Corriere 10.3.16
«C’è chi gioca a farci male»
Renzi è pronto a chiedere un documento con un voto in direzione che vincoli la minoranza interna
Voto in Direzione: l’obiettivo è arginare, da Napoli a Milano, le manovre della sinistra
di Maria Teresa Meli
ROMA
Camera dei deputati, pomeriggio inoltrato. Su un divanetto siedono i
deputati pd di rito veltroniano: Andrea Martella, Vinicio Peluffo,
Roberto Morassut. Arriva a passettini veloci Walter Verini, braccio
destro dell’ex segretario e interpella così l’ultimo della fila: «Sulle
primarie hai fatto un comunicato troppo morbido, vatti a vedere quello
che ho diffuso io su Bassolino, è molto più duro».
Sarà pur vero
che Veltroni ormai, come dice lui, è in tutt’altre faccende affaccendato
e si occupa solo del suo prossimo film che ha come tema la felicità,
ma, chissà perché, i suoi uomini si danno un gran da fare per
sottolineare le pecche del partito targato Renzi.
Sul divanetto di
fronte l’ex dalemiano Gianni Cuperlo sta scrivendo una email ad Andrea
Orlando, che di Napoli è stato il commissario, per dirgli di fare
qualcosa in favore di Bassolino.
Già, Bassolino. Che farà l’ex
sindaco del capoluogo partenopeo? Lo hanno chiamato in molti, da D’Alema
a Bersani. Lui per ora non scioglie il dilemma ma è arrabbiatissimo:
«Gli uomini di Ala sono venuti da me a chiedermi se volevo i loro voti e
io ho detto di no, però altri non sono stati altrettanto corretti», si è
sfogato con un amico. Il bersaniano Nico Stumpo, che gli ha parlato al
telefono, scommette con qualche collega del Pd che «si candiderà per
cavoli suoi». Opinione abbastanza diffusa, questa, a Montecitorio, tanto
più perché a curargli la campagna delle primarie e a sostenerlo in
questa battaglia è l’eurodeputato Massimo Paolucci, più dalemiano di
D’Alema stesso. «E l’ex premier», si commenta nei capannelli del Pd,
«vuole vendicarsi di Renzi».
Non a caso sta «lavorando» anche su
Roma. L’ex premier in questo periodo ha avuto molteplici incontri nella
Capitale. Ha parlato con Ignazio Marino, con Walter Tocci e, ovviamente,
con il vicino di casa, nonché grande amico, Massimo Bray. Ieri si era
sparsa la voce che quest’ultimo avesse incontrato Marino per decidere
chi dei due dovesse scendere in campo come candidato della sinistra, ma
l’ex ministro dei Beni culturali ha negato quell’incontro.
Il tema
della candidatura di uno dei due, comunque, c’è. Ne hanno parlato in
gran segreto a Montecitorio lunedì scorso il capo di Sel romana, Paolo
Cento, il leader nazionale di quel partito, Nicola Fratoianni, il
capogruppo Arturo Scotto e Stefano Fassina, il quale ha proposto di
convocare le primarie perché lui non intende fare passi indietro.Ma
Scotto era perplesso: «E se poi ci viene meno gente che a quelle del Pd
che figura ci facciamo?».
Comunque a Roma un candidato di sinistra
anti-Pd ci sarà senz’altro. Come a Milano, dove i vertici nazionali di
Sel, dopo che Francesca Balzani ha detto al Corriere della Sera che non
guiderà la lista «arancione» d’appoggio a Beppe Sala, intendono sfilarsi
dall’accordo delle primarie e sostenere un’altra candidatura. Magari
quella di Gherardo Colombo. Stumpo è quasi certo che alla fine sarà
questo il nome: «Sennò perché la Balzani si sarebbe fatta da parte?». E
D’Alema è interessato anche alla partita che si giocherà nel capoluogo
lombardo. Qualche tempo fa ha chiesto addirittura a Pippo Civati, che
non è propriamente un suo amico, di scendere in campo a Milano.
Insomma,
tutto è in movimento e da quel che si è capito i candidati del Pd
potrebbero trovarsi in tutte le maggiori città a dover combattere anche
con un competitore di sinistra. E la minoranza interna, che promette di
sostenere lealmente i candidati del partito, non sembra disposta a
impegnarsi più di tanto.
Raccontano che Matteo Renzi sia piuttosto
infastidito da tutto ciò e che prometta un intervento durissimo in
Direzione e la votazione di un documento che vincoli la minoranza
interna: «Non si può ogni volta rimettere in discussione il risultato
delle primarie tentando di minarle alle fondamenta. Non si può stare in
un partito e attaccarne i candidati a sindaco. Scelgano una volta per
tutte da che parte stare», si è sfogato con i collaboratori.
«Una
certa sinistra dentro e fuori il Pd vuole giocare a farci male», ha
rincarato la dose poco dopo, lasciando intendere che l’ipotesi di un
D’Alema scissionista non è poi tanto peregrina: «Gli altri no, ma lui
sta giocando a un altro gioco...».