martedì 9 febbraio 2016

Repubblica 9.2.16
Nel laboratorio di Milano si decide anche la strategia di Renzi
L’ipotesi di due liste per affiancare il candidato dal centro e dalla sinistra
L’obiettivo del premier è fare del Pd un nuovo grande partito dei moderati Il referendum sulle riforme sarà l’occasione per rimescolare le carte
di Stefano Folli

AL di là della polemica esagerata e pretestuosa sul voto dei cinesi, la vittoria di Sala nelle primarie milanesi cambia lo scenario del centrosinistra, forse anche su scala nazionale. Quel che è certo, comincia una partita complessa, degna di quel “laboratorio politico” che la città è sempre stata. In sintesi, l’ex commissario dell’Expo - ed ex collaboratore di Letizia Moratti ha la possibilità di conquistare segmenti importanti di elettorato di centrodestra (quindi ex berlusconiani, ma in parte forse anche leghisti) riunendoli dietro di sé in un amalgama mai sperimentato con il tradizionale mondo del centrosinistra.
Si è già detto che questa è l’elezione in cui sono protagonisti i “city manager” o comunque personaggi delle professioni lontani dalla politica e soprattutto dai partiti: oltre a Sala c’è la probabile candidatura di Stefano Parisi per l’asse Berlusconi- Salvini, oltre a quella già in campo di Corrado Passera. Ma il candidato “renziano” vincitore delle primarie è espressione di una logica che va al di là della vita cittadina, anche se è a Milano, nella contesa per Palazzo Marino, che tutto si decide. Non si tratta di citare il “partito della nazione” ripudiato da Renzi e dallo stesso candidato. Tuttavia la missione di questi non potrebbe essere più chiara. Essa poggia su due interrogativi: primo, è in grado il vincitore delle primarie di diventare il punto di riferimento della Milano moderata dopo gli anni “arancioni” della giunta Pisapia, espressione di una borghesia di sinistra peraltro molto forte e radicata? È lo stesso obiettivo perseguito da Renzi sul piano nazionale: fare del Pd, ricostruito a immagine del premier-segretario, il nuovo grande partito moderato italiano. Finora questo sfondamento al centro, anzi al centrodestra, non si è verificato: salvo in quel “test” particolare e poco attendibile che è il voto europeo.
È chiaro che Renzi attende il referendum di ottobre sulla riforma costituzionale per riproporsi come il leader che rimescola tutte le vecchie appartenenze. Intanto però il laboratorio milanese può offrire preziose indicazioni. Se il candidato Sala, che non appartiene alla storia del Pd tradizionale, riesce a conquistare i ceti moderati, Renzi ne potrà ricavare buoni auspici in prospettiva nazionale.
Ma il cammino non sarà una passeggiata. I due candidati della sinistra, Balzani e Majorino, hanno dimostrato di avere un seguito, coincidente con l’influenza esercitata dal sindaco uscente.
Non sembra credibile, a questo punto, che nasca una lista di sinistra contro Sala guidata da un candidato sconfitto alle primarie. Il “patto di lealtà” richiamato da tutti più volte a qualcosa servirà. Ci sarà una lista minore, probabilmente gestita da Civati, ma avrà un peso limitato. Il vero problema di Sala sarà tenersi stretto l’elettorato di Pisapia (e quindi della Balzani e di Majorino).
Questa è la sfida sostanziale: perdere il meno possibile a sinistra riuscendo, al contempo, a entrare nell’opinione di centrodestra. È plausibile allora che il sindaco uscente organizzi una sua lista: non per contrastare Sala, bensì per affiancarlo, sostenerlo e condizionarlo. Questo spiegherebbe la frase di Pisapia ieri: “mi sento vincitore”.
SE così fosse, prenderebbe forma una sinistra ex arancione interna alla logica renziana così come si riflette nella candidatura principale. Non solo a Milano: Pisapia potrebbe ambire a svolgere un ruolo nazionale, riorganizzando la sinistra Pd e oltre. Non entrerebbe in urto frontale con il premier, non alimenterebbe mini-scissioni. Ma si terrebbe le mani libere in vista di futuri, possibili incidenti politici del presidente del Consiglio.
Allo stesso modo, potrebbe nascere a Milano una lista civica di centro. Anch’essa affiancherebbe Sala, testimone del Pd, e lo aiuterebbe a compiere la sua missione principale: appunto la conquista degli ex berlusconiani e la disarticolazione della vecchia destra. In chiave nazionale, questa soluzione offrirebbe una ragione d’essere ai centristi, a patto che siano capaci di rinnovarsi. A favore di Renzi, ma soprattutto di se stessi: con o senza l’Italicum.