Corriere 10.3.16
La perdita progressiva di ruolo e funzioni del nostro Parlamento
I cambi di maggioranza sono un male meno grave della scelta di usare il voto di fiducia su questioni etiche
di Stefano Passigli
La
proposta di legge sulle unioni civili, e in particolare la controversa
questione della stepchild adoption , ha così profondamente occupato la
scena politica che vi è ben poco su cui l’opinione pubblica non abbia
potuto riflettere. In realtà, vi sono almeno quattro aspetti che
meritano una ulteriore valutazione. In primo luogo, la decisione di
Renzi di blindare la legge attraverso un accordo con il Ncd e il gruppo
di Verdini ricorrendo al voto di fiducia conferma la natura di governo a
maggioranze variabili dell’attuale Esecutivo. Anche se nel voto finale
il perimetro della maggioranza si è indubbiamente allargato, è infatti
opportuno ricordare che lo stesso era avvenuto per l'elezione del Capo
dello Stato, dei Giudici Costituzionali, e dei membri del Csm in accordo
con il M5S. Se si aggiunge che fino alla caduta del «canguro» il
sostegno alle unioni civili veniva da una maggioranza Pd-Sel-M5S,
diviene ancor più evidente che non di un mutamento di maggioranza di
governo si è trattato, bensì di un semplice mutamento di maggioranza
parlamentare imposto dalla necessità di approvare la legge; il che
conferma ulteriormente la natura di governo a maggioranze variabili del
governo Renzi.
In secondo luogo, non si deve dimenticare che
mentre l’adozione del «canguro» avrebbe sollevato dubbi di legittimità
costituzionale, dato che l’art. 72 della Costituzione impone che le
leggi si approvino «articolo per articolo», il ricorso al combinato uso
di maxi-emendamento e voto di fiducia ha caratterizzato tutti i governi
degli ultimi venti anni senza che mai della sua legittimità sia stata
investita la Corte Costituzionale. L’eccessivo ricorso al voto di
fiducia può dunque essere politicamente criticato perché limita le
prerogative del Parlamento, e perché è indubbio indice di una
maggioranza di governo debole o divisa, ma rientra a pieno titolo negli
strumenti a disposizione dei governi per l’attuazione del loro indirizzo
politico.
Vi è un terzo aspetto sulla cui base valutare la
decisione del Governo di ricorrere a maxi-emendamento e voto di fiducia.
Non si può infatti dimenticare che la legge sulle unioni civili,
toccando temi eticamente sensibili, divideva trasversalmente tutti i
gruppi parlamentari. Dobbiamo insomma chiederci se sia stato giusto e
politicamente saggio trattare una questione etica e di diritti alla
stregua di una normale politica di governo sulla quale ricercare una
qualsiasi maggioranza, rinunciando agli aspetti più controversi della
legge, anziché lasciare che il Parlamento si pronunciasse liberamente,
anche attraverso voti segreti. Da un lato, la certezza di conseguire un
risultato, ma al prezzo del ricorso ad una maggioranza variabile
particolarmente difficile da accettare per molte componenti della
coalizione di Governo. Dall’altro, il rischio che al Senato la legge
uscisse monca di aspetti essenziali, ma modificabile alla Camera, e
approvabile al Senato in terza lettura ricorrendo se necessario al voto
di fiducia. Il giudizio sulla scelta del Governo, o meglio del Pd, è
giudizio politico non pertinente in questa sede.
Infine, un ultimo
aspetto largamente ignorato su cui richiamare l’attenzione è il
rapporto di logica costituzionale che esiste tra divieto di mandato
imperativo, sistema elettorale, e voto segreto a tutela della libertà di
coscienza. Il divieto di mandato imperativo, nato per garantire
l’indipendenza del singolo parlamentare dal Sovrano assoluto, ha
conservato la sua validità quale salvaguardia dell’autonomia del singolo
parlamentare rispetto al proprio gruppo di appartenenza. Laddove — come
nei sistemi elettorali a collegio uninominale — il singolo parlamentare
ha un consolidato rapporto con la propria constituency , la sua
indipendenza è assicurata in primo luogo dal suo radicamento nel proprio
collegio, e il divieto di vincolo di mandato ha minor rilevanza. Il
principio diviene invece essenziale quando il sistema elettorale preveda
non la «elezione» dei parlamentari da parte dei cittadini, ma la loro
«nomina» da parte delle segreterie di partito in liste bloccate o in
collegi sicuri in cui «paracadutare» il singolo parlamentare, come
avveniva con il Mattarellum , e ancor più con il Porcellum e in parte l’
Italicum . In tali condizioni la libertà del parlamentare nei confronti
di chi ha il potere di rieleggerlo o di escluderlo dal Parlamento è
minima e può essere tutelata solo dal voto segreto.
In linea
generale la segretezza del voto lede un aspetto fondamentale della
rappresentanza democratica: la conoscenza da parte dei cittadini del
concreto comportamento dei propri rappresentanti. Essa deve perciò
essere limitata solo a quei rari casi — come per la stepchild adoption ,
che per i nati dopo l’unione di coppie gay implica l’avvenuto ricorso
alla maternità surrogata — in cui una decisione politica investe
fondamentali questioni etiche e veri e propri reati.
In
conclusione, la decisione di utilizzare il voto di fiducia su questioni
etiche, cancellando il ricorso al voto segreto, ha limitato gravemente
la libertà di coscienza dei singoli parlamentari. Anche se ha permesso
l’approvazione di una legge a lungo colpevolmente disattesa, e
introdotto nel nostro Paese diritti esistenti in tutta Europa, essa ha
pagato il prezzo di contribuire ulteriormente alla progressiva perdita
di ruolo del Parlamento. Che è male ben più grave e duraturo di quei
cambi di maggioranza parlamentare di cui tanto si discute in questi
giorni, senza domandarsi se il ricorso a maggioranze variabili oltre a
segnalare una debolezza non possa anche ridare una qualche centralità al
Parlamento.