Repubblica 9.2.16
Un’unica autorità per governare l’euro
di Jens Weidmann François Villeroy De Galhau
OGGI
l’Europa si trova a un bivio. La crisi del debito non è del tutto
terminata, e in molti Stati membri la disoccupazione rimane elevata.
L’ascesa del terrorismo e l’ingente afflusso di profughi sono dei
problemi che non potranno rimanere senza risposta.
IN FRANCIA come
in Germania, qualcuno può avere la percezione che la solidarietà
europea, su questi due punti, sia carente. Altri arrivano addirittura a
rimettere in discussione il progetto europeo, e le tendenze nazionaliste
in diversi Stati membri si stanno accentuando. Tuttavia, come cittadini
europei impegnati, noi siamo del parere che il futuro dell’Europa non
possa poggiare su una rinazionalizzazione, ma al contrario debba passare
attraverso un rafforzamento delle sue basi. Gli europei condividono
valori forti, un modello sociale equo e una moneta solida. È questo il
patrimonio su cui dobbiamo costruire. Premesso ciò, va detto che la
crisi del debito sovrano ha scosso la fiducia nell’Unione economica e
monetaria europea. Malgrado le differenti misure in atto per migliorare
la stabilità della moneta unica, il quadro strutturale presenta
insufficienze gravi. Non solo: la zona euro patisce la debolezza della
crescita economica. Se è vero che la politica monetaria ha apportato
sostegno all’economia della zona euro, è vero anche che non è in grado
di generare una crescita duratura, dunque non costituisce l’argomento
principale di questo editoriale. Sono necessare altre politiche
economiche. Per rafforzare la prosperità e la stabilità della zona euro è
necessario erigere tre pilastri economici: programmi di riforme
strutturali nazionali portati avanti con determinazione, un’unione
ambiziosa di finanziamenti e investimenti e una gestione migliore
dell’economia.
Il fardello demografico. Programmi di riforme
strutturali condotti con determinazione sono essenziali per rafforzare
crescita e occupazione. Cominciamo dalla Francia: il funzionamento del
mercato del lavoro necessita di miglioramenti e va affrontato il
dualismo fra contratti a tempo determinato e indeterminato; al di là del
credito di imposta per competitività e occupazione, sono necessarie
altre misure per ridurre il costo degli impieghi non qualificati; il
sistema di istruzione e formazione va riorganizzato per creare vie
d’accesso al lavoro per i giovani, la promozione dell’apprendistato
potrebbe rappresentare la via migliore. Sui mercati di beni e servizi,
la concorrenza va rafforzata sopprimendo le barriere in entrata e in
uscita, in particolare nei servizi. Sul debito pubblico, si dovrebbero
proseguire gli sforzi intrapresi per raggiungere livelli più
sostenibili: la disciplina di bilancio va rafforzata con una gestione
più rigorosa delle spese.
Anche la Germania, a dispetto della
situazione economica più favorevole, deve proseguire sulla strada delle
riforme: le tendenze demografiche dovrebbero comportare una diminuzione
della popolazione attiva, e l’afflusso di rifugiati a cui assistiamo non
cambierà le cose in modo significativo. Il risultato sarà un
rallentamento della crescita nel lungo periodo. Due sono le leve
principali per agire: innalzare l’età di pensionamento, per allinearla
all’aspettativa di vita, e accrescere il tasso di attività, in
particolare incoraggiando più donne a prendere parte al mercato del
lavoro. I servizi per l’infanzia e i servizi educativi vanno migliorati e
sviluppati. Il sistema fiscale e di ridistribuzione tedesco può essere
modificato per stimolare la ricerca di un impiego retribuito. È
necessario varare misure decise per garantire ai rifugiati che
resteranno nel Paese le conoscenze linguistiche e le competenze
professionali necessarie per trovare lavoro. Inoltre, gli ostacoli
all’aumento della produttività potrebbero essere eliminati riducendo le
barriere in entrata, per esempio con la liberalizzazione e la
deregolamentazione delle professioni, o con la rimozione dei vincoli
alla creazione di un’impresa.
Un’insufficiente mobilizzazione del risparmio.
Oltre
a riforme strutturali su scala nazionale, sono necessarie misure a
livello europeo per rafforzare la crescita. La soppressione delle
barriere esistenti alla creazione di un mercato comune nei servizi e nel
digitale consentirebbe di moltiplicare i benefici prodotti
dall’integrazione dei mercati dei beni.
