Corriere 10.3.16
Psiche e crudeltà
La violenza senza limiti figlia dell’anestesia emotiva
di Claudio Mencacci
La
violenza e la crudeltà sono comportamenti, non malattie. Abbiamo spesso
difficoltà a concepire che la nostra specie umana possa uccidere solo
per piacere o curiosità. Del resto anche dietro guerre, odi razziali,
conflitti religiosi o ideologici c’erano e ci sono persone, gruppi
violenti. Nei tragici fatti di Roma le azioni sono perseguite con
lucidità, il «novelty seeking» ovvero la ricerca della novità emotiva,
viene perseguito attraverso l’uso di sostanze che facilitano il
superamento di qualunque freno inibitore costruendo sulla persona che ne
fa uso un clima di anestesia emotiva. La logica di non avere limiti in
un mondo che «illude tutti», bellezza salute, giovinezza, impunità, ove
tutto pare possibile, porta anche alla concretizzazione della «parte
oscura» della mente, dove vengono realizzate le fantasie aggressive,
dove la frontiera tra reale e virtuale diventa meno nitida. La «triade
nera», ovvero il mix di antisocialità, narcisismo e sadismo, declina
tutti i suoi effetti negativi su vittime sempre fragili, esposte,
emotivamente o economicamente raggirabili. Troppo spesso si sceglie la
via più facile e si giustificano degli episodi di violenza con «supposti
disturbi psichici» dimenticando che si tratta il più delle volte di
persone «non sofferenti psichicamente», ma con scarsissima tolleranza
alla frustrazione, con tendenza all’impulsività, alla cattiveria,
all’antisocialità. Uomini che non riescono a sentire e a riconoscere il
dolore altrui, ma solamente a godere nel poter infierire.