Corriere 18.3.16
Il leader evita un altro duello: lui non c’entra con il governo
Ma si complicano le mediazioni in vista della direzione pd
di Maria Teresa Meli
ROMA
A una manciata di giorni dalla Direzione si riaccende lo scontro nel
Partito democratico. E così quella che in questa settimana sembrava
profilarsi come una riunione non più ad alta tensione, grazie anche al
lavorìo dei pontieri (Dario Franceschini in primis), rischia di
tramutarsi adesso in un campo di battaglia.
Per l’ennesima volta
(ma non sarà l’ultima) è la figura di Denis Verdini a scatenare la
polemica tra maggioranza e minoranza. Pier Luigi Bersani, che l’ha
giurata a Matteo Renzi, manda in avanscoperta due suoi luogotenenti, i
senatori Federico Fornaro e Miguel Gotor, a chiedere conto al leader del
rapporto con Verdini.
Ma il segretario-premier preferisce non
andare allo scontro su questo terreno. Nessuna dichiarazione ufficiale
sul caso. Solo una riflessione ad alta voce, affidata ai fedelissimi,
che si può riassumere in questi termini: «Sono strumentalizzazioni:
perché attaccare noi quando sanno tutti che Ala non è in maggioranza e
non ci entrerà? Se Verdini sarà condannato in via definitiva pagherà,
come è giusto che paghino tutti, ma cosa c’entra il governo?». E i
renziani, infatti, replicano alla minoranza bersaniana sulla falsariga
di questo ragionamento.
La linea è quella di andare avanti come se
nulla fosse. Sarà difficile, però. È vero che l’opposizione interna ha
fatto sapere che non intende cavalcare eccessivamente un caso
giudiziario, e che, piuttosto, vuole concentrarsi sul referendum che
riguarda le trivellazioni, ma nel quartier generale del Nazareno sono
convinti che difficilmente i bersaniani resisteranno a questa
tentazione.
Peraltro, benché questo procedimento di Verdini sia
destinato a cadere in prescrizione tra qualche mese, il leader di Ala ha
altri procedimenti che pendono sulla sua testa e, quindi, è improbabile
che la vicenda si chiuda qui.
In più, la Lega ha annunciato che
presenterà una mozione di sfiducia al governo su questo caso. È un modo
per acuire le divisioni nel Partito democratico. Infatti, se il
Carroccio prendesse veramente una simile iniziativa, il Pd si troverebbe
in difficoltà, dal momento che la minoranza bersaniana si troverebbe di
fronte a un bivio: «difendere» Verdini o non dare la fiducia al
governo.
Appare comunque evidente che Renzi intende spostare lo
scontro in Direzione su un altro terreno, a lui più favorevole. Quello
del referendum sulle trivelle. Su quello sì che il premier darà
battaglia.
E non farà nessuno sconto alla minoranza che gli chiede
di rivedere la posizione assunta dal Partito democratico
sull’iniziativa referendaria (l’astensione): «I numeri per usare il
simbolo del Pd ce li ho io».