Corriere 19.3.16
I migranti rimandati in Turchia
di Ivo Caizzi
Accordo fra Bruxelles e Ankara: l’Europa accoglierà dai campi profughi chi ha diritto all’asilo
Per
ogni migrante ripreso sul proprio territorio da domani 20 marzo, la
Turchia invierà un rifugiato legale da ricollocare in uno dei Paesi
dell’Ue. È uno dei punti previsti dall’accordo raggiunto ieri tra Ankara
e il consiglio dei 28 capi di Stato e di governo dell’Ue. Ma Ungheria e
Slovacchia hanno già anticipato di non voler partecipare.
In cambio la Ue concede fino a 6 miliardi di aiuti e riapre la procedura per l’ingresso nell’Unione
BRUXELLES
Il Consiglio dei 28 capi di Stato e di governo dell’Ue ha superato
faticosamente le forti divisioni interne e ha raggiunto un accordo di
compromesso con la Turchia, che prevede tre miliardi e alcune
concessioni politiche ad Ankara in cambio del blocco dei maxi flussi di
profughi siriani e iracheni diretti principalmente in Germania. Inoltre
tutti i migranti irregolari sbarcati nelle isole elleniche da domani 20
marzo saranno riportati sul territorio turco nel rispetto delle
normative internazionali. L’obiettivo dichiarato è scoraggiare il
ricorso alle organizzazioni criminali impegnate nel lucroso traffico di
esseri umani.
Ogni posizione dovrà essere valutata individualmente
dalle autorità greche. Non si potrà ricorrere a espulsioni di massa.
Sarà possibile appellare il rimpatrio. Per ogni migrante ripreso, la
Turchia invierà un rifugiato legale da ricollocare nell’Ue. Ungheria e
Slovacchia hanno anticipato di non voler partecipare. Il Vaticano ha
protestato tramite il segretario di Stato Pietro Parolin perché di
fronte al «grave dramma» di tanti migranti «dovremmo sentire umiliante
dover chiudere le porte, quasi che il diritto umanitario, conquista
faticosa della nostra Europa, non trovi più posto».
Nella prima
giornata del summit a Bruxelles, conclusa oltre la mezzanotte di giovedì
scorso, i 28 leader hanno dato mandato al presidente stabile del
Consiglio, il polacco Donald Tusk, di negoziare direttamente con il
premier turco Ahmet Davutoglu. La rinuncia di Ankara alla
liberalizzazione dei visti per l’Europa, all’accelerazione del processo
di accesso all’Ue e al raddoppio degli aiuti (fino a sei miliardi) ha
favorito il compromesso. Nel testo restano aperte come possibilità, ma
senza garanzie preventive.
La cancelliera tedesca Angela Merkel,
principale promotrice della collaborazione di Bruxelles con il
controverso presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha ammesso di non
farsi «illusioni» sulle difficoltà di attuare il compromesso soprattutto
per «i grossi problemi legali da superare» nel rinvio in Turchia dei
migranti. «E’ realistico questo progetto di accordo? — ha commentato il
premier Matteo Renzi —. Si, è molto difficile da realizzare. E’ il
frutto di discussioni e compromessi. Le prossime settimane, i prossimi
mesi, ci diranno se sarà anche realizzato». Renzi ha definito «molto, ma
molto complicato» e «né facile né breve» il percorso di eventuale
adesione della Turchia all’Ue, che prevede di rispettare «i diritti
umani, la libertà di stampa e quei valori fondanti dell’Europa». Il
premier italiano ha rilanciato il ricorso ai titoli di debito eurobond
per finanziare gli interventi nei Paesi di provenienza dei migranti e ha
considerato l’accordo Ue-Turchia un «precedente» applicabile negli
Stati africani, da dove partono i flussi diretti sulla costa italiana.
La responsabile Esteri dell’Ue, Federica Mogherini, ha sostenuto in una
lettera che in Libia ci sarebbe «circa mezzo milione» di migranti pronti
a dirigersi verso l’Europa.
Due casi imbarazzanti sono avvenuti
nella conferenza stampa finale del summit. Davutoglu ha criticato il
Belgio per aver consentito a un gruppo di curdi, che lui considera
terroristi, di dimostrare pacificamente contro le violazioni dei diritti
umani in Turchia proprio fuori dalla sede del vertice. Tusk ha
replicato definendo «parole esagerate» quelle del premier turco e ha
aggiunto che «la libertà di parola è il marchio di fabbrica europeo». Ma
il portavoce dello stesso Tusk non ha poi concesso di fare una domanda
sull’accordo preventivamente chiesta da Sevgi Akar Cesme, la direttrice
dell’edizione in inglese del quotidiano d’opposizione turco Zaman ,
diventato noto internazionalmente per essere stato trasformato in organo
sostenitore di Erdogan con un’irruzione della polizia.