Corriere 13.3.16
Vatileaks, monsignor Balda torna in cella. «Inquina le prove»
Nuova udienza, domani gli interrogatori. Chaouqui: Bergoglio mi sciolga dal segreto, così potrò difendermi
di Virginia Piccolillo
ROMA
Smagrito, pallido, accompagnato dai gendarmi. Quando monsignor Lucio
Vallejo Balda è comparso in aula per la ripresa del processo sulla fuga
di notizie in Vaticano, è stata subito chiara la svolta: dagli arresti
domiciliari è stato nuovamente portato nella cella della gendarmeria. E,
immediatamente, i veleni sono tornati a inondare la vicenda nata con la
pubblicazione dei libri di Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi sul
malaffare nella Santa Sede. Caricando di sospetti l’accusa vaticana:
aver tentato di inquinare le prove.
Così, al termine dell’udienza
di ieri, c’era chi giustificava il provvedimento raccontando dei
contatti del sacerdote con un giornalista spagnolo. Chi sussurrava del
tentativo, per interposta persona, di trovare dagli arresti domiciliari,
prove a sostegno della sua autodifesa. E chi si spingeva a parlare di
tentativo di fabbricare falsi testimoni a pagamento, che avrebbe dato
vita a un nuovo troncone di indagine. Via via fino al diffondersi di una
voce che accreditava un suo tentativo di suicidio.
Il direttore
della sala stampa, padre Lombardi, smentisce tutto. «Nessuna nuova
indagine. Nessun tentativo di suicidio. Nessuna nuova accusa, se non
quella di aver comunicato con l’esterno. Nonostante, per precauzione,
gli fosse stato imposto il silenzio come condizione per i domiciliari.
Così pochi giorni fa gli sono stati revocati».
Non c’è niente da
minimizzare invece secondo Gabriel Arisa, giornalista spagnolo,
direttore del Blog Infovaticana, amico del sacerdote: «Balda ha paura
per la sua vita. Me lo ha scritto in una lettera. Gli arresti
domiciliari li ha trascorsi nella stessa stanza dove è stato trovato
morto in circostanze misteriose Jozef Wesolowski, l’ex Nunzio Apostolico
arrestato per pedofilia». Secondo l’autopsia vaticana per arresto
cardiaco. E denuncia: «Lo accusano di aver contaminato le prove. Ma
tenere sequestrato un sacerdote che non è accusato di pedofilia dà
un’immagine pessima della giustizia vaticana».
Ad opporsi alle
verità di Balda, la difesa di Francesca Immacolata Chaouqui: ieri in
aula con il pancione, per la gravidanza al settimo mese di un bebè che
intende chiamare Pietro. Ben determinata a difendersi dalle accuse di
associazione a delinquere con Balda, cui lei invece imputa l’intera
responsabilità della sottrazione di documenti vaticani. La Chaouqui
vuole che sia tolto il «segreto pontificio» sulla sua attività di
consulente alla commissione vaticana Cosea e, domani, depositerà la
richiesta agli atti. Poi inizierà la due giorni di interrogatori. La sua
difesa chiede di ascoltare chi ha compiuto la perizia telefonica su sms
e chat «pruriginose», messe agli atti, secondo la sua versione,
incomplete e selezionate ad arte per screditarla simulando una liaison
con il monsignore.