Corriere 19.3.16
Chi sono i nuovi padri
di Luigi Zoja
Ogni
evento buio ha un rovescio luminoso. L’eclissi della famiglia
tradizionale è, in sostanza, scomparsa dei padri: se i padri sono
assenti si diventa consapevoli della loro importanza.
Il mio libro
sulla possibile fine del padre uscì nel 2000: coincise con la fine di
un millennio. Il peggior posto della terra sembrava il Ruanda. Così
azzardai: «Possiamo immaginare un futuro in cui il Ruanda sarà un posto
decente: non uno in cui i padri torneranno al loro posto». Oggi il
Ruanda gode quasi di prosperità e stabilità. I padri, invece, non sono
tornati. Il loro tasso di assenza ha continuato ad aumentare. Una
consolazione: forse ha raggiunto livelli tali per cui non aumenta più. I
dati degli Stati Uniti per il 2014 sono un riassunto del mondo. La
quasi totalità dei bambini cresce ancora con la madre. Dispongono anche
del padre l’80% degli asiatici, che scalano le vette dell’istruzione e
della posizione sociale. Lo hanno il 68% dei bianchi, il 52% dei
«latinos», ma solo il 29% degli afro-americani. Essi restano i più
miserevoli: non perché manchino opportunità nell’economia americana, ma
perché da secoli manca la coppia dei genitori alle famiglie
afro-americane. Gli schiavi non avevano personalità giuridica, quindi
non potevano sposarsi: potevano fare figli, ma l’unico legame era quello
con la madre. Fin da quando era uno sconosciuto, uno dei principali
programmi di Obama (purtroppo poco noto in Europa), è stato promuovere
fra i maschi afro-americani il piacere e la fierezza di essere padri di
famiglia.
Ogni statistica mostra evidenti legami tra l’assenza di
padre e l’emarginazione sociale. Non ne è l’unica causa. Il circolo
vizioso di ostacoli in cui popolazioni intere restano rinchiuse è dato
da pregiudizi, dal colore della pelle, dalle barriere linguistiche: ma
anche dalla famiglia-tipo. Quando prevale la ragazza-madre, prevalgono
povertà e analfabetismo.
I padri mancano statisticamente, perché
sono aumentate sia le nascite fuori dal matrimonio sia i divorzi. Ma
sono venuti a mancare anche come simbolo positivo. Hanno spesso abusato
del potere nella storia; e la critica agli abusi ha raggiunto il culmine
nel XX secolo. Purtroppo, il suo risultato non è stato necessariamente
una società dotata di sensibilità più «femminili», supposte più dolci.
Le impronte maschili sono rimaste predominanti: ma dai modelli paterni
si è spesso passati a quelli del branco e del maschio competitivo.
D’altra parte, oggi constatiamo che la competitività è aumentata anche
per le femmine. Il ruolo paterno è molto più legato di quello materno
alla cultura e all’educazione. Quindi può variare di più, col tempo e
fra i popoli: e addirittura scomparire. Certo, i maschi continuano ad
esistere. Ma a volte rinasce in loro la barbarie dell’orda: aumentano
gli stupri di gruppo, in cui (a differenza dal violentatore individuale)
ci si conferma e ci si incoraggia a vicenda. Dall’altro lato, proprio
perché nelle scolaresche il «bullo» è spesso il modello maschile che «fa
tendenza», gli studi dell’Ocse segnalano che nei venti Paesi leader del
mondo la resa scolastica dei maschi continua a diminuire: ormai riesce a
malapena a superare quella femminile solo in matematica. Su questa
crisi di identità maschile, mondiale e senza precedenti storici, mancano
studi adeguati.
Naturalmente nascono anche nuove sensibilità, che
portano i «nuovi padri» ad affiancare di più le madri. Spesso, però, si
limitano al cosiddetto «mammo»: a un accudimento corporeo utilissimo,
ma che non riempie la mancanza di quel contenitore che si chiamava padre
ed era necessario soprattutto in fasi più avanzate della crescita.
Torniamo
all’America, ma Latina. Un grave fattore di ritardo rispetto a quella
del Nord iniziò già dalla scoperta del continente: non vi immigravano
famiglie, ma i conquistadores, maschi soli. Come ci si poteva attendere,
fecero milioni di figli con le donne indie senza sposarle. Una società
senza padre: diversamente da quella di oggi, fin dagli inizi. Vi
prevalevano i «bastardi», identità per secoli associata a scarsa
autostima collettiva. Non stupisce, così, che in Messico «Che
meraviglia!» si dica ancora «Che padre!». È, spiegano i messicani, la
cosa per secoli desiderata e non avuta.
L’autore.
Luigi Zoja, 72 anni, psicanalista, ha lavorato a
Zurigo, New York e Milano. Dal 1998 al 2001 ha presieduto la
International association for analytical psychology, associazione che
raggruppa gli analisti junghiani nel mondo. Ha vinto per due volte (2002
e 2008) il Gradiva Award assegnato ogni anno negli Stati Uniti alla
saggistica psicologica. I suoi saggi sono tradotti in 15 lingue. Tra
questi, il celebre Il gesto di Ettore, dedicato alla «scomparsa del
padre», uscito in edizione aggiornata, ampliata e riveduta da Bollati
Boringhieri.