giovedì 10 marzo 2016

Corriere 10.3.16
E il metalmeccanico bianco sceglie Sanders
Nelle primarie in Michigan, Stato delle industrie, il senatore soffia la vittoria alla favorita Hillary
Come Trump ha pescato nel bacino degli operai, grandi delusi. E li invita alla sua rivoluzione
di Giuseppe Sarcina

NEW YORK Neanche Bernie Sanders, oltranzista anche nell’ottimismo, si aspettava di vincere in Michigan. Lo Stato della grande tradizione manifatturiera, delle «tute blu», dei solidi sindacati metalmeccanici, della folta comunità afroamericana. Insomma un territorio a misura di Hillary Clinton, secondo le categorie geopolitiche più consolidate e, soprattutto, secondo i sondaggi della vigilia. Bernie avrebbe dovuto perdere con un distacco di 20 punti percentuali. E’ arrivato davanti a Hillary per un punto e mezzo: 49,82% contro 48,28%. Un’impresa. E fa una certa impressione vedere, nella notte di Miami, i due protagonisti della serata, parlare uno dopo l’altro. Donald Trump, in un resort esclusivo, arringa i suoi fan in diretta televisiva, pavoneggiandosi con la sua ricchezza, fatta anche di bistecche, acqua minerale, riviste esposte su un banchetto. Bernie Sanders, più stropicciato del solito, davanti a un microfono senza pubblico, invita gli americani a unirsi «alla sua rivoluzione». Sono già cinque milioni, con donazioni medie di otto dollari a testa.
Tutti e due nel Michigan hanno pescato in un bacino che sembrava blindato. Tra cittadini bianchi, maschi adulti, lavoratori delle fabbriche o nell’indotto dell’industria meccanica. Sono gli arrabbiati, sono i grandi delusi. Stanno con Trump e si era capito; molti, si è scoperto l’altra notte, anche con Sanders. Un solo dato: il senatore del Vermont ha ceduto il passo tra l’elettorato femminile a Hillary, ma l’ha battuta di 10 punti tra quello maschile.
Bernie sta sgretolando, uno dietro l’altro, schemi, ragionamenti che sembravano intoccabili. E’ questo che inquieta, anzi allarma lo staff di Clinton, la candidata tuttora favorita. Il profilo socio-economico del Michigan è simile a quello dell’Illinois, in parte dell’Ohio e di molti altri Stati del Nord. Sarebbe, quindi, un errore marchiano non ascoltare ciò che racconta il voto di martedì 8 marzo. È vero Hillary è arrivata davanti nella vecchia striscia industriale del Michigan. Ma i risultati sono stati più o meno all’altezza delle aspettative solo nella Contea di Wayne, cioè a Detroit e dintorni: distacco di 11 punti. Già salendo verso Pontiac, e poi su fino a Flint e poco oltre, l’egemonia clintoniana si affievolisce. La macchina organizzativa, fatta da quadri di partito e sindacalisti, che aveva retto nel Nevada, qui si disunisce.
Hillary, invece, ha incassato quasi in blocco il consenso della comunità nera (circa 1 milione e mezzo su nove milioni di abitanti). Ma con un’interessante eccezione. Secondo una ricerca sugli «exit poll», Sanders avrebbe superato Clinton tra gli under 25 afroamericani. E in effetti per quale motivo il «Feel the Bern» che entusiasma i ragazzi bianchi d’America non dovrebbe coinvolgere i coetanei neri?
Il successo del senatore settantaquattrenne contiene un giudizio implicito anche sulla politica economica di Barack Obama. La crescita c’è stata, lo dimostrano i numeri. La distribuzione dei benefici tra i lavoratori, gli operai, le fasce più deboli, non sempre. E questo lo dicono le urne.
Sanders, infine, è l’unico dei contendenti per la Casa Bianca a rifiutare la retorica del primato storico-morale americano. Anzi sostiene che gli Stati Uniti, per quanto forti, abbiano qualcosa da copiare, magari dall’Europa: la sanità gratuita e l’istruzione garantita per tutti. E’ la tesi del regista Michael Moore, nato proprio a Flint, la città dell’acqua al piombo: uno scandalo vergognoso per le autorità pubbliche. «Where to invade next» è il titolo sarcastico del documentario di Moore: anziché invadere i Paesi, importiamo le politiche sociali utili: le ferie pagate (Italia) o il sostegno agli studenti (Svezia), per esempio.
Evidentemente molte persone cominciano a pensare che l’America non sia (solo) la «terra benedetta da Dio». Parole del pio candidato repubblicano Ted Cruz? No, sono di Hillary Clinton.