La seconda tappa
importante sulla strada del rafforzamento della zona euro riguarda
l’implementazione di un programma ambizioso di “unione dei finanziamenti
e degli investimenti”. Infatti, una delle sfide principali riguarda il
paradosso di un risparmio abbondante che non viene sufficientemente
mobilizzato per investimenti produttivi. L’Europa può fare di più per
colmare il divario, l’emissione di azioni sembra l’evoluzione più
promettente. In Europa il peso dell’emissione di azioni fra gli
strumenti di finanziamento delle imprese è la metà che negli Stati
Uniti, mentre il finanziamento attraverso il debito è il doppio. Questo è
un problema, perché il finanziamento attraverso l’emissione di azioni è
il modo migliore per condividere i rischi e le opportunità, e per
sostenere l’innovazione. Per esempio, il mercato borsistico americano,
caratterizzato da una forte integrazione, è in grado di ammortizzare il
40% di uno shock economico che interessa un singolo Stato, perché i
guadagni e le perdite delle imprese vengono distribuiti fra i
proprietari sull’insieme del territorio.
Condivisione di
sovranità. Nella zona euro, questa forma di condivisione dei rischi è
quasi inesistente. Avvicinarsi ai livelli Usa consentirebbe di diventare
un’unione monetaria più solida. Il progetto della Commissione europea
di creare una “unione dei mercati dei capitali” offre risposta ad alcuni
problemi. Prese singolarmente, iniziative come “l’unione dei mercati
dei capitali”, il piano Juncker per gli investimenti e il completamento
dell’unione bancaria (una volta soddisfatte le condizioni preliminari)
non sarebbero realmente significative, mentre sotto una forma più
razionalizzata e ribattezzata “unione dei finanziamenti e degli
investimenti” riuscirebbero, collettivamente, a canalizzare meglio il
risparmio verso investimenti produttivi.
Infine, sulla politica
economica e di bilancio, è necessario rafforzare la governance della
zona euro. L’asimmetria fra sovranità nazionale e solidarietà comune
costituisce una minaccia per la stabilità della nostra unione monetaria.
Sfortunatamente, il quadro di coordinamento che era stato istituito
come meccanismo di salvaguardia non è bastato a evitare il
deterioramento delle finanze pubbliche e l’accumulo di squilibri
economici, come ha dimostrato in particolare la crisi greca. Ci troviamo
a un bivio e la domanda a cui rispondere ora è: come uscire da questa
situazione subottimale? Una maggiore integrazione appare la soluzione
più semplice per ripristinare la fiducia nell’euro, perché favorirebbe
strategie comuni su finanze pubbliche e riforme e, di conseguenza,
favorirebbe la crescita. A tal fine, sarebbe necessario che gli Stati
membri della zona euro acconsentissero a una condivisione della
sovranità e dei poteri a livello europeo, cosa che comporterebbe una più
grande responsabilità democratica.
In questo nuovo contesto, la
zona euro poggerebbe su una base istituzionale più solida, che dovrebbe
fondarsi sull’idea centrale dell’integrazione monetaria europea, quella
per cui l’Unione economica e monetaria apporta stabilità e crescita.
Concepire il nuovo quadro è un compito che spetta ai leader politici, ma
potrebbero partire, per esempio, dai seguenti elementi:
un’amministrazione europea efficace e meno frammentata per costruire un
Tesoro unico per la zona euro, con un consiglio di bilancio
indipendente; un organo politico più forte per prendere le decisioni
politiche, sotto il controllo del Parlamento. Queste nuove istituzioni
consentirebbero di ristabilire l’equilibrio fra responsabilità e
controllo.
Responsabilità e controllo. Tuttavia, se i governi e i
Parlamenti della zona euro dovessero tirarsi indietro sulle implicazioni
politiche di un’Unione vera e propria, l’unica opzione rimarrebbe un
approccio decentralizzato fondato sulla responsabilità individuale e su
regole più stringenti. In questo scenario, le regole di bilancio, già
rafforzate, con il fiscal compact e il semestre europeo, dovrebbero
essere completate. In questo sistema di maggiore responsabilità
individuale, dovremmo assicurarci anche che il rischio, compreso quello
legato alle esposizioni debitorie degli Stati, venga tenuto in
considerazione da tutti gli operatori, non foss’altro che per ridurre la
vulnerabilità delle banche in caso di turbolenze che interessano il
debito sovrano.
Inoltre, sarebbe necessario esaminare come
coinvolgere meglio gli investitori privati nei piani di salvataggio
previsti nel quadro del Meccanismo europeo di stabilità, e come
concepire un processo di ristrutturazione del debito sovrano che non
metta a rischio la stabilità finanziaria della zona euro nel suo
complesso. Andare in questa direzione consentirebbe di conservare la
sovranità nazionale in seno alla zona euro, con un livello di
solidarietà conseguentemente più basso. È questa l’altra opzione nella
direzione di un riequilibrio fra responsabilità e controllo.
Jens
Weidmann è presidente della Bundesbank, François Villeroy de Galhau è
governatore della Banca di Francia ( Traduzione di Fabio Galimberti)