretazioni. Ma non indusse la Chiesa Romana a
modificare il suo giudizio su un filosofo di cui le opere erano state
messe all’Indice sin dal 29 giugno 1934.
Quanto al Concordato,
caro Ignoti, Croce non poteva approvare che lo Stato facesse alla Chiesa
concessioni destinate a trasformare l’Italia in una specie di
condominio. Non gli piaceva, per fare qualche esempio, la creazione di
un Ordinariato militare per l’assistenza spirituale delle Forze armate,
l’insegnamento religioso impartito nelle scuole medie, l’impegno a non
impiegare in un servizio pubblico «sacerdoti apostati o irretiti da
censura». Non gli piaceva che il sacerdote, per la celebrazione del
matrimonio concordatario, divenisse ufficiale di stato civile e che il
Presidente del Consiglio del Regno d’Italia avesse firmato con la Santa
Sede due documenti (il Trattato del Laterano e il Concordato) che
cominciavano con le parole «In nome della Santissima Trinità».
Al
Senato, quando fu messo ai voti un documento che «plaudiva alla felice
soluzione della questione romana», il senatore Croce dette voto
contrario insieme a Luigi Albertini, Alberto Bergamini, Emanuele
Paternò, Francesco Ruffini e Tito Sinibaldi. Prima di votare, aveva
pronunciato un discorso in cui aveva tirato una implicita stoccata a
Mussolini con queste parole: «Accanto e di fronte agli uomini che
stimano Parigi valer bene un messa» vi sono quelli «per i quali
l’ascoltare o no una messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi
perché è affare di coscienza».