mercoledì 16 marzo 2016

Corriere 16.3.16
Le due destre destinate a un ruolo gregario
di Massimo Franco

La domanda è che cosa succederà «dopo»: dopo la probabile spaccatura tra Forza Italia e Lega. Meglio: tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Nella scalata proibitiva al Campidoglio, si vanno delineando «due destre», non in sintonia ma in rotta di collisione dopo ventidue anni di alleanza. È l’esito finale del declino berlusconiano, dell’incapacità della vecchia leadership di costruire un’eredità politica condivisa e accettata da tutto quel fronte; e del protagonismo «lumbard». Il paradosso è che la frattura si consuma non in Lombardia: il teatro è la capitale.
E pensare che Roma, per il Carroccio, è «periferia» odiata e temuta rispetto ai suoi interessi elettorali; e, per FI, serbatoio di consensi marginali rispetto a quelli di An e, adesso, di Fratelli d’Italia. Le candidature per il Campidoglio stanno invece accelerando un’esplosione che è in primo luogo sociale e di identità politica. Il «terreno neutro», nel senso che non c’è una giunta da proteggere ma solo una probabile sconfitta da gestire, fa emergere l’incompatibilità tra due visioni. Il termine «infezione», usato dal berlusconiano Giuseppe Toti, presidente della Liguria, è appropriato.
Rende bene l’idea del malessere invisibile che sta svuotando il centrodestra; e che potrebbe propagarsi. Per questo rimbalzano gli appelli a circoscrivere l’epidemia polemica. E si fa presente che gli avversari sono a sinistra, non nel centrodestra: cosa vera, ma solo fino a un certo punto. Perché se la convinzione prevalente è che a Roma non ci siano margini per vincere, il problema non è quello del candidato che sconfigga il M5S e il Pd. Diventa invece come marcare il territorio del centrodestra; e ancora di più come impedire che venga riplasmato da alleati di colpo infidi.
La lotta per la leadership tra l’anziano fondatore e il leghista rampante è solo una parte dello scontro. L’altra riguarda le modalità della transizione da una guida berlusconiana a una a trazione leghista; e il tipo di elettorato al quale rivolgersi. Nei toni xenofobi e virulenti di Salvini si avverte la deriva estremista del Carroccio; e, verso Berlusconi, un’operazione che mira a una sorta di rottamazione di destra. Quando il capo leghista dice di avere più voti non chiede un accordo ma una capitolazione.Il partito dell’ex Cavaliere appare troppo debole per sventarla ma anche per accettarla.
La diaspora del centrodestra per il Campidoglio sarà inevitabile, a meno di un ripensamento in extremis. Il via libera che il vertice di FdI, il partito di Giorgia Meloni, ha dato alla candidatura, è un «prendere o lasciare» in tandem con la Lega, rivolto ai berlusconiani. Dentro FI si indovina qualche dubbio per il muro contro muro a difesa di Guido Bertolaso. Ma forse anche nel Carroccio la linea liquidatoria di Salvini non incontra grandi entusiasmi. È chiaro solo che l’«infezione» prepara un centrodestra gregario